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Romano Prodi
Presidente della Commissione europea


Il dialogo e i valori comuni
Bruxelles, 25 maggio 2004

Autorità,

Distinti ospiti,

Signore e signori,

due anni fa--nel marzo 2002--ho aperto qui a Bruxelles un convegno che mirava a dare nuovo impeto al dialogo interculturale. Il Mediterraneo era il tema e l’ambito di quel convegno.

Gli ultimi due anni hanno mostrato che il nostro intuito e la nostra determinazione erano ben fondati; avevamo ragione allora a sottolineare la necessità e l’urgenza del dialogo tra i popoli e le culture.

Il dialogo tra le culture e tra i popoli, infatti, non è mai stato tanto necessario e urgente come oggi.

Non è il caso di compiacersi, perché non sempre i nostri risultati sono stati all’altezza delle ambizioni, ma dal marzo 2002 abbiamo fatto molto.

Abbiamo istituito la Fondazione euro-mediterranea per il dialogo tra le culture, che avrà sede ad Alessandria d’Egitto, una città simbolica e ricca di significato per le civiltà mediterranee. Alessandria è il crocevia del Mediterraneo, il luogo dove per secoli le culture mediterranee sono venute a contatto e si sono arricchite.

I negoziati sono stati lunghi e a volte sin troppo difficili, se pensiamo alla rilevanza politica e simbolica dell’iniziativa in questo periodo.

Ma non ci siamo mai arresi, e alla fine abbiamo raggiunto l’obiettivo, grazie anche all’opera preziosa della Presidenza irlandese.

La Fondazione è il primo esempio di un’istituzione nella quale i partner delle sponde nord e sud del Mediterraneo possono lavorare, in posizione di parità, per svolgere attività comuni. E’ il primo esempio di un nuovo tipo di partenariato che vogliamo sviluppare tramite relazioni nuove, speciali e sempre più strette con tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Grazie alla nostra Politica di vicinato--e in questi ultimi cinque anni abbiamo lavorato strenuamente per farla nascere--vogliamo trasformare il Mediterraneo in un mare di pace. Vogliamo rimetterlo al centro della nostra azione politica e vogliamo sfruttare pienamente la spinta che arriva dall’Asia, che puo’ trasformare il Mediterraneo in un’area economica e commerciale di grandissima importanza.

La pace e lo sviluppo in tutto il Mediterraneo--il a cominciare da Gerusalemme, per arrivare a Baghdad--sono elementi essenziali per il nuovo equilibrio mondiale, la cui necessità è ogni giorno più pressante.

La Fondazione è uno strumento chiave per intraprendere un’azione nuova e concreta, e per favorire il dialogo interculturale. Tutti i partner euro-mediterranei devono contribuire ora al successo dell’iniziativa e il primo passo è assicurare alla Fondazione un bilancio iniziale adeguato.

È importante anche assicurare la piena libertà e autonomia alla Fondazione e a tutti coloro che partecipano alle sue attività.

Oltre alla Fondazione, abbiamo dato una nuova dimensione euro-mediterranea ad alcuni programmi comunitari attraverso Erasmus Mundus e Tempus MEDA.

Abbiamo cosi’ in un certo modo anticipato la nostra proposta—relativa alla Politica europea di vicinato--che ho già ricordato.

Con queste iniziative, cerchiamo anche di dare una più forte dimensione umana alla nostra azione nel bacino del Mediterraneo.

Anche per questo obiettivo, ho voluto istituire il Gruppo consultivo ad alto livello per il dialogo tra i popoli e le culture, che ha concluso i suoi lavori in novembre.

Il Gruppo ha elaborato un rapporto di riflessione e di orientamento per rilanciare le relazioni tra i popoli del Mediterraneo e per esprimere concretamente i valori che questi popoli condividono.

In particolare, il Gruppo ha presentato 20 proposte articolate in tre grandi capitoli che pongono in rilievo:

l’istruzione, per apprendere la diversità e per diffondere la conoscenza,

la mobilità, gli scambi e le competenze, i media come strumento per promuovere la parità e la conoscenza reciproca.

Voglio cogliere l’occasione per salutare i membri del Gruppo consultivo ad alto livello qui presenti oggi: Malek Chebel, Simone Susskind, Bichara Khader, Pedrag Matvejevic e Fatima Mernissi.

Non è un caso che essi abbiano portato avanti l’opera del Gruppo conducendo in questa sede i dibattiti su alcuni temi impegnativi come:

le reti di comunicazione nel Mediterraneo,
il contributo delle donne e della società civile,
la cittadinanza e i mutamenti sociali in Europa, e infine
i giovani e la religione.
Diversi partecipanti ai dibattiti hanno offerto elementi preziosi alla riflessione politica della Commissione per capire il significato autentico del dialogo.

