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Aula Magna dell’Università “ La Sapienza”
Roma, 7 – 8 luglio 1998


Il Mediterraneo – Ieri e oggi
Relazione del Prof. Predrag Matvejević


L’immagine che offre il Mediterraneo non è affatto rassicurante. La sua riva settentrionale presenta un ritardo rispetto al Nord Europa, e altrettanto la riva meridionale riguardo a quella europea. Tanto a Nord, quanto a Sud, l’insieme del bacino si lega con difficoltà al continente. Non è davvero possibile considerare questo mare come un “insieme” senza tenere conto delle fratture che lo dividono, dei conflitti che lo dilaniano: in Palestina, in Libano, a Cipro, nel Maghreb, nei Balcani, nell’ex Iugoslavia?
L’Unione Europea si formava nel corso degli anni senza tenerne conto: nasceva un’Europa separata dalla “culla dell’Europa”. Come se una persona si potesse formare dopo essere stata privata della sua infanzia , della sua adolescenza. Le spiegazioni che se ne danno, banali o ripetitive, non riescono a convincere coloro ai quali sono dirette. Non ci credono neanche quelli che le propongono. I parametri con i quali al Nord si osservano il presente e l’avvenire del Mediterraneo non concordano con quelli del Sud. Le griglie di lettura sono diverse. La costa settentrionale del Mare Interno ha una percezione e una coscienza differenti da quelle della costa che sta di fronte. Ai nostri giorni le rive del Mediterraneo non hanno in comune che le loro insoddisfazioni. Il mare stesso assomiglia sempre di più ad una frontiera che si estende dal Levante al Ponente per separare l’Europa dall’Africa e dall’Asia Minore. Le decisioni relative alla sorte del Mediterraneo sono state prese tante volte al di fuori di esso o senza di esso; ciò ingenera frustrazioni e fantasmi. Le manifestazioni di gioia davanti allo spettacolo del Mediterraneo si fanno contenute e fugaci. Le nostalgie si esprimono attraverso le arti e le lettere. Le frammentazioni prevalgono sulle convergenze. Si profila all’orizzonte da tanto tempo, un pessimismo storico.

Le coscienze mediterranee si allarmano e, ogni tanto, si organizzano. Le loro esigenze hanno suscitato, nel corso degli ultimi decenni, numerosi piani e programmi: le Carte di Atene e di Marsiglia, le Convenzioni di Barcellona e di Genova, il Piano d’Azione per il Mediterraneo (PAM) e il Piano Blu di Sophia-Antipolis che proietta l’avvenire del Mediterraneo “all’orizzonte del 2025”, le Dichiarazioni di Napoli, Malta, Tunisi, Spalato, Palma di Maiorca tra le tante. Simili sforzi, lodevoli e generosi nelle intenzioni, stimolati o sorretti da Commissioni governative o da Istituzioni internazionali, non hanno conseguito che risultati limitati. Questo genere di discorsi in prospettiva sta oramai perdendo ogni credibilità. Gli Stati che si affacciano sul mare hanno politiche marittime rudimentali. A stento riescono a mettersi d’accordo su prese di posizioni particolari che tengono luogo di una politica comune.

Il Mediterraneo si presenta come uno stato di cose, non riesce a diventare un progetto .La costa Sud mantiene le sue riserve, dopo l’esperienza del colonialismo.Entrambe le rive sono molto più importanti sulle carte utilizzate dagli strateghi che non su quelle che dispiegano gli economisti.

Tutto è stato detto su questo ”mare primario” diventato uno stretto di mare, sulla sua unità e sulla sua divisione, la sua omogeneità e la sua disparità: da tempo sappiamo che non è né “una realtà a se stante” e neppure “una costante”; l’insieme mediterraneo è composto da molti sottoinsiemi che sfidano o reputano le idee unificatrici. Concezioni storiche o politiche si sostituiscono alle concezioni sociali o culturali, senza arrivare a coincidere o ad armonizzarsi. Le categorie di civiltà o le matrici di evoluzione al Nord e al Sud non si lasciano ridurre ai denominatori comuni. Gli approcci dalla fascia costiera e quelli proposti dall’entroterra si escludono o si contrappongono.

