CORRIERE DELLA SERA
05/02/2007
Islam e Occidente: la sacralità
della vita
di
Magdi Allam
Una delle questioni dalle quali dipende la
stabilità internazionale è senza dubbio quella dei rapporti politici tra Islam
e Occidente. Ben venga dunque l’intervento «Se i musulmani democratici sono estremisti » di Magdi Allam (Corriere del 20
gennaio). Criticando il nostro workshop «Dare voce
all’Islam democratico», che avrà luogo il 23 febbraio
a Napoli (www.meiad.org), Allam riprende gli
argomenti di una certa corrente, i cui maîtres à
pensée sono neo-con come Daniel Pipes
e Bernard Lewis, che vede
nel tentativo di dialogare con l’Islam politico un pericoloso cedimento dell’Occidente
o, peggio, un’iniziativa che legittimerebbe gli islamofascisti.
Sfortunatamente le tesi dell’articolo di Allam sono indebolite da una serie di inesattezze fattuali, rispetto alle quali rimandiamo alle repliche
pubblicate sul Corriere del Mezzogiorno. Qui basti precisare che le
affermazioni di Allam
secondo cui Tariq Ramadan nega «il diritto di Israele
all’esistenza», ha fatto «l’apologia del terrorismo suicida», e «predicato il
Califfato Islamico» semplicemente non corrispondono al vero (cf. interviste di Ramadan a Foreign
Policy, nov/04 e a
Repubblica , 28/9/04). Anzi in un recente appello, Ramadan si rivolge ai
musulmani europei invitandoli «a prendere posizione
contro l’abuso della loro religione per giustificare il terrorismo, la violenza
domestica e i matrimoni forzati» (Manifesto for a new
«WE»). Al di là delle inesattezze, la tesi di Allam necessita una risposta nel merito. Il nostro punto di
partenza è che esiste in Europa un deficit di conoscenza sempre più pericoloso
delle correnti politiche islamiche a vocazione democratica in un momento in cui
tali forze guadagnano influenza in Turchia, Libano, Palestina, Egitto eMarocco, partecipando alla vita
politica da posizioni istituzionali. Da qui l’urgenza di comprendere le
posizioni di intellettuali come Ahmet
Davetoglu, Nadia Yassine e Heba
Ezzat (si noti due sono donne) impegnati nel
ridefinire un impegno politico dall’interno della tradizione islamica, partendo
dal bisogno di democrazia, giustizia e rispetto dei diritti che chiedono i loro
concittadini. Parlare di tutto ciò avanzando lo spettro della rete dei Fratelli
Musulmani è politicamente infruttuoso e occulta il fatto che
è proprio l’autoritarismo dei regimi arabi laici la fonte prima di instabilità
politica nel Mediterraneo. Certo, sono possibili atteggiamenti più omeno simpatetici e ottimistici verso questo travaglio
politico all’interno del mondo islamico. Ma ciò che si dovrebbe evitare è
dis-informazione e islamofobia che alimentano
un possibile «scontro delle civiltà». Forse l’Italia, un
Paese dove la via della democrazia è stata frutto di un lungo travaglio e di
una sintesi originale (ma non immediata e senza problemi!) tra religione emodernità, cattolicesimo e democrazia, può essere il luogo
dove queste nuove tendenze islamodemocratiche possono
trovare ascolto. Ne vale del futuro della convivenza pacifica nel
Mediterraneo e in Europa.
direttore del Acmcu, Georgetown University
docente alla Soas di
Londra e «L’Orientale» di Napoli
Illustri professori Esposito e Petito, mi si accappona la pelle leggendo che per voi i
Fratelli Musulmani, Hamas, Hezbollah
e «Giustizia e Carità», apparterrebbero alle «correnti politiche islamiche a
vocazione democratica», quando è noto che predicano e all’occorrenza praticano il terrorismo con l’obiettivo di
distruggere Israele e imporre la dittatura dello Stato islamico. Personalmente sono vittima delle minacce e delle aggressioni verbali di
questi fascisti islamici attivi in Italia e all’estero, al pari di milioni di
musulmani nei Paesi dove sono riusciti a conquistare del potere. Spianando la
strada al terrorismo islamico, così come è avvenuto in
Egitto negli anni ’70, in Iran e Libano negli anni ’80, in Algeria e nei
territori palestinesi negli anni ’90. Per quanto concerne Tariq
Ramadan, vi pregherei di indicarmi una sola
dichiarazione in cui lui affermi «io riconosco il diritto all’esistenza di
Israele» e «io condanno i terroristi suicidi palestinesi che massacrano gli
israeliani». E guarda caso proprio voi riproponete la
tesi di Ramadan secondo cui io non farei altro che ripetere le tesi di Pipes e Lewis. Immagino che voi,
illustri professori, conosciate il pensiero di Mona Abousenna, Saad Eddine Ibrahim, Sayyid al-Qimni, Adel Guindy, Abdelnour
Bidar, Elham Manea, Raja Benslama,
Lafif Lakhdar, Shaker Al-Nabulsi, Irshad Manji, Monjiya Saouihi, Omran Salman, Mohamed Charfi, Abou Khawla,
Mohammad Said Eshmawi, Iqbal al-Gharbi, Mona el Tahawy. Sono solo alcuni tra gli intellettuali musulmani
liberali e democratici. Forse che anche loro sono dei pappagalli dei neo-con visto che condividono il mio pensiero sui Fratelli
Musulmani? Se veramente siete interessati a scongiurare lo «scontro di
civiltà», individuate degli interlocutori musulmani che rispettino il valore
fondamentale della sacralità della vita di tutti, a cominciare da quello di Israele, che condannino senza se e senza ma il terrorismo
e che mirino non a imporre la sharia bensì a
condividere una comune civiltà dell’uomo.