Il logo della Fondazione Mediterraneo

Condividiamo valori
Combattiamo le ineguaglianze
Costruiamo la pace

Il nostro portalevideo
 Inglese Francese Italiano 
*

Home page

*
*
*

Chi siamo

*
*
*

La Rete

*
*
*

Le Sedi

*
*
*

Le Attività Svolte

*
*
*

La Maison de la Méditerranée

*
*
*
Le Attività
*
In programma
Svolte per Anno
   1994 - 2010
Svolte per Aree
   tematiche
Elenco generale
Attività delle Sedi
Pubblicazioni
 
* *
L’integrazione dell’Islàm in Europa premessa per il dialogo
Intervento dell’arch.Michele Capasso in occasione del Colloquium sull’Islàm “Immigrati: una risorsa per l’Italia”.





Questo incontro coincide con un momento difficile della storia del mondo, e, specialmente, dei rapporti tra Occidente e Islàm.

L’11 settembre del 2001 siamo stati testimoni di un attacco perverso alla civiltà, di un crimine condannato dal genere umano. In risposta, l’Europa, l’America e molti altri Paesi hanno promulgato leggi antiterrorismo. E in questi Paesi, gli uomini e le donne di fede musulmana ritengono di essere visti con timore e, a volte, con grave sospetto. Prima dell’11 settembre aveva fatto comparsa, in molte occasioni, l’”islamofobia>”: la paura dell’Islam che, come molti di noi ricordano, ha preceduto quel perfido attacco alla civiltà.

E’ stato detto: ”Terrorista diventa qualsiasi popolo straniero che non ti piaccia”.

Ci troviamo ora di fronte alla conferma di questa visione?

Oggi, il 75% della popolazione musulmana ha meno di 25 anni. Nel mondo islamico di adesso, le politiche del petrolio, l’autoritarismo, la corruzione e la scarsa capacità di governare rendono virtualmente improbabile che i valori islamici, universali in natura, possano davvero offrire un ulteriore contributo alla civiltà umana.

E’ largamente accettato che, come gran parte del mondo in via di sviluppo, le società musulmane siano state soffocate dai loro stessi metodi di governo. Questo deve essere ricordato se vogliamo comprendere il differente impatto della globalizzazione: non un’ideologia da accettare o da respingere, ma un vasto progetto da gestire con serietà e pragmatismo.

Mentre questo processo guadagna sempre più terreno, il mondo islamico pare scivolare in un atteggiamento mentale che favorisce un approccio alla Jihad al quale sfugge il vero significato della Jihad.

La più grande Jihad dell’Islam è la lotta dell’io.

Nell’Islam è esplicito che coloro che sono indifferenti all’oppressione sono oppressori a loro volta. E’ la consapevolezza di ciò che è sbagliato, che distingue il vero mujahid da colui che proclama a voce alta, ancorché falsamente, di essere attivamente impegnato in una Jihad.

Sfortunatamente, l’Islam viene visto da molti come l’antitesi naturale dello sviluppo di istituzioni democratiche, il che è un assunto sbagliato e pericolosamente fuorviante. E’ però storicamente provato che la tolleranza, per esempio, è un principio fondamentale ed un valore primario dell’Islam.

Il nostro terreno comune è attualmente minacciato da ogni parte da estremisti che lo riempiono di ideologie astiose e terroriste, cercando di annientarsi l’un l’altro. Questo genere di Jihadismo – come tutti gli altri “ismi”- dirotta non solo gli aeroplani ma anche la religione, rivolta i valori umani contro la stessa umanità.

Il sogno comune è creare una piattaforma dinamicamente moderata, non solo per dichiararsi contro le ideologie che ci minacciano tutti, quale ne sia l’origine, ma per lavorare per la comprensione.

Per far si che questo sogno si avverri occorre affrontare e risolvere grandi problemi, come l’integrazione dell’Islàm in Europa.

L’Unione Europea, anche nel quadro della Convenzione sull’avvenire dell’Europa, si interroga oggi su come trasformarsi da “soggetto politico semplice” a “soggetto complesso” in grado di promuovere e gestire un’azione politica, economica, culturale, di sicurezza, di Difesa: elemento indispensabile per assumere una politica estera coerente ed efficace e, conseguentemente, relazioni di buon vicinato con i Paesi che confinano con la stessa Unione.
Il prossimo allargamento dell’Unione Europea richiede quindi la ricerca di una “Stabilità complessiva” non solo in ambito economico ma, specialmente, in quello della politica, della cultura, della sicurezza e della difesa: questa azione, per avere buon esito, necessita di una opportuna politica di scambi e buone relazioni con tutte le aree confinanti con l’Unione e, in modo particolare, con il bacino del Mediterraneo che costituisce la “culla” della stessa Europa e, quindi, con il mondo islamico.

La ricerca di un dialogo tra tutte le società civili dello spazio che si costituirà con i Paesi dell’Unione europea, con quelli prossimi a farne parte e con i Paesi confinanti o in relazione con questa “Nuova Europa”, richiede necessariamente lo sviluppo delle relazioni culturali, scientifiche ed intellettuali.