Percepire il Mediterraneo partendo solamente dal suo passato rimane un’abitudine tenace, tanto sul litorale quanto nell’entroterra. La “patria dei miti” ha sofferto delle mitologie che essa stessa ha generato o che altri hanno nutrito. Questo spazio ricco di storia è stato vittima degli storicismi. La tendenza a confondere la rappresentazione della realtà con la realtà stessa si perpetua: l’immagine del Mediterraneo ed il Mediterraneo reale non si identificano affatto. Un’identità dell’essere, amplificandosi, eclissa o respinge un´identità del fare, mal definita. La retrospettiva continua ad avere la meglio sulla prospettiva. Ed è così che lo stesso pensiero rimane prigioniero degli stereotipi.

Il Mediterraneo ha affrontato la modernità in ritardo. Non ha conosciuto il laicismo lungo tutti i suoi bordi. Per procedere ad un esame critico dei fatti, occorre prima di tutto liberarsi di una zavorra ingombrante. Ciascuna delle coste conosce le proprie contraddizioni, che non cessano di riflettersi sul resto del bacino e su altri spazi, talvolta lontani. La realizzazione di una convivenza in seno ai territori multietnici o plurinazionali, lì dove si incrociano e si mescolano tra loro culture diverse e religioni differenti, conosce sotto i nostri occhi uno smacco crudele. È forse un caso che persistano guerre implacabili proprio in quei punti di incontro come il Libano o la Bosnia–Erzegovina?

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Ho ricevuto da Ivo Andrić, poco tempo dopo l’attribuzione del Premio Nobel, uno dei suoi romanzi tradotti in italiano, con una dedica scritta nella stessa lingua che riportava una citazione di Leonardo da Vinci: “Da Oriente ad Occidente in ogni punto è divisione”. Quella considerazione mi ha sorpreso: quando e come il pittore ha potuto fare un’osservazione o un’esperienza simile? Non lo so ancora.( Ho spesso pensato a quella breve massima nel corso dei miei peripli mediterranei).

Il Mediterraneo conosce ben altri conflitti, sulla costa o tra la costa e l’entroterra. Sull’altra riva, la sabbia del Sahara (parola che significa “terra povera”) avanza e invade, da un secolo all’altro, chilometro per chilometro, le terre che lo circondano per ampi tratti non resta che una striscia coltivabile, tra mare e deserto. E adesso quel territorio diventa sempre più popolato. I suoi abitanti sono, per la maggior parte, giovani, mentre quelli della costa settentrionale sono invecchiati. Le egemonie mediterranee si sono esercitate a turno, i nuovi Stati hanno preso il posto di quelli più antichi. Le tensioni che si creano lungo la costa suscitano le inquietudini del Sud e del Nord. Se l’arretratezza fa nascere l’indolenza, l’abbandono può contribuire alla sua crescita. Una lacerante alternativa divide gli spiriti del Maghreb e del Machrek : modernizzare l’Islam o islamizzare la modernità. Queste due prospettive non possono collimare: una sembra escludere l’altra. Così si aggravano le relazioni non soltanto tra il mondo arabo e il Mediterraneo, ma anche in seno alle Nazioni arabe, tra i loro progetti unitari e le loro propensioni particolaristiche. Le chiusure che si stabiliscono contraddicono una naturale tendenza all’interdipendenza. La cultura è troppo frammentata e contraddittoria per poter fornire un aiuto qualsiasi. A un dialogo vero si sostituiscono vaghe trattative: Nord-Sud, Est-Ovest.

La bussola sembra si sia rotta.

Il Mar Nero, nostro vicino, è legato al Mediterraneo e ad alcuni suoi miti: antico mare di avventure e di enigmi, di argonauti alla ricerca del Vello d’Oro, Colchide e Tauride, porti di scalo e nodi di strade che portavano lontano. Il Mar Nero è diventato un golfo in un golfo. Sulle sue rive si profilano spaccature che contrassegnano, all’Est, un mondo detto “ex”.

