Avvenire on line

LA SVOLTA FRANCESE
Grande sforzo per evitare ogni screzio fra le delegazioni
. Ma il braccio di ferro fra Anp e Gerusalemme ha tenuto in stallo per ore il documento fondativo del nuovo ente internazionale

Parigi, leader arabi in parata
Polemiche
per la loro presenza alla festa del 14 luglio Sarkozy: «Rischio che si deve correre»

DA PARIGI DANIELE ZAPPALÀ
Chi vuole la pace, prepari la guerra. Il vecchio adagio pare­va ieri il perfetto sottotitolo per una parata del 14 luglio sugli Cham­ps- Elysées ben diversa dal solito. Ol­tre che davanti a Ban Ki-moon, il Se­gretario generale dell’Onu invitato speciale della giornata, la Legione stra­niera e gli altri corpi storici delle for­ze armate d’Oltralpe hanno sfilato di fronte alla lunga fila di capi di gover­no reduci dalla conferenza interna­zionale sul Mediterraneo della vigilia. Compreso Bashar al-Assad, l’uomo di Damasco appena “riabilitato” dalla Francia dopo anni di ostracismo per via degli attentati politici a catena in Libano.
«Occorreva che qualcuno prendesse dei rischi e che un circolo virtuoso fos­se innescato», ha sostenuto anche ie­ri il capo dell’Eliseo Nicolas Sarkozy, con visibile soddisfazione per i pro­gressi diplomatici di cui Parigi è dive­nuta in poche ore il teatro, grazie an­che a una fitta serie d’incontri a porte chiuse. Progressi come la dichiarazio­ne del premier israeliano Ehud Ol­mert, dettosi «mai così vicino» a un ac­cordo di pace col presidente palesti­nese Abu Mazen, o ancora l’apertura sempre più vicina di rappresentanze diplomatiche fra Libano e Siria.
I 'rischi' evocati da Sarkozy sono sta­ti in gran parte evitati, anche perché il protocollo francese è riuscito ad aggi­rare abilmente le difficoltà. È stato ad esempio cancellato dal week-end un intervento “politico” del presidente turco Recip Erdogan a cui si era subi­to preparata a «rispondere» la delega­zione greca. E i gran cerimonieri dell’evento hanno cercato di non dar peso all’assenza del Re Moham­med VI del Marocco. Sarebbe dovuta al contenzioso sotterraneo sul posto di segretario generale della neo­nata Unione per il Mediterraneo (Upm), non più ga­rantita a un rappresentante marocchino, probabil­mente per non indispettire l’Algeria.
Ma il più drammatico conflitto mediterraneo che il week-end parigino era chiamato a 'lenire' grazie al­l’atmosfera generale di 'pace', proprio quello israe­lo- palestinese, è riemerso alla fine ieri sotto forma di un disaccordo sul testo finale dell’Upm. È stato il ca­po della diplomazia francese Bernard Kouchner a de­plorare in mattinata, quando i giochi sembravano già fatti, questo «blocco» relativo alla definizione d’Israele come «Stato nazionale». Proprio la parola «naziona­le » che «sottintende tutta la difficoltà del ritorno dei rifugiati, dello Stato ebraico o non ebraico, dello Sta­to palestinese», si è sforzato di spiegare con visibile imbarazzo Kouchner, ammettendo poi che il pro­cesso di pace, se funziona al livello del summit, non funziona alla base soprattutto per via delle «difficoltà di circolazione in Palestina». Per aggirare lo scoglio se­mantico, la dichiarazione finale dell’Upm è stata «cor­retta » in fretta senza far più riferimento al concetto di Stato-nazione, ma con una circonlocuzione che ri­manda in particolare al processo di Annapolis.
Fra gli articoli della dichiarazione comune rivendi­cati invece da Parigi con maggior orgoglio c’è anche quello su un Medio Oriente liberato «da armi di di­struzione di massa, nucleari, chimiche e biologiche». Parole, certo. Ma parole che contano.
 

«L’Unione per il Mediterraneo ora è una realtà» Ma i sei progetti sono ancora tutti da scrivere

DA PARIGI
« L’ avevamo sognata, ma adesso l’Unio­ne per il Mediter­raneo è una realtà». È con accen­ti trionfali che il presidente fran­cese Nicolas Sarkozy ha annun­ciato già domenica la creazione del nuovo partenariato interna­zionale per rilanciare il Processo di Barcellona, da anni a corto di ossigeno. L’organismo euro-me­diterraneo includerà ben 43 Sta­ti, quasi tutti rappresentati dai ri­spettivi capi di governo.
Il nuovo partenariato dovrà pren­dere il proprio avvio attorno a 6 progetti, non del tutto coinciden­ti con quelli previsti alla vigilia. In­nanzitutto, un piano coordinato per la lotta contro l’inquinamen­to nel Mediterraneo. Quindi, in­vestimenti per la creazione di «au­tostrade marittime e terrestri» fra il Nord e il Sud. Ci sarà spazio an­che per un allargamento a tutta la regione mediterranea dei sistemi di protezione civile, soprattutto per rispondere a cataclismi. Il Me­diterraneo è chiamato a divenire anche un crocevia della speri­mentazione nelle «energie alter­native », a cominciare da un «pia­no solare» volto a sfruttare so­prattutto il potenziale delle regio­ni meridionali. Nella scaletta fir­mata a Parigi, infine, anche «un’u­niversità euro-mediterranea» che avrà sede in Slovenia e «un’inizia­tiva mediterranea di sviluppo de­gli affari» i cui termini rimangono però abbastanza vaghi nel relati­vo protocollo aggiuntivo.
Ma accanto agli squilli di tromba, appare chiaro a tutti gli osserva­tori che numerose questioni ri­mangono insolute, talora ben più profonde della semplice attribu­zione della sede dell’organismo, contesa fra Spagna, Malta, Tuni­sia e Marocco. Il principale nodo riguarda il finanziamento dei pro­getti, soprattutto perché la Ger­mania e altri Paesi non mediter­ranei dell’Unione europea hanno già chiarito di non voler oltrepas­sare il quadro d’investimenti vo­tato in passato per il Processo di Barcellona. E la partecipazione al vertice di rappresentanti degli e­mirati del Golfo non è per il mo­mento una garanzia automatica d’ingenti investimenti in petro­dollari.
Rispetto alle previsioni, non è poi sfuggito agli osservatori l’assenza finale di progetti nel campo della captazione dell’acqua, una que­stione estremamente controver­sa che avvelena in particolare da anni le relazioni fra Israele e gli Stati arabi vicini.

Daniele Zappalà