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Relazione dell’arch. Michele Capasso
Presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo e
Direttore generale dell’Accademia del Mediterraneo-Maison de la Méditerranée



Erosione delle coste nel Mediterraneo: implicazioni per il turismo

Possiamo classificare le coste del Mediterraneo in relazione ai vari modi in cui sono collegate al mare, ai punti in cui i loro rapporti sono completi e duraturi rispetto a dove sono parziali e causali, gli spazi dove il mare e la terraferma sono in accordo tra loro rispetto a quelli dove non lo sono né mai lo saranno, le parti che sembrano pronte a ricevere e ad accogliere rispetto a quelle che non tollerano accessi o accosti.
Non è possibile riassumere e comprendere in un elenco le svariate forme e composizioni, le divisioni della terra e della vegetazione, delle pietre e della luce, le varie resistenze o concessioni: parlo naturalmente delle rocce e degli scogli, dei ciottoli e dei sassi arrotondati, della sabbia e della rena, dei lidi, degli stretti meno pericolosi, delle insenature, delle baie (o baiette), delle grotte marine più o meno grandi, dei guadi, capi, promontori, delle rupi, delle secche, dei massi, dei precipizi.
Questi aspetti e queste immagini non si possono definire solo con dei nomi concreti o con delle denominazioni, senza concetti astratti o apposizioni: chiarire ad esempio perché in certi punti i mucchi di sassi sono rimasti intatti e compatti, mentre altrove, nonostante la composizione sia praticamente la stessa, sono sbriciolati a pezzi o spezzettati in ciottoli, o perché in un posto siano diventati lastre, lisce e diritte, in un altro invece rocce e scogli scabri o affilati come lame. Sulle stratificazioni rocciose si possono decifrare le epoche della preistoria, i crepacci del terreno e i suoi burroni, la separazione delle parti dall’insieme o la reciproca appartenenza delle diverse parti e molti altri riferimenti ancora, tettonici ed architettonici. Chi può dire quanto a queste immagini sia debitrice l’architettura mediterranea: la ionica o la dorica, o quelle formatesi prima e dopo di esse? Ci sono certi posti che, senza esagerare, potrebbero essere definiti drammatici: là dove la pietra è completamente sminuzzata o dove si sbreccia, quando sembra essere stata scorticata della vegetazione e della buccia, quando sembrano fuoriuscire in superficie le vene e i nervi. Rovistando su questi aspetti scopriamo in noi la vocazione del geologo e, in effetti, la geologia del Mediterraneo è assai istruttiva e andrebbe studiata a fondo.
Queste brevi note abbiamo elaborato quasi un decennio fa, con Predrag Matvejevic’ ed altri amici, all’inizio dell’attività della Fondazione Laboratorio Mediterraneo.
Sin da fanciullo, guardando la carta del Mediterraneo, sognavo un giorno di poter “vedere”, da terra e da mare, di giorno e di notte, col vento e contro vento, tutte le sue coste: un sogno che ho cercato di realizzare durante i vari peripli mediterranei, ma che difficilmente sarà completato, anche se continuo ad evidenziare su vecchie carte nautiche gli ulteriori tratti di costa visitati. Gli ultimi, poche settimane fa, in Corsica e a Creta. Posso continuare ricordando l’abitudine di raccogliere ciottoli sulla spiaggia, di tenerli sul palmo della mano, di riporli con cura o di portarli da qualche parte, o ancora su quella di tracciare o di costruire figure sulla sabbia. Alcuni vedono in questi comportamenti un modo di scherzare, altri ci vedono di più. Gli antichi saggi e i poeti ne parlarono e ne cantarono: i ciottoli sono stati levigati e la sabbia è stata sbriciolata proprio dal mare, dal Mediterraneo.
Le coste mediterranee sono specialmente caratterizzate dai golfi e dai fari.
Delle forme dei golfi, più o meno ampie, più o meno aperte al mare, simmetriche o ageometriche, ospitali o inaccessibili, si è parlato con entusiasmo e con biasimo. Non è necessario stare ancora a descriverle. Anche qui c’è di mezzo la vanità, collegata forse con quella delle isole: ogni golfo tende sempre a presentarsi come un vero mare. Tale denominazione e status hanno ricevuto non solo sugli atlanti regionali: il Ligure, il Tirreno, quello di Alboran, il mare di Marmara, quello di Azov e forse ancora qualche altro. Anche l’Adriatico si chiamava Golfo di Venezia. Dalla sponda opposta invece, la Sidra, o Grande Sirte, è rimasta solo un golfo. E non è l’unico caso: a decidere era la parte più potente, non tutto il Mediterraneo.
Delle grotte marine (caverne, antri che vanno ad esplorare geologi specializzati) si dice che siano diverse da quelle continentali. Non ne so molto: ce ne sono alcune facilmente accessibili, altre in cui si entra con difficoltà, alcune che non presentano pericoli, altre piene di rischi. Bisogna immergersi per poter entrare in alcune di esse, o almeno abbassare la testa in barca (se ci si arriva così) o aspettare che il livello del mare si abbassi. Hanno colori diversi o almeno questa è l’impressione che ne abbiamo: l’azzurro, l’azzurro scuro e il verde, forse, sono più densi. La luce, dove c’è, sembra essere liquida. Si presuppone che fino alla grotta non giungano neppure le onde né il vento. Non ho visto coralli in nessuna di esse. L’eco poi è particolare in ciascuna. Sul Mediterraneo ci sono molte storie a proposito delle grotte: nemmeno i sogni notturni ne sono esenti.