A cosa serve ribadire, con rassegnazione o con esasperazione, le aggressioni che continua a subire il nostro mare? Nulla tuttavia ci autorizza a farle passare sotto silenzio; degrado ambientale, inquinamenti sordidi, iniziative selvagge,movimenti demografici mal controllati, corruzione nel senso letterale o figurato, mancanza di ordine e scarsità di disciplina, localismi, regionalismi, e quanti altri “ismi” ancora. Le sue migliori tradizioni (quelle che associano l’arte e l’arte di vivere!) si sono opposte invano. Le nozioni di scambio e solidarietà, di coesione e di ”partenariato” devono essere sottoposte a un esame critico. La sola paura dell’immigrazione proveniente dalla costa Sud non basta a determinare una politica ragionata.

Il Mediterraneo esiste al di là del nostro immaginario? Ci si domanda al Sud come al Nord, a Ponente come a Levante. Eppure esistono modi di essere e maniere di vivere comuni o avvicinabili, a dispetto delle scissioni e dei conflitti che vive o subisce questa parte di mondo. Alcuni considerano all’inizio e alla fine le rive stesse, altri si contentano di delinearne le facciate. Talvolta non ci sono soltanto due modi di approccio, ma anche due sensibilità o due vocabolari diversi. La frattura che ne derive è più profonda di quanto non sembri di primo acchito: porta con sé altre fratture retoriche, stilistiche, immaginarie. Da luogo ad altre alternative, che si nutrono del mito o della realtà, della miseri e di una certa fierezza.

Molte definizioni devono essere riconsiderate. Non esiste una sola cultura mediterranea: ce ne sono molte in seno ad un solo Mediterraneo. Sono caratterizzate da tratti per molti versi simili e per altri differenti, raramente riuniti e mai identici. Le somiglianze sono dovute alla prossimità di un mare comune e all’incontro sulle sue sponde di Nazioni e di forme di espressione vicine. Le differenze sono segnate da fatti di origine e di storia, di credenze e di costumi, talvolta inconciliabili. Né le somiglianze né le differenze sono assolute o costanti; talvolta sono le prime a prevalere, talvolta le ultime.

Il resto è mitologia.

Elaborare una cultura intermediterranea alternativa-mettere in atto un progetto del genere non pare imminente. Condividere una visione differenziata – è meno ambizioso, senza essere più facile da realizzare. Tanto nei porti quanto al largo le vecchie funi sommerse, che la poesia si propone di ritrovare e di riannodare, sono spesso state rotte o strappate dall’intolleranza o dall’ignoranza.

Questo vasto anfiteatro per molto tempo ha visto sulla scena, lo stesso repertorio, al punto che i gesti dei suoi attori sono noti e prevedibili. In compenso, il suo genio ha saputo in ogni epoca riaffermare la sua creatività, rinnovare la sua tabulazione a nessun’altra uguale. Occorre perciò ripensare le nozioni superate di periferia e di centro, gli antichi rapporti di distanza e di prossimità, i significati dei tagli e degli inglobamenti, le relazioni delle simmetrie a fronte delle asimmetrie. Non basta più osservare queste cose unicamente in una scala di proporzioni o sotto un aspetto dimensionale; possono essere considerate anche in termini di valori. Certe concezioni euclidee della geometria hanno bisogno di essere superate. Le forme di retorica e di narrazione, di politica e di dialettica, invenzioni del genio mediterraneo,sono state adoperate per troppo tempo e talvolta appaiono logore.
Non so se invocazioni di questo tipo possano essere di aiuto per non lasciarsi dominare da quel pessimismo storico che ho evocato all’inizio di questo periplo, e che ricorda, in certi momenti, l’angoscia segreta dei navigatori del passato che si dirigevano verso rive sconosciute.



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