LIBERAZIONE
04
/04/2006

 

Galassia Gutenberg, dialogo tra civiltà

l’evento

di Maria Vittoria Vittori

Meno fiera di libri, più centro produttivo di idee e valori forti: questo il volto rinnovato con cui Galassia Gutenberg, la rassegna editoriale napoletana giunta alla sua diciassettesima edizione, si è presentata quest’anno al pubblico; e ha scelto per questa sua nuova fisionomia la spettacolare cornice di Castel dell’Ovo, nel cuore stesso della città. Quattro giorni, da sabato 1 aprile ad oggi, fitti di presentazioni, di incontri, di eventi ruotanti intorno a nuclei tematici forti: “la rosa dei venti”, ovvero le molteplici identità del contemporaneo, l’attenzione alla scrittura delle donne, l’intenso collegamento con il territorio e con le periferie attuato in un fermento di iniziative letterarie e multimediali radicate nelle scuole, nelle biblioteche di quartiere, della provincia e del carcere, il Mediterraneo e le sue culture. “Le Rose dei Venti” era il titolo della sezione inaugurale dedicata alla scrittura femminile: donne di diversi paesi del mondo con la loro visuale felicemente eccentrica, che si colloca al margine per puntare al centro: la spagnola Lucìa Extebarria e le sue donne in bilico, l’albanese Ornela Vorpsi che racconta un paese ancora in transizione, l’architetto palestinese Suad Amyri che in Sharon mia suocera è stata capace di applicare l’ironia alla situazione di chi si trova recluso a casa sua. E poi, in rapida sequenza d’impressioni: l’emozionante retrospettiva dedicata a Goliarda Sapienza, l’intensa presenza della scrittrice irachena Alya Mamduh, una delle protagoniste del caffè letterario arabo curato dall’arabista Isabella Camera D’Afflitto, le scrittrici panamensi e dominicane con le loro magnifiche storie meticcie, per la prima volta tradotte in Italia da Edizioni Estemporanee che le presentano anche a Roma, presso l’Istituto Cervantes, il prossimo 7 aprile. E ancora, i reading di Valeria Parrella e Fabrizia Ramondino. Ma veniamo a quello che può considerarsi il vero e proprio tema portante di questa edizione, preannunciato dalla dedica a Samir Kassir. Fu proprio questo giornalista e storico libanese, ispiratore della primavera di Beirut, assassinato il 2 giugno scorso in un attentato terroristico, ad inaugurare la manifestazione dello scorso anno con il convegno sui rapporti tra cultura e informazione nei Paesi del Mediterraneo. E’ stata sua moglie Gisele Kouri, giornalista di Al Arabija, ad aprire sabato scorso il convegno internazionale “Democrazia dell’informazione nei paesi del mondo arabo” organizzato da AnsaMed, a cui hanno partecipato tra gli altri Khaled Fouad Allam e Khalid Chaouki. La testimonianza di Kassir è affidata al suo ultimo libro L’infelicità araba, appena uscito da Einaudi, in cui le cause di questa infelicità vengono rintracciate nella dittatura, nell’occupazione straniera, nella violenza cieca legittimata dal messianismo religioso. Ma uscire da questa infelicità, scrive Kassir, si può e si deve. Il suo appello è stato raccolto da Fondazione Mediterraneo, un’associazione costituita nel 1994 da intellettuali di spicco quali Predrag Matvejevic, Claudio Magris, Vittorio Nisticò, Juan Goytisolo, Edgar Morin, con l’intento di realizzare una rete per il dialogo e la cooperazione tra le società e le culture gravitanti sul Mediterraneo. Attualmente presieduta dall’architetto Michele Capasso, la Fondazione ha promosso alcune iniziative che si sono svolte nella giornata di ieri: l’assegnazione del Premio Mediterraneo Informazione, definito dal direttore de Le Monde Diplomatique il Nobel del Mediterraneo, al quotidiano arabo Dar El Hayat e la presentazione del progetto “Rete tra i saloni del libro del Mediterraneo”, con lo scopo di ridurre il profondo gap di conoscenza tra mondo arabo e mondo occidentale. Ma l’iniziativa senza dubbio più importante è il “Manifesto delle Alleanze tra le Civiltà” nato come reazione immediata allo sconsiderato comportamento del ministro Calderoli e presentato per la prima volta ad Algeri il 24 febbraio. Tra i punti fondamentali di questo Manifesto - spiega Capasso - «La consapevolezza che Occidente e Oriente non sono in contrapposizione in quanto tutt’e due vittime della globalizzazione: l’Oriente per il deficit economico, l’Occidente per un ritmo di vita insostenibile e l’assenza di solidarietà. In questo scenario la nostra sfida è creare un’alleanza tra mondo arabo islamico e mondo occidentale. Tutt’e due devono democratizzare la globalizzazione affinché non snaturi la democrazia». E ancora: «La volontà di fare del Mediterraneo un vero e proprio soggetto di strategie volte a colmare le differenze tra riva nord e riva sud e favorire in ogni modo la cooperazione tra le società e le culture. Un Grande Mediterraneo - aggiunge Capasso – che comprenda non solo i paesi affacciati sulle sue sponde ma anche i paesi del Mar Nero e dell’antica Mesopotamia». Sembra superfluo, a questo punto, ribadire il valore di un’iniziativa come questa che viene a cadere in un frangente storico di estrema diffidenza e chiusura: meglio fornire, piuttosto, l’indirizzo email per l’adesione al Manifesto: info@medlab. org