CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
04/01/2008
« Io dai Beatles ai Pink Floyd »
Carmine
Aymone
Ospite d’onore al Concerto d’Epifania
di Oltre il Chiostro,
Alan Parson, ingegnere del suono e poi musicista, racconta
la sua storia dalla fine degli anni ‘60
Ha
segnato la storia della musica rock lavorando come, tape operator, fonico,
assistente ed ingegnere del suono con i Beatles, Paul McCartney, gli Wings, i Pink Floyd.Alan
Parson, dopo tre anni, ritorna a Napoli, ospite della
tredicesima edizione del «Concerto
d’Epifania», organizzata da Oltre il Chiostro, ideato da Padre Giuseppe Reale e
diretto da Franz Coriasco
in collaborazione con l’associazione Musica dal mondo diretta da Francesco Sorrentino. L’evento – presentato da Lorena Bianchetti – si
terrà stasera all’Auditorium Rai di Napoli e sarà trasmesso la mattina del 6
gennaio alle 9.05 da Raiuno. «Suonerò due brani, “Eye in the sky” e “Don’t answer me”, accompagnato da un combo e da un coro
napoletano di sei elementi. Solo un pezzo andrà però in onda». Queste le parole di Mr. Parsone che ai più giovani è noto proprio
per le raffinate produzioni firmate Alan Parson’s Project. Ma tiriamo indietro le lancette
del tempo fino alla fine degli anni ’60 a Londra, negli studi di Abbey Road dei Beatles.
Lei è stato
tecnico del suono in seconda dei dischi «Let it be»
e «Abbey Road» di Lennon & co. Come avvenne
l’incontro con i Fab four?
«Come gran parte dei giovani di allora, ero un loro grande
fan. Mi contattò Gorge Martin per trasportare le aapparecchiature di Abbey Road agli studi dell’Apple
in Savile Row. Pian piano divenni operatore dei nastri, non ero ancora ingegnere del
suono, poi tecnico del suono in seconda e responsabile tecnico degli studi
quando per un po’ Martin delegò il compito di seguire
le sedute di registrazioni al suo assistente Glyn Johns».
Lei era anche presente quando quel
famoso giorno sul tetto degli studi quando i Beatles
suonarono per l’ultima volta insieme.
«Erano
i primi di gennaio del 1969: fu l’ultima volta che tutti e quattro si esibirono
insieme, dal vivo. Anche se tra loro c’erano dei
malumori, non immaginavo che quella sarebbe stata l’ultima volta».
I Beatles le
sono rimasti nel cuore. Tra i tanti suoi progetti, infatti, lei ha una cover band dei Fab four che si chiama «A walk down Abbey Road»
«Sì,
una band nata quasi per caso che nella prima formazione vedeva con me Anne Wilson degli Heart, John Entwistle degli
Who purtroppo scomparso, Todd
Rundgren e Cristopher
Cross. Nella seconda invece Mark Farner dei Gran Funk Railroad e Jacke dei Cream».
A quale disco dei Beatles
le sarebbe piaciuto lavorare?
«Sicuramente
a “Sg.t Peppers’”
Dopo essere stato assistente di «Ummagumma» e mixato «Atoma heart mother»
dei Pink Floyd, nel 1973
lei entra nella leggenda come ingegnere capo di «The dark side of the moon»:
qual è il segreto dell’enorme successo di questo disco?
«Lo
incidemmo nel 1972 su un 16 piste. Paul McCartney e sua moglie Linda ci vennero
a trovare allo studio 3. Ricordo che allora avevo uno
stipendio base di 35 sterline la settimana. Passavamo intere ore in
studio per ottenere un effetto sonoro particolare. Il perché del successo di
questo disco? Forse perché è semplicemente un grande album».