I fari sono simili ai templi sulle coste del Mediterraneo, e non si può lasciarli solo ai servizi costieri o a quelli della navigazione. Solitamente vengono classificati in rapporto all’età e alle dimensioni, al modo in cui sono costruiti e ai luoghi su cui sono stati innalzati, promontori o isole da cui fanno luce: è bene prendere altresì in considerazione la maniera in cui il mare li circonda, di quale specie è il loro isolamento o il distacco, in quali rapporti si trovano con i porti vicini, l’eventuale intenzione che hanno di diventare porti essi stessi. E, da ultimo, a chi fanno luce e su quali percorsi (sul piano sentimentale si continua a dire che la loro luce è nostalgica, intermittente, vibrante, e così via). I fari ricevono un posto di tutto rispetto sulle carte nautiche di grandi dimensioni, amati anche nei ricordi dei naufraghi non vengono tralasciati: una gratitudine eccessiva non è un tratto caratteristico dei mediterranei, anche se essi sanno promettere molto quando ringraziano, (li giustifica, aggiungiamo per inciso, il fatto che sono i primi a credere alle loro promesse nel momento in cui le fanno). I fari hanno dei tratti comuni con i monasteri che, dai laici colti, non si dovrebbero sottovalutare. Ricordiamo i conventi o i monasteri che sovrastano il mare. Ce ne sono ancora sulle isole; in Grecia li chiamano meteore. Ad Antiochia e in Cappadocia hanno preso da tempo altri nomi. Una volta erano importanti quelli situati ai margini del deserto, quelli sul mare, dalla Libia alla Siria, in Egitto e in Palestina: in luoghi come questi s’intrecciano la vista sulla discesa del mare e la preghiera del deserto. Il Mediterraneo è proprio tentazione continua, è un mare terreno.