Come ha ricordato ieri anche Viviane Reading, noi Europei dobbiamo aprirci sempre di più a un mondo pluralista e multipolare, nel quale la democrazia e il dialogo sono i garanti della pace e del rispetto reciproco.

E ricordiamo anche ciò che ha detto José Maria Gil-Robles: il dialogo è un metodo, un cammino, non è fine a se stesso.

Ecco perché molti partecipanti hanno detto a chiare lettere che dobbiamo mobilitare il massimo numero di protagonisti: i politici, la società civile e tutti coloro che la vicepresidente Lalumière ha definito i “dialoganti”.

Come ha osservato la vicepresidente, nessun protagonista è perfetto e nessuno è a sé stante. Occorre invece un approccio pluralistico nel quale tutti sono necessari a un dialogo che ha come obiettivo di lungo termine quello di favorire l’emergere di un’opinione pubblica euro-mediterranea.

L’Europa, che “è riuscita a unificarsi”, ha messo la propria esperienza a disposizione della comunità internazionale. Abbiamo ascoltato l’appello della Sig.ra Tallawy, sottosegretario generale delle Nazioni Unite e segretario esecutivo della Commissione economica e sociale per l’Asia occidentale.

Mettendo la persona al centro dell’elaborazione politica si puo’ trovare il giusto equilibrio fra il momento dalla riflessione e il momento dell’azione.

Negli ultimi due anni, ci siamo particolarmente impegnati per mettere il dialogo interculturale e la dimensione umana al centro del nostro nuovo progetto politico per l’Unione nei prossimi anni.

La nostra proposta per le priorità politiche dell’Unione dal 2007 al 2013 mira a dare un senso nuovo e concreto al concetto di cittadinanza europea.

In essa si moltiplicano le occasioni di toccare con mano il concetto di cittadinanza e i valori europei: libertà, rispetto reciproco, tolleranza, apertura e solidarietà.

Vogliamo realizzare questo obiettivo anche grazie al dialogo interculturale, ai contatti diretti fra la gente, ai progetti di scambio tra giovani e alla partecipazione ai progetti transfrontalieri.

Le indicazioni contenute nella relazione del Gruppo di alto livello ispirano diverse proposte, come per esempio quella di promuovere ed estendere il servizio volontario europeo nel Mediterraneo.

Inoltre, intendiamo aprire ai paesi vicini i nuovi programmi nei settori dell’istruzione, della cultura, dei media, dei mezzi audiovisivi e della gioventù.

Signore e signori,

Come ho detto due anni fa, il dialogo interculturale non ha senso se al principio di uguaglianza fra culture non si accompagna il riconoscimento della parità dei diritti di ciascun essere umano.

L’impegno verso il dialogo e la cooperazione è un segno di rispetto, non di debolezza, da parte dell’Europa e dei nostri partner mediterranei.

L’Unione crede nel dialogo non perché manca il coraggio o la convinzione tra gli europei, come qualcuno vorrebbe farci credere.

Al contrario, se crediamo nel dialogo è perché rispettiamo i partner e i vicini dell’Unione e perché crediamo fermamente nei nostri valori.

Ogni giorno assistiamo a sviluppi tragici in Iraq e in Medio Oriente. Questa situazione dimostra che qualsiasi tentativo di affermare i valori con la forza delle armi è inutile e vano.

I valori comuni si costruiscono solamente con il dialogo.

Si può proporre un sistema di valori comuni, si può offrire il “soft power” a un vicino e a un partner.

Ma non si può imporre unilateralmente nessun sistema di valori, per quanto valido.

E costruendo altri muri non si ottiene nessuna vera sicurezza. Dal nostro punto di vista, per conquistare la pace e la sicurezza i muri vanno abbattuti.

Per curare definitivamente le ferite del passato e porre fine alle divisioni tra gli Stati e tra i popoli si devono promuovere nuove forme di dialogo e di cooperazione.

È chiaro che per combattere il terrorismo ci vuole fermezza, perché dobbiamo difendere i nostri valori, ma ci vuole anche un comportamento esemplare, coerente con i valori delle nostre democrazie.

Signore e signori,

L’Unione europea può esser fiera della sua storia: che è una storia di pace, di comprensione reciproca e di impegno comune.

Siamo il primo esempio di una democrazia che supera le frontiere nazionali.

I nostri meccanismi a volte possono essere lenti, pesanti, ma sono profondamente democratici e si basano sulla libera volontà di tutti gli Stati e di tutti i popoli che fanno l’Unione.

È nostro preciso dovere offrire l’esperienza e il modello che abbiamo sviluppato in mezzo secolo di vita in comune a tutto il mondo a servizio della pace e della riconciliazione.

Grazie.

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