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DIALOGUE BETWEEN PEOPLES AND CULTURES:
ACTORS IN THE DIALOGUE

Brussels, 24 and 25 May 2004

WORKSOP 1
THE NETWORKS OF THE MEDITERRANEAN


Intervento di Michele Capasso
Presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo



Il Mediterraneo non è soltanto uno spazio geografico in cui si intrecciano storia, religioni, tradizioni o uno spazio politico ed economico: è anche un destino, comune alle donne e agli uomini, ai popoli e alle nazioni dei paesi delle due rive del Mediterraneo.
Un destino forte e complesso, bisogna dirlo, ma un destino che ci ha dato l’energia necessaria per svolgere, da dieci anni, una missione impossibile di riunire le culture e i popoli dell’area euro-mediterranea.

Permettetemi ora di presentarmi meglio. La nostra Fondazione è stata, fin dall’inizio del Partenariato euro-mediterraneo avviato dalla Dichiarazione di Barcellona, una protagonista importante del processo di consultazione e di partecipazione della Società civile, e non ha mai smesso di operare per il potenziamento del dialogo tra culture e civiltà dello spazio euro-mediterranea. Abbiamo moltiplicato gli incontri, i progetti di cooperazione fra i paesi del sud del Mediterraneo e quelli del nord.

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo è un’Organizzazione non lucrativa d’utilità sociale (Onlus) e una rete per il dialogo tra le società e le culture. Fanno parte della Fondazione studiose e studiosi d’alta specializzazione internazionalmente riconosciuti. Essa ha il fine di promuovere il partenariato euromediterraneo sviluppando il dialogo tra le società e le culture, azione prioritaria per assicurare la pace, lo sviluppo condiviso e la costruzione di un’area di libero scambio entro il 2010, così come programmato dalla Conferenza euromediterranea di Barcellona del 1995.

Per citare soltanto l’anno 2003, abbiamo organizzato o co-organizzato i seguenti incontri:

• Valorizzazione delle risorse dell’area mediterranea – NAPOLI, 13 febbraio 2003

• Impegno per la pace – NAPOLI, 14 marzo 2003

• Sviluppo dei progetti di partenariato tra ONG – NAPOLI, 21 marzo 2003

• I saperi della psicologia per una cultura della pace – NAPOLI, 21 marzo 2003

• Islam e democrazia – NAPOLI, 16 maggio 2003

• Acqua e pace nel Mediterraneo – ROMA, 7 giugno 2003

• Congresso medici e volontari per il Mediterraneo – SORRENTO, 21-23 settembre 2003

• Forum euromed sulla cooperazione scientifica e tecnologica nell’area euro-mediterranea per promuovere sviluppo sostenibile e impiego – CAPRI, 4-6 ottobre 2003

• Medimedia : ideare, produrre, distribuire. Forum degli esperti di audiovisivo euro - mediterranei – LECCE, 14-16 novembre 2003

• Il Cammino della Pace – NAPOLI, 19 novembre 2003

• Società civile e cooperazione allo sviluppo – NAPOLI, 21 novembre 2003

• Forum Civile Euromed – NAPOLI, 28-30 novembre 2003


Per quanto riguarda specificamente le riunioni della Società civile che hanno preceduto le conferenze intergovernative, noi siamo sempre stati presenti con l’organizzazione di 3 Forum Civili Euromed. Molti di voi ci hanno accompagnati nelle nostre attività. Molti conoscono bene il lavoro da noi svolto nei Forum civili, con il nostro contributo intellettuale, la presenza dei nostri membri, il nostro ruolo nell’analisi e diffusione dei risultati. Abbiamo insediato nel cuore di Napoli “La Maison de la Méditerranée”, luogo prestigioso ricco di storia e dei segni del nostro impegno nella vita contemporanea. Una Maison de la Méditerranée che, la dice lunga, e meglio delle parole, sulla nostra convinzione, e sulla nostra fede, in questo “destino euro-mediterraneo”. Una casa che la dice lunga sulla nostra capacità di promuovere una vera e propria utopia, quella che immerge le sue radici nel presente e guarda al futuro.

Infatti, oggi più che mai, noi abbiamo bisogno di utopia per realizzare concretamente questo spazio di Pace, di condivisione, di democrazia e di uguaglianza, al quale aspiriamo tutti noi presenti in questa sala, ma al quale aspirano anche migliaia di uomini e donne, che a volte lottano fino al punto di mettere in gioco la loro vita, la loro libertà.

L’ultimo Forum Civile Euromed di Napoli organizzato nel 2003 dalla nostra Fondazione sarà ricordato come un forum fondatore di una tradizione più democratica, più trasparente. Un forum che realizza finalmente l’ambizione, sempre enunciata ma raramente raggiunta, di un equilibrio fra il Nord e il Sud, e fra le donne e gli uomini.