L’area mediterranea costituisce per l’Europa una sfida il cui buon esito dipende dallo sviluppo del dialogo autentico tra società e culture nello spazio euromediterraneo. Questa azione - indispensabile per l’avvenire della stessa Europa - per ottenere risultati positivi e concreti richiede il coinvolgimento profondo di tutte le popolazioni, in primo luogo dei giovani, insieme allo sviluppo di tre importanti obiettivi:

  • La costruzione di una coesione interna all’Unione Europea, in cui far valere i principi della tolleranza, della convivenza e del reciproco rispetto delle diversità: elementi indispensabili per la stessa Unione considerando il prossimo ingresso in essa di Paesi con società e culture diverse.


  • L’assunzione di una coerenza esterna dell’Unione Europea, specialmente nelle relazioni con i Paesi della Riva Sud del Mediterraneo che non sono membri dell’Unione. Tale obiettivo va perseguito utilizzando i medesimi mezzi e strumenti messi in campo per favorire l’integrazione dei nuovi Paesi prossimi a far parte dell’Unione: ciò al fine di prevenire contrasti e conflitti tra l’identità europea in costruzione e quelle delle diverse civiltà appartenenti ai Paesi della Riva Sud del Mediterraneo che tuttavia presentano caratteristiche omogenee e problemi condivisibili con quelli dei Paesi dell’Unione.


  • L’impegno dei Paesi membri dell’Unione Europea ad assicurare una migliore integrazione per le popolazioni immigrate e legalmente insediate nei Paesi dell’Unione, in modo particolare quelle islamiche.


Questi tre obiettivi vengono, quasi sempre, esaminati, sviluppati e sostenuti separatamente, senza una visione d’insieme con la conseguenza che molti strumenti politici e programmi attuativi nati dal Processo di Barcellona sono strutturati per fornire risposte e risultati separatamente. Per questo motivo l’approccio culturale ed il coinvolgimento delle Società civili può costituire un elemento di migliore convergenza e coerenza.

Organismi e reti già esistenti nei vari Paesi euromediterranei – quali la Fondazione Laboratorio Mediterraneo –hanno contribuito e contribuiscono a che concetti quali “dialogo interculturale

egualitario”, “rispetto”, “tolleranza”, “partenariato” e “ownership dei Paesi partner mediterranei” - specialmente con il mondo arabo-musulmano - non restino solo formule astratte ma siano ingredienti concreti e durevoli in tutte le azioni e, soprattutto, negli strumenti e nelle procedure attuative del partenariato euromediterraneo.

L’approccio culturale – attraverso il dialogo e gli scambi tra le società civili – è essenziale anche per un altro motivo. La disuguaglianza dello sviluppo economico tra i Paesi della riva Sud e quelli della riva Nord del Mediterraneo spesso costituisce un ostacolo per le relazioni ed il buon esito del partenariato; l’uguaglianza fondamentale esistente nel sistema di Valori e tra le Culture del Mediterraneo offre invece, un terreno favorevole per sviluppare relazioni e partenariati tra l’Unione Europea ed i Paesi della Riva Sud.

Per questi motivi occorre strutturare una dimensione culturale nelle politiche di vicinato che garantisca, tra l’altro . l’integrazione dell’Islàm in Europa.

Per questo occorre riattivare sinergie tra l’Occidente e l’Islàm.

Dopo il 1198, anno della morte di Averroès, l’Islàm ha iniziato il suo “deperimento” storico e politico. Alla fine del ‘700 e dell’ ‘800 sono iniziate, con le campagne napoleoniche per esempio, relazioni “patologiche”: i musulmani si sentono esclusi dal processo di “Universalismo” dell’Occidente e cercano di imitarlo ideologizzando lo stesso Islàm ed enfatizzando i contrasti con l’Occidente.

Cosa è accaduto in questo vero e proprio conflitto tra civiltà?

  • Sono entrati in crisi i modelli culturali dell’Islàm (tribù, clan, solidarietà, ecc.) invasi dalla globalizzazione in atto.


  • Vi è un accesso al sapere “omologato” che ha cambiato l’immaginario collettivo.


  • Vi è una profonda spaccatura tra cultura e Islàm: si enfatizza il lato giuridico e politico.


  • Vi è stato un aumento delle immigrazioni islamiche negli ultimi 30 anni che si definiscono in funzione di una geografia mondiale: nella sola Europa 22,5 milioni di musulmani.


  • Manca un’identità tra cultura e territorio: è necessaria un’identità europea dell’Islàm.


  • Manca una predisposizione e preparazione dell’Europa a questo fatto inedito della storia: l’integrazione dell’Islàm come cultura.


  • Siamo di fronte ad una “deriva psicologica”: gran parte dei musulmani immigrati in Europa rigettano una cultura che li ha già rigettati in partenza; un circolo perverso in cui vediamo l’80% dei terroristi crescere in Occidente. Qualcosa, quindi, non funziona nel sistema di integrazione.




La vera scelta dell’Europa si opererà quindi sul Mediterraneo: l’identità europea passa attraverso la sua capacità d’integrare l’Islàm e di risolvere, in questo modo, la questione della Turchia.

Purtroppo in Europa manca un’esperienza cosmopolita: su questo si gioca il nostro futuro.

Occorre trovare un luogo di espressione della cittadinanza attraverso cui assicurare l’”eterodignità delle culture”.

Torna indietro
***
***
***
* *