Il mare, le coste e i porti sono risorse per uno sviluppo sostenibile.
Molte le iniziative, i risultati, i programmi e gli interventi di salvaguardia delle spiagge dai fenomeni erosivi, le azioni di disinquinamento volte ad assicurare la qualità delle acque costiere, i provvedimenti per l´utilizzazione e la gestione razionale delle aree demaniali, i piani di coordinamento dei porti, nuove leggi sulla difesa del suolo: costituiscono le coordinate di un programma integrato che ha l´obiettivo di salvaguardare e valorizzare queste grandi risorse che sono, per il Mediterraneo, il mare e le coste.
Due sole considerazioni voglio fare su questi aspetti generali e di scenario.
Sul processo di disinquinamento prima di tutto perché spiagge e qualità delle acque costiere sono inscindibilmente legate sia nel caratterizzare la qualità ambientale che nel condizionare le possibilità di uno sviluppo delle attività turistiche e balneari.
I risultati raggiunti su questo fronte sono significativi come testimoniano i dati relativi alla qualità delle acque di balneazione sull´insieme dei litorali del Mediterraneo occidentale.
Il quadro d´insieme del sistema depurativo costiero evidenzia un progressivo e netto miglioramento.
Gli interventi realizzati e in corso nelle aree più critiche sono di grande consistenza grazie all´impegno delle risorse più disparate. Si sono anche avviate iniziative innovative, come sul litorale romano in cui si stanno sperimentando interventi per la depurazione delle acque consortili di bonifica ed irrigazione. Problemi restano aperti, tuttavia, in diverse aree del Mediterraneo.
Una considerazione va fatta su alcuni Piani per i Porti del Mediterraneo.
Con questi Piani si sono affrontati, prima di tutto, gli aspetti, vitali, del traffico commerciale e marittimo, con la messa in campo di veri e propri sistemi portuali (Marsiglia, Barcellona, Genova, Gioia Tauro, Haifa, Pireo, ecc.). Ma si è, anche, organizzata una programmazione della portualità turistica che consente, dando regole nuove e certezze, di superare, finalmente, le situazioni di diffuso abusivismo e sviluppare, sull´insieme delle coste mediterranee, nuove iniziative compatibili con le esigenze ambientali.
La procedura adottata per valutare su macroscala i rischi ambientali connessi a diversi scenari d´intervento è riconducibile, nelle sue finalità, alla SEA (Strategic Environmental Assessnent) istituita dall´Unione Europea e già applicata o in corso di applicazione in alcuni Stati membri.
Ma vengo all´oggetto specifico dell´incontro di oggi: la difesa dei litorali dall´erosione e l’implicazione con il turismo.
Nel Mediterraneo i fenomeni erosivi e l´arretramento degli arenili si presentano, ormai, con caratteristiche generalizzate su tutti i litorali anche se con forme e connotati diversificati.
Per esempio in Lazio, dei circa 300 Km che, escluse le isole, costituiscono lo sviluppo costiero, ben 125 Km, oltre il 40%, sono in erosione.
Una situazione che, oltre a compromettere grandi valori ambientali, mette a rischio parti importanti dell´economia costiera che nel turismo balneare ha uno dei suoi punti di forza e, in diversi casi, pone problemi di salvaguardia di infrastrutture ed abitati.
Erosione delle coste e turismo sono in stretta connessione.
Le cause di questa situazione e del suo progressivo aggravamento sono molteplici e non le scopriamo oggi (dalle opere, strutture e moli portuali prima di tutto, che determinano erosioni localizzate, alla edificazione incontrollata di ampie zone costiere).
Ma certamente una delle cause decisive e strutturali è la diminuzione degli approdi solidi fluviali, dovuta alle escavazioni in alveo, alle dighe, agli stessi interventi di controllo dei fenomeni erosivi dell´entroterra.
Ovviamente questa valutazione va ridimensionata per tenere conto delle zone ove esiste un surplus di ripascimento naturale con accumulo ed avanzamento dei litorali.
Tali zone sono localizzate spesso in prossimità di moli portuali che intercettano considerevoli quote di trasporto longitudinale. L´insabbiamento di pressochè tutte le imboccature dei porti ne è una conferma.
Una situazione di cui bisogna tener conto, per determinare concrete azioni di riequilibrio, nella definizione degli interventi di ripascimento. Una delle azioni previste dal programma di salvaguardia delle coste è proprio il coordinamento e l´integrazione tra attività di dragaggio e ripascimento.
La risposta che viene data a questa situazione di diffusa erosione, che in molte parti del Mediterraneo ha provocato la scomparsa delle spiagge, è assolutamente insufficiente. Occorre lavorare per costruire una risposta organica e programmata e nel contempo affrontare, adeguatamente, l´insieme delle emergenze.

Il disastro dell’ erosione delle coste non è un processo naturale: è un danno provocato dalla cattiva gestione del territorio. Un primo attacco viene da terra con la cementificazione dei fiumi, il prelievo sfrenato ed illegale di sabbia e ghiaia che determina lo sconvolgimento di un percorso dell’acqua naturale. Ma, non basta. In mare è stato creato un secondo ordine di problemi. Il dilagare di porti e porticcioli, di colate di cemento, di costruzioni protese sull’acqua ha modificato anche il gioco delle correnti marine facendo si che zone ricche di sabbia si trovassero all’improvviso senza piú spiaggia. Aree pregiate del Mediterraneo vengono lentamente, ma inesorabilmente, limate. In questo modo si ha non solo una ovvia diminuzione dell’offerta turistica nelle zone colpite, ma piú in generale un danno d’immagine per il Mediterraneo che si dimostra incapace di difendere uno dei suoi tesori piú preziosi: le coste. Non secondario l’effetto dell’urbanizzazione selvaggia delle fasce costiere con la realizzazione di mega-villaggi turistici, spesso costruiti in deroga a qualsiasi regola, della subsidenza accelerata dei suoli, dell’errata progettazione di opere marittime e di porti, porticcioli, lingue di cemento che hanno modificato il gioco delle correnti marine facendo si che zone ricche di sabbia si trovassero all’improvviso senza piú spiaggia. Di fronte ad una situazione di queste proporzioni, si avverte l’esigenza di provvedimenti drastici in grado di invertire la tendenza in atto. Servono misure capaci di intervenire sui vari fronti del problema: un imponente piano di difesa del territorio da cui potrebbe derivare anche un consistente rilancio dal punto di vista occupazionale, specialmente nel comparto del Turismo.
Un programma di difesa globale delle coste mediterranee con opere di ripascimento protetto mostra una scarsa realizzabilità se affrontato in termini localistici e senza una veduta d’insieme.
E´ necessario allora delineare nuovi spunti di pianficazione basati su strategie complessive di prevenzione e di reale riequilibrio morfologico, di economicità ed efficacia degli interventi, di sinergie operative tra i diversi Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e i differenti soggetti in campo.
E´ a questi principi che è orientato il Progetto di coordinamento contro l’erosione proposto dalle Università aderenti alla Fondazione Laboratorio Mediterraneo e che, sul terreno degli interventi, poggia sulla scelta del ripascimento morbido come soluzione più idonea, sia sotto l´aspetto funzionale (in quanto non esporta erosione; non compromette, anzi alimenta i litorali sottoflutto), sia sotto l´aspetto ambientale (perché ricostituisce l´habitat preesistente).
Un programma che non prevede solo interventi, ma nuove regole e modalità organizzative e gestionali.