Il dialogo tra culture e civilizzazioni è oggi giorno, allo stesso tempo, una sfida politica, economica, sociale e culturale che coinvolge tutti noi. L’interdipendenza tra uomini, società e spazi e’ ormai la norma e le mutazioni scientifiche e tecnologiche, la globalizzazione economica e finanziaria, la circolazione immediata dell’informazione conducono l’umanità verso un futuro di omologazione.

Ciò non significa affatto verso un destino comune, anzi: le ineguaglianze e le povertà che si aggravano nel mondo ne sono la prova, come costituiscono prova il rischio di egemonia di qualche potenza su decisioni che coinvolgono l’avvenire del nostro pianeta oppure il blocco dell’informazione operato verso le fasce più deboli e meno abbienti.

Un altro rischio è la sottomissione delle economie locali a strategie industriali che hanno poche relazioni con i bisogni reali di quel paese o i monopoli di attori specifici - privati o pubblici – sulla costruzione e diffusione di modelli standardizzati di comportamento, di consumo, di pensiero, di creatività e, quindi, di esistenza.

Quando gli scambi internazionali si diffondono e si ingigantiscono, gli Stati, ma specialmente la Società Civile, hanno la sensazione di vedersi sottrarre la gestione del proprio mondo e si sentono imporre una monocultura.
Di fronte a questa perdita di identità, specialmente nel Mediterraneo, grande è la tentazione di rifugiarsi in se stessi, di cristallizzarsi su valori arcaici radicati nel passato, in un clima di intolleranza che spesso conduce al fanatismo, all’odio, al rigetto dell’altro.
Se vogliamo evitare che la Guerra fredda di ieri si trasformi oggi in un suicidio culturale, agevolato dai massicci movimenti migratori internazionali – che, ancora in questi giorni costituiscono il triste epilogo di morti che bagnano di sangue questo Nostro mare a poche miglia da qui – occorre, nel senso più ampio del termine, democratizzare la mondializzazione prima che la mondializzazione snaturi la democrazia.
Ciò significa promuovere, in maniera veloce ed efficace, il dialogo e la cooperazione tra le Società Civili euromediterranee.
Sono convinto che le grandi aree culturali e linguistiche – di cui il Mediterraneo è antico custode – costituiscono oggi spazi privilegiati di solidarietà che, se rafforzati dal dialogo e dalla cooperazione, sono la migliore garanzia per la democrazia, la pace e lo sviluppo condiviso.

Il dialogo tra le Società Civili è oggi più che mai indispensabile non solo nel Mediterraneo ma come progetto di scala planetaria: un progetto di società in cui le culture si completano senza escludersi, si rinforzano senza scomparire, si accorpano senza perdere ciascuna la propria identità.

Dobbiamo tutti concorrere alla costruzione di un mondo multipolare, rispettoso delle lingue, delle culture, delle tradizioni e di una gestione veramente democratica delle relazioni internazionali.

Ma tutto questo presuppone:
• che la diversità culturale divenga una condizione preliminare per costruire un dialogo reale tra i popoli;
• che il riconoscimento della Società Civile come elemento sostanziale di questo processo non costituisca un’eccezione bensì il fondamento di un nuovo processo di civilizzazione;
• che la cultura non si limiti solo alle arti e alla letteratura, ma che essa inglobi tutti gli aspetti della vita nella sua dimensione spirituale, istituzionale, materiale, intellettuale ed emotive nei diversi tessuti sociali: in poche parole che la cultura - in un mondo aspro fatto di forze spesso in contrasto tra loro, dove spesso a dominare sono solo le parti deteriori della politica e dell’economia – possa assumere il ruolo di Forza Buona capace di incidere sui processi della storia.

