IL DENARO

18 aprile 2003

 

Stiamo ricomponendo il vecchio Continente

 

di Benedetta de Falco

 

Era forse destino che l’allargamento dell’Unione Europea dovesse formalizzarsi ai piedi di un simbolo della democrazia qual è l’antica Acropoli di Atene. Lì i leader dei 15 paesi membri e dei dieci candidati - Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta e Cipro - hanno firmato il trattato che sancisce la nascita di un’Europa a 25 stati con 450 milioni di abitanti (con un incremento di 75 milioni) a partire, gradualmente, dal 1 maggio 2004. Il vecchio continente, la vecchia Europa si avvicina così di più alla sua originaria formazione geografica e culturale che completerà quando accoglierà Romania e Bulgaria, la parte turca di Cipro, la Turchia ed anche la Russia.

Il Denaro ne parla con Claudio Azzolini, vice presidente dell’Assemblea parlamentare al Consiglio d’Europa, recentemente nominato nel delicato ruolo di “rapporter” per i rapporti tra Europa e Stati Uniti.

 

Che cosa rappresenta il trattato di Atene nel processo di unificazione europea?

Con la firma di mercoledì 16 aprile si conclude ad Atene un percorso che è iniziato a Copenaghen, il 12 e 13 dicembre scorsi, quando il Consiglio ha terminato i negoziati con gli attuali dieci Paesi per l’allargamento, e successivamente, il 9 aprile scorso, quando il Parlamento europeo ha votato il parere conforme approvando le relative dieci risoluzioni di consenso. Ad Atene, poi, è stato ratificato il trattato secondo le rispettive procedure nazionali.


Quali problemi si pongono nell’immediato?

Senza dubbio vi è la questione di Cipro, della quale è entrata in Europa solo la parte greca, mentre si attende l’esito di un referendum per la parte turco-cipriota. E’ una dicotomia che dovrà verderci impegnati per la pacificazione. Come si è ben lavorato per Malta, che solo oggi entra a far parte dell’Unione, superando quell’incidente di percorso accaduto nella IV legislatura, 1994/1999, quando i maltesi si espressero negativamente per un eventuale ingresso in Europa. E restano ancora fuori la Russia, la Turchia e la Bulgaria.

 
Ora con una Unione europea a 25 prima di compiere un giro di tavolo impiegherete molti giorni?

Sono i costi della democrazia compiuta e condivisa. Certo prima eravamo in 15 e le procedure avevano dei tempi abbastanza snelli, ora tutto verrà notevolemente complicato.

 
E poi vi è il problema della lingua… Come comunicherete?

Al Consiglio d’Europa si parla inglese e francese; nelle sessioni, che sono quattro nell’arco dell’anno, ci si avvale dei traduttori, mentre nei gruppi di lavoro le lingue dominanti tornano ad essere inglese e francese. Ora sarà importante capirsi bene sin dall’inizio con tutti i costi che ne derivano.

 
Cosa unisce il gruppo fondatore dell’Unione Europea a questi nuovi Paesi?

Unisce la storia e la cultura che sono due collanti che sostanziano la ricercata volontà di fare un’Europa a più Stati per raggiungere la ricomposizione, il ritorno alla vecchia Europa che contemplava anche la Russia che tanta cultura ha travasato nella culla europea. E quando dell’Europa farà parte anche la Turchia, allora avremo ricostituito in chiave geografica e culturale la vecchia Europa. Bisognerà quindi accelerare l’integrazione seguendo il solco del sogno dei Padri fondatori dell’Europa Churchill, Schuman, De Gasperi, Spaak, quando, dopo il secondo conflitto mondiale, si diedero anima e corpo al processo di pacificazione che avrebbe offerto opportunità anche economiche a tutti.


Quest’Europa, però, è uscita a pezzi dalla vicenda Iraq. Ognuno fa come crede, non vi è una politica estera comune...

Certo vi è una fragilità attribuibile alla giovane età dell’Unione e proprio per questo bisognerà lavorare per costruire la sua voce comune. Abbiamo delle fondamenta di unione che ci sono state tramandate dai nostri antenati, abbiamo il disegno in testa di una casa comune, abbiamo pure i mattoni, ora ognuno dovrà mettere la calce per tenere insieme i mattoni.

 
Quali saranno i futuri rapporti tra Europa e Stati Uniti?

Le relazioni tra Europa e America sono fondamentali, anzi dovranno avere la priorità. Gli europei con il processo di migrazione verso l’America hanno dato le fondamenta culturali, e non solo, di quel continente, quindi esistono antichi legami che vanno rafforzati e ulteriormente sviluppati.