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Intervento del Prof. Salvatore Bono,
Presidente della SIHMED e membro designato del Comitato Consultivo della Fondazione Euro-Mediterranea per il Dialogo fra le Culture


Parto dal riconoscermi nella impostazione generale di carattere politico del Direttore Generale Sessa davanti alla realtà odierna, attuale degli ultimi momenti.
Indubbiamente si pone un problema preliminare a questa attitudine nostra al dialogo, a questo progetto della Fondazione Euro-Mediterranea per il Dialogo fra le Culture “Anna Lindh”.
Mi rifaccio alle stesse parole dell’Ambasciatore, del Direttore Generale per i quali la drammaticità della situazione ci impone di fare ricorso con ogni impegno a questa arma del dialogo e nel nostro caso nell’ambito Mediterraneo.

Il primo contributo che posso rendere come specialista, è il riscontro di una insufficienza della nostra comune, collettiva, generale riflessione su che cosa sia il Mediterraneo. Dobbiamo anzitutto impegnarci a riflettere su questo.
C’è un Mediterraneo geografico, letterario, poetico e poi quello che è più vicino a noi il Mediterraneo politico, in parte istituzionale: il Partenariato potrebbe essere un grande progetto politico ma forse tra decenni. Ci sono, quindi, diverse ottiche in cui possiamo e dobbiamo agire; di questo dobbiamo prendere consapevolezza per distinguere gli sforzi, i programmi.

Come esperto del Mediterraneo devo citare un altro punto molto delicato: se il Mediterraneo esiste, ed io ovviamente ci credo, allora dobbiamo utilizzarlo anche per risolvere altri problemi ma non confondendolo con altri problemi.
Il nostro non è unicamente un rapporto euro-arabo; altre zone potrebbero sentirsi estranee o addirittura essere diffidenti. Non si tratta del dialogo cristiano-islamico che ha già le sue sedi ma si tratta di una problematica molto complessa. E’ chiaro che il dramma del rapporto tra l’Europa e l’Islam è un elemento talmente essenziale del Mediterraneo dal quale non si può prescindere, ma noi lo dobbiamo discutere nell’ambito di una realtà mediterranea che ci unisce, sempre se esiste. Dobbiamo dimostrare che esiste e poi passare all’azione, quindi riferirlo all’opinione pubblica, ai media. Mediterraneo non significa soltanto Europa-Islam ma schemi ancora più ampi come Oriente e Occidente, Nord e Sud.
Io ritengo che sia stata comunque una cosa molto positiva che si sia arrivati alla creazione della Fondazione. Certamente è un po’ strano che ci siano voluti dieci anni per dare corpo a questo settore che è stato forse, a volte, considerato soltanto un fiore all’occhiello in ambito culturale.
E’ un fatto utile che lo schema della Fondazione sia stato basato su questa rosa delle Reti Nazionali. Ognuno di noi potrebbe fare delle proposte e la prima potrebbe essere quella di dare vita ad un inventario, che parta da un questionario o da un’inchiesta di quello che nel nostro Paese, l’Italia, si fa.

Per quello che concerne l’Italia vorrei parlare di qualcosa che mi sta a cuore come studioso. Nella nostra azione mediterranea abbiamo sempre guardato agli altri paesi dell’altra riva, guardiamo anche agli altri paesi che stanno più a Nord. Noi potremmo diventare o forse avremmo potuto essere una specie di tramite operativo, di impulso per gli altri membri dell’Unione Europea, che da poco hanno trovato la responsabilizzazione politica nel Mediterraneo ma che per noi studiosi erano mediterranei nella storia, e offrire loro delle proposte per attirarli a ritrovare questa loro responsabilità, molto importante anche politicamente. Proviamo a proporre all’Austria, alla Polonia, alla Danimarca, al Marocco, alla Siria seminari o manifestazioni in cui aiutiamo loro a scoprire l’antica e articolata partecipazione alla realtà del Mediterraneo.

Nei documenti della Fondazione c’è la possibilità di poter attivare in particolare un programma regionale “Euromed Science Humain”, che è stato adottato nel maggio 1998 e che è stato richiamato nel piano d’azione di Valencia.
In questo schema del progetto c’era anche una proposta italiana, io ne ero il responsabile, la portai avanti per un impulso datomi dal Ministero, a suo tempo dall’Ambasciatore Badini. Non è una questione perché la mia persona e l’istituzione di cui sono formalmente il rappresentante non ha intenzione e forse capacità e volontà di gestire questa azione. Quindi dico solo che c’è quest’idea che è stata approvata, se la riprendiamo tutti insieme sarà possibile trovare i modi più opportuni per realizzarla.
Grazie a tutti voi.

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