Riconoscere che cultura e sviluppo sono indissociabili, senza limitarsi ad un semplice approccio commerciale ed economico della cultura, è essenziale per costruire il futuro, qui nel Mediterraneo come altrove.
Questo processo ha bisogno di azioni concrete e del pieno coinvolgimento di una Società Civile organizzata in tutte le sue componenti.
Le differenze di culture, valori e religioni sono risorse; pur tuttavia è necessario fare sì che non agiscano come “valichi identitari” che impediscono la comunicazione e lo scambio tra diversi gruppi etnici. Per costruire una politica di sviluppo e pace all’interno di società multiculturali, consentendo quindi lo sviluppo dell’economia e degli scambi, è necessario conoscere le diverse identità e i confini psicologici all’interno delle più ampie teorie sul mondo che le persone condividono e elaborano; necessita individuare insieme quei valori che hanno carattere condiviso insieme alle risorse e alle prospettive condivisibili per costruire un destino comune. Per capire come promuovere strategie di pacificazione anche quando sembra prevalere un conflitto di interessi tra gruppi e Paesi bisogna riuscire a comprendere quali sono i punti di scontro e di incontro sia nelle loro caratteristiche oggettive sia nelle percezioni reciproche. Quale risposta al conflitto tra antiche identità locali e nuove sfide globali occorre aprire il campo ad una nuova prospettiva: introdurre il concetto di glocalizzazione quale fusione di opportunità globali e interessi locali nelle strategie di sviluppo locale dell’area euromediterranea.
È opportuno, infatti, integrare prospettive globali con le condizioni locali e, allo stesso tempo, dare maggiore forza agli attori locali nell’indirizzare le nuove risorse di comunicazione e scambio globale. Si tratta di costruire un nuovo intreccio tra risorse locali e prospettive globali, tra memorie e competenze del passato e risorse del futuro delle comunità. La consapevolezza che la terra è un bene di tutti dovrebbe far promuovere politiche condivise di tutela delle risorse naturali. La ricerca sociale più recente ribadisce che non si può promuovere l’interazione e il dialogo interculturale se non si riconoscono e rispettano le differenze e non si agisce per superare le ineguaglianze; si tratta, così, di andare oltre la tolleranza; di costruire relazioni oltre il superamento degli stereotipi. La sfida è creare legami di prosperità e giustizia con “l’altro distante”.
Infatti per ridurre conflitti tra società e culture è necessario riconoscere e far interagire le differenze riuscendo a costruire scopi comuni sovraordinati.

Queste considerazioni portano così ad alcune parole chiave:
• Rispetto delle differenze e interazioni multiculturali a più dimensioni.
• Solidarietà e non individualismo superando la solitudine delle anonime metropoli, attribuendo valore alla comunità.
• Interazioni a livello locale e globale tra i gruppi e al loro interno.
• Prendersi cura del nostro mondo comune: ambiente e genere umano.
• Identificazione e promozione di obiettivi comuni attraverso aggregazioni sovraordinate.
• Diritti e giustizia quali valori comuni di nuova cittadinanza.

La lotta nel Mediterraneo è stata, e tuttora è, una lotta tra filosofie, tra visioni del mondo, prima ancora, forse, di essere uno scontro fra interessi contrapposti.
L’assolutezza che tante volte queste lotte hanno assunto, non può germinare dal solo pur centrale contrasto di interessi, ma porta dentro di sé qualcosa di più radicale e profondo che ha finito con il diventare tante volte mancanza di riconoscimento reciproco, lotta per la vita e per la morte. Solo la lotta culturale può condurre a ciò; solo lo scontro per l’identità può condurre alla volontà di distruzione reciproca.
Quante volte ciò è stato veramente compreso dalle classi dirigenti politiche, soprattutto europee?
Poche volte; molte parole vengono pronunciate in proposito, ma pochi fatti seguono a queste parole. L’interpretazione generale dei vari scontri e guerre che si sono susseguite, poggia costantemente su ragioni geopolitiche, e su tentativi successivi di mere ricomposizioni di equilibri economici-politici. Tutto importante, ma non basta e anzi infine tutto ciò ha condotto in un vicolo cieco.
Ecco per quali ragioni il dialogo fra le culture diventa decisivo. Decisivo, come condizione di una pace vera; e dunque di uno sviluppo possibile, di una crescita delle società civili in un processo di riconoscimento reciproco. Le condizioni di questo dialogo ci sono, proprio perché le culture del Mediterraneo, e anzitutto quelle a profonda radice religiosa, possono pervenire a un’intesa. Il pensiero greco, quello ebraico, quello cristiano e quello musulmano sono occidentali fin dall’origine e possono ritrovare la via per una riscoperta di ideali comuni. Ma anche senza avere una ambizione così pronunciata, le varie culture che si affacciano sul Mediterraneo possono ritrovare – devono – il terreno per un confronto che faccia riscoprire a ciascuna le ragioni dell’altra. Non di un dialogo generale e ideologico si deve trattare, ma innervato in esperienze effettive di cultura, nei saperi che si sono trasmessi e poi diversamente sviluppati, nel lavoro concreto sulle tracce di un passato ancora vivo, nella scienza del mare, dell’ambiente, dell’archeologia comune, del cibo, nei saperi produttivi di tecnica e di trasformazione.
Da qui l’importanza straordinaria della Fondazione euromediterranea per il dialogo tra culture e civiltà che l’Unione europea si appresta a costituire e la cui nascita istituzionale avverrà tra pochi giorni: essa dovrà essere una “rete di reti”, un insieme di “incontri di incontri”, un luogo destinato per sua stessa vocazione a diventare il terreno comune di un confronto e di un dialogo oggi indispensabili.