Nel breve e medio periodo si prevede di:
· selezionare i tratti di costa del Mediterraneo da difendere in funzione delle esigenze di sicurezza e di salvaguardia delle valenze ambientali ed economico - sociali;
· individuare e rimuovere le cause localizzate di erosione;
· adottare tecniche di ripascimento morbido evitando, salvo casi eccezionali, strutture rigide di protezione e di difesa;
· utilizzare, per i ripascimenti, sabbia di adeguate caratteristiche, prelevata da siti marini appositamente individuati;
· coordinare dragaggi e ripascimenti in quanto compatibili;
· assicurare risorse finanziarie certe e ricorrenti per la difesa delle coste;
· coinvolgere e responsabilizzare enti locali ed operatori nel controllo e nel mantenimento delle opere realizzate.

Nel medio e lungo periodo occorre:
· ricostruire, attraverso la pianificazione di bacino e la riorganizzazione di sistemi fluviali, gli equilibri compromessi e la continuità dei processi naturali.

Sul terreno delle regole, infine, si propone di:
· costituire un Osservatorio mediterraneo dei litorali con il compito di monitorare le coste e la loro evoluzione;
· affidare ai Comuni costieri le opere di ripascimento e di protezione delle coste e la responsabilità della loro manutenzione;
· corresponsabilizzare gli operatori balneari nella manutenzione e nel controllo delle opere.


Un tema scottante, non solo per il Mediterraneo, visto e considerato che l’80% delle coste a livello mondiale risulta in fase di erosione.

Il bacino del Mediterraneo, oltre all’erosione delle coste, è soggetto al crescente attacco dell´inquinamento, della salinizzazione, della riduzione della sostanza organica dei suoli, della deforestazione e della desertificazione.
Si tratta in molti casi di ecosistemi sottoposti alla pressione di una popolazione in rapido aumento, che secondo stime ragionevoli dovrebbe, entro il 2025, arrivare a 550 milioni, cui si aggiunge un turismo che dovrebbe quadruplicare rispetto agli attuali livelli, scaricando 400 milioni di presenze lungo le coste.
In questo contesto, le conseguenze dell´effetto serra potrebbero risultare drammatiche perché molti delicati equilibri, già fortemente sollecitati, salterebbero.
Un recente studio delle Nazioni Unite ha cercato di valutare le conseguenze dei cambiamenti climatici che potrebbero verificarsi nel prossimi anni: la fascia di aumento medio della temperatura del globo si attesterebbe tra 1,4 e 5,8 °C, con un aumento del livello del mare di 20 cm.
E´ previsto un aumento dell´evaporazione dei suoli accompagnato da fenomeni di erosione e salinizzazione, con la conseguenza inoltre di far avanzare fortemente il deserto; un altro effetto è strettamente collegato alla riduzione della disponibilità di acqua dolce, problema allarmante in particolare per Paesi come Egitto, Siria, Libia, Tunisia, Israele e Malta.
Notevoli problemi potrebbero poi venire dall´accentuarsi di fenomeni estremi come tempeste, mareggiate, picchi di temperatura.
C´è infine da registrare il rischio collegato all´aumento del livello del mare che in molte aree potrebbe sommergere molte città e terre fertili.
L´effetto serra quasi sicuramente influenzerà il livello del mare, causando quello che viene progettato come un possibile innalzamento globale di circa 12-18 cm entro gli anni 2025-2030. La maggior parte della costa Mediterranea non potrà sopportarlo e il Mare Nostrum, più che essere diviso “tra noi”, sarà diviso “da noi” e dalle scelleratezze del nostro tempo.



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