"IL DENARO"

27 giugno 1998

Non deliriamo sull’Algeria

di Michele Capasso

Roma, 22 giugno 1998. In una vecchia enoteca del centro ci ritroviamo con Khalida Messaoudi, l’intellettuale più rappresentativa delle speranze di libertà del popolo algerino. È affettuosa e contenta per la rapidità con la quale è stato edito in arabo il rapporto sul II Forum Civile Euromed di Napoli, che sarà presentato in 5 lingue al Parlamento Europeo il 1° luglio prossimo. "Se avessi la possibilità di parlare a tutti i deputati europei – afferma Khalida – direi loro di smetterla con il delirio sull’Algeria. Non è possibile condannare gli algerini a scegliere tra un sistema di potere ostile allo sviluppo democratico e gli integralisti: vi è una terza via, quella della democrazia". Arriva un piatto di pasta. Diventerà freddo perché Khalida non abbandona il suo ragionamento. "Michele – prosegue –, devi dire a tutti, in ogni occasione, che in Algeria esiste un’alternativa concreta: quella della democrazia. Non è un sogno irrealizzabile, è una realtà concreta che non riesce ad esprimersi perché oppressa dal governo e dagli integralisti armati". Alcuni commensali rimangono colpiti dalla forza e dalla convinzione con la quale il ’simbolo’ della resistenza algerina sostiene le sue affermazioni. La condanna a morte degli integralisti islamici che grava su di lei dal 1993 e gli attentati ai quali è miracolosamente sopravvissuta non le impediscono di credere, con tenacia, nelle ragioni della sua lotta per i diritti individuali, per la libertà femminile, per una società democratica multiculturale. Chiedo a Khalida quali sono, oggi, i pilastri concreti sui quali è possibile costruire la democrazia in Algeria. "Il mio Paese – risponde – è l’unico tra quelli arabi ad avere giornali totalmente indipendenti. L’attacco ai giornalisti da parte del potere da un lato e dal gruppo islamico armato dall’altro testimonia il timore che la libera voce della stampa possa alimentare valori quali la democrazia, il rispetto delle donne e dei diritti umani, il dialogo interculturale. La libertà di stampa e l’indipendenza dei giornali algerini costituiscono il primo pilastro della democrazia. Il secondo – prosegue – è costituito dalle donne. In Algeria la Società Civile ha dato una risposta concreta agli eccidi, alle violenze, alle torture e a tutte le infamie inenarrabili perpetrate contro vecchi, donne e bambini inermi. Alle donne è affidato un ruolo fondamentale: ogni giorno, ogni ora combattono per affermare la loro dignità, per difendere il valore supremo della libertà. Anche se il potere è forte e gli integralisti utilizzano il terrore come unica arma contro la libertà, le donne algerine non hanno esitato ad opporsi a questa violenza morale, civile, sociale. Molte di loro sono i martiri sconosciuti della tragedia che sta insanguinando questo lembo di Mediterraneo". Il volto di Khalida Messaoudi si contrae; il suo eroismo non è scevro da ansie e incertezze legate alle vicende quotidiane del suo popolo. Attraverso i suoi occhi si ha come l’impressione di assistere alle immagini delle torture e delle barbarie che hanno provocato decine di migliaia di morti. Ricordo all’amica algerina l’impegno che l’Unione europea ha assunto per la difesa dei diritti umani attivando molteplici iniziative per evitare che gli scempi continuino. Anche gli osservatori invitati in Algeria hanno chiesto al governo di quel Paese azioni concrete. Il 3 e 4 giugno scorso, a Palermo, durante la Conferenza Euromediterranea di metà percorso, i Ministri degli Affari Esteri riuniti hanno auspicato che l’Algeria possa essere liberata dal flagello del terrorismo. Lo stesso Ministro italiano Dini ha assunto l’impegno di farsi portavoce presso l’Unione europea affinché vengano intraprese iniziative concrete: in tal senso va visto il viaggio dello stesso Dini in Algeria previsto per il prossimo luglio. Khalida frena il mio entusiasmo e continua il suo discorso. "Il terzo pilastro della democrazia algerina è rappresentato dai lavoratori e dalle imprese private che continuano, nonostante tutto, a credere nel loro Paese e a lavorare per lo sviluppo". Riguardo al ruolo della diplomazia, la Messaoudi esprime riserve e perplessità. È molto dispiaciuta e non sa spiegarsi il perché del trasferimento dell’ambasciatore italiano ad Algeri Francesco de Courten: "È stato un diplomatico sensibile e attivo – dice Khalida – capace di essere vicino al popolo algerino nei momenti più bui. Quando si sono verificati gli eccidi di massa, il vostro ambasciatore è stato l’unico a scendere in strada cercando di capire quello che stava accadendo. Si è rivolto ai governanti algerini chiedendo spiegazioni e giustificazioni. In questo modo l’Italia ha avuto un ruolo importante in Algeria: la sua ambasciata è diventata un punto di riferimento e si è trovata in una posizione di centralità. La Spagna, il Portogallo e la stessa Francia passavano attraverso l’Italia per capire cosa stesse accadendo e quali azioni intraprendere. In modo particolare, la relazione con la Francia – diventata insostenibile nei momenti di massima tensione – è stata salvata e tenuta in piedi grazie al dialogo attraverso l’ambasciata italiana. Non capisco perché un uomo così capace sia stato rimosso". È notte fonda, l’incontro volge al termine, anche se la discussione è sempre più interessante. Khalida guarda Roma avvolta nella magica atmosfera di una notte d’estate.

Prima di partire per Algeri chiede a tutti i presenti di sostenere la democrazia nel suo Paese, aiutando innanzitutto i giornali liberi: "El Watan", "Liberté", "Le Matin", "Le Soir d’Algerie", "La Tribune" ed altri. È un impegno che riguarda noi tutti. Per non soffocare la voce della libertà.