Esiste tuttavia un grave rischio per questo nascente organismo: quello di diventare un semplice strumento della burocrazia, di essere preda di coloro che perseguono di più “l’identità dell’essere” anziché l’“identità del fare”. La Società Civile dovrà vigilare per evitare tutto questo, dovrà con attenzione e scrupolo stringersi intorno a questo organismo offrendogli in dote tutte le possibili strutture ed azioni già esistenti affinché si evitino duplicazioni di iniziative già in essere e per far si che le risorse pubbliche limitate destinate a questa Fondazione possano essere impiegate nella maniera più produttiva e nell’interesse di tutti noi.

Come contributo a quest’azione la Fondazione Laboratorio Mediterraneo, con le sue sedi nei vari Paesi e la sua rete euromediterranea per il dialogo tra le società e le culture, ha fatto il proprio dovere offendo – come trasmesso alla Commissione Europea – la propria dote e l’insieme delle proprie strutture (spazi fisici, servizi, competenze professionali, personale, ecc.) alla nascente Fondazione euromediterranea per il dialogo tra culture e civiltà.

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, in 10 anni di attività, ha posto una nuova visione di fondo e aperto uno spazio dove, con dialogo reiterato quasi in un parlamento informale euromediterranea, comporre avverse passioni, superare contrapposte ragioni, riprendere avviamenti troncati o trovare strade nuove alla comprensione, al rispetto reciproco, alla pace e allo sviluppo condiviso. Insomma essa ha creato il mazzo di carte per la partita euromediterranea.
Questo mazzo di carte lo offre ai politici, alle istituzioni, ma specialmente alla Società Civile affinché, per richiamare un´immagine di Platone, ma cambiata di senso, non si resti sul Mediterraneo come rane intorno ad uno stagno ma, superando gli intrighi del contingente, ci si elevi a una visione più alta e lo si impieghi in un giuoco per tutti vincente.

Nei 10 anni di attività la nostra Fondazione ha affiancato l’Unione Europea nell’attuazione del Processo di Barcellona, in modo particolare per quanto concerne il terzo “volet” dedicato alla cultura, alla qualità della vita, ai diritti umani, alla tutela delle donne e dei giovani, alla promozione di uno sviluppo condiviso e, di conseguenza, della Pace.
Non c’era migliore modo di celebrare il nostro decennale che essere qui con Voi oggi per discutere di come trasformare il dialogo tra le culture e le civiltà in un concreto strumento di pace. La Pace non è una politica: è una visione, un nuovo senso di vita.

È soprattutto una missione alla quale abbiamo deciso da 10 anni di dedicare il nostro impegno attraverso la promozione del dialogo tra i Popoli dell’area Euromediterranea, con l’obiettivo di costruire ponti, passerelle e non muri, che vanno non solo abbattuti, (è bastato l’esempio del Muro di Berlino) ma impediti nell’atto scellerato della loro ideazione e costruzione. Questo nostro incontro coincide con un momento difficile della nostra storia ed è ormai indispensabile un´azione immediata di tutti per tentare di rimettere in moto il processo di Pace. Lo strumento principale è il dialogo: elemento imprescindibile per assicurare progresso e sviluppo condiviso e sul quale la nostra istituzione ha fondato la propria azione.

Un´azione forte e decisa, perché rivolta al futuro e fondata sulla speranza che i popoli del Mediterraneo possano acquisire una pace duratura; lavorare per la ricostruzione economica, sociale e politica, nei limiti delle frontiere riconosciute; vivere le loro differenze in armonia e libertà.

Il motto della nostra Fondazione e’ PENSARE EUROPEO E RESPIRARE MEDITERRANEO: questo paragone fisico ha ancora più valore oggi per riaffermare l’importanza del Mediterraneo nelle politiche europee al fine di assicurare pace, progresso e sviluppo condiviso; il Nostro Mare non deve essere la “bara” ma la “culla” della nostra civiltà, un “Mare per Noi” che deve ritornare ad essere diviso “tra Noi” e non “da Noi”.
Un’ulteriore sfida da non perdere è che la Società Civile – a livello di base, nelle sue diverse forme e nei diversi ambiti di intervento, nelle sue espressioni di coloro che si impegnano per i giovani, per il lavoro, per lo sviluppo sostenibile, ecc – possa avere voce e referenzialità nel dialogo tra Istituzioni, Paesi e organismi: è questa la grande sfida per la quale crediamo che il dialogo tra culture e civiltà costituisca un passo significativo che apre strada alla visibilità e alla rappresentatività della Società Civile euromediterranea in quanto voce sinergica, sia rispetto all’Unione europea che all’interazione dei diversi Paesi euromediterranei, tanto più nella prospettiva dell’allargamento ad Est.

Vorrei concludere ringraziando la Commissione Europea per aver organizzato questo incontro.

Occorre continuare a lavorare con passione, competenza e dedizione per il Mediterraneo: per questo occorre il sostegno di tutti noi.

Auguro a tutti noi un sereno e proficuo lavoro.

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