24 febbraio 2005
Fondazione Laboratorio Mediterraneo – Rilanciare il Processo di Barcellona per la Pace e lo sviluppo
di Caterina Arcidiacono e
Michele Capasso
Si tratta di personalità che animano il dibattito
internazionale e che, per la prima volta riunite tutte insieme a Napoli nella
Maison de la Méditerranée,
costituiscono un vero confronto tra voci diverse che - proprio
perché finalizzate ad una
valorizzazione nel senso più profondo dei diritti e della persona umana - hanno
definito gli elementi nodali per un reale dialogo tra il Mediterraneo, l’Europa
e l’Islam: la necessità della mutua
conoscenza e del mutuo rispetto.
L’incontro, al di fuori delle
cornici istituzionali offerte da Istituzioni e Paesi, ha costituito un reale Dia-logo ed un Colloquio tra
punti di vista diversi – e in molti casi opposti – al fine di individuare
quelle tracce di pensiero in grado di offrire un terreno comune su cui
costruire uno spazio euro-mediterraneo condiviso ed un Mediterraneo di Pace.
La presenza di voci diverse e la consapevolezza che l’ universo dell’Islam ha
voci composite ha portato alla denuncia
dell’intollerabile, e al riconoscimento
del bisogno di cittadinanza e di democrazia.
Si è subito evidenziato che nel parlare delle società dell’ Islam e del
loro rapporto con l’Europa bisogna
superare il blocco di facili stereotipie omologanti. “I terroristi di Al Qaeda - ha affermato John Esposito - non sono
l’ Islam e trovano riconoscimento solo in frange estremistiche. Il 99,99 % dei
musulmani sono contro la lapidazione e il taglio delle mani”.
Un ricco e sottile dibattito, in cui l’esigenza di costruire un
effettivo dialogo ha richiesto di definire i termini del problema e la ricerca
di definizioni comuni ha a sua volta portato all’inquadramento dei termini. In
una sorta di brainstorming di gruppo, nominare gli oggetti del discorso
è stata la premessa dello stesso.
Infatti, quando si parla di
Islam è necessario preliminarmente definire se si parla di una religione, di
una dimensione identitaria, di una regola sociale.
La premessa del rapporto con le
società della riva Sud, generalmente definito mondo musulmano, richiede
come presupposto il sapere di
quale Islam stiamo parlando. Abbiamo un Islam politico che concerne i Paesi che
ne riconoscono le regole come norme societarie; l’Islam inteso come
consuetudine sociale; l’ Islam inteso come religione. Vediamo ad esempio che
gli Stati Uniti hanno un’ampia comunità di religione musulmana, ma ciò non ha
alcuna implicazione sulle regole sociali.
Allo stesso tempo se parliamo di
Islam come religione, il tema va posto
in rapporto alle altre religioni mediterranee. Questo approccio ha
immediatamente posto l’attenzione sui diversi fondamentalismi religiosi che hanno dolorosamente
attraversato le opposte rive; Schwimmer ha ricordato che la storia e la memoria ci narrano di intolleranze di
diversa origine: l’Inquisizione,
l’Index librorum che non hanno certamente origine islamica.
Predrag Matvejevic’ è intervenuto dichiarando che proprio in questi giorni gli è stato intentato un processo da parte
dei “ talebani cristiani “ in Croazia per avere difeso la comunità musulmana
locale.
Il tema dell’intolleranza
religiosa ha immediatamente posto l’attenzione sull’uso strumentale delle
dimensioni religiose, quando l’appartenenza religiosa viene invocata per combattere “culture altre” o quando
viene utilizzata come strumento di compensazione identitaria.
Punti nodali del dibattito il
tema della laicità e della differenza
tra dialogo interreligioso e rapporto tra religione e norme sociali. Se
per Tariq Ramadam la laicità deve permettere ad ognuno di esprimere il proprio
credo religioso, Wassyla Tamzali ha
ribadito la differenza tra religione e laicità dell’ organizzazione sociale
affermando che nell’Islam di oggi vi è mancanza di libertà individuale e
personale e che, pertanto, rispettare le donne dell’ Islam nella differenza significa avere pesi e misure diverse per le
due rive. I diversi interventi affermano tutti
la necessità di democrazia, laicità e
cittadinanza, ma questo è solo un punto di partenza.
Una buona partenza per una
azione difficile e complessa della Fondazione Laboratorio Mediterraneo. Una
scelta di dialogo e di libertà.
BOX
di Wassyla Tamzali: Fondazione Laboratorio
Mediterraneo, vice presidente del Forum
Internazionale delle donne Mediterranee .
Dov è il dialogo delle culture per le donne? Il rispetto della cultura dell’altro/a non
deve portare ad una tolleranza “morbida”.
Il dialogo non può e non deve portare ad accettare l’intollerabile: la
violenza, la mancanza di diritti, ed il sopruso devono essere ovunque denunciati
e combattuti.
Il sostegno della libertà di
velo è un tradimento degli intellettuali di sinistra del diritto delle donne
alla libertà e all’ uguaglianza. Con esso le donne sono ridotte ad un corpo erotico da coprire.
L’esigenza di dialogo non può
giustificare moratorie. Va sollevato il dibattito tra l’intolleranza e
l’intollerabile. Non traumatizzare l’ Islam dice oggi la riva Nord, ma nessuna
donna del Nord ha mai detto non traumatizzare la Chiesa Cattolica con l’aborto
o il divorzio.
Le donne del Sud rivendicano il
diritto ad essere nella Storia e non
accettano un Mediterraneo a doppia velocità, ove i diritti sono garantiti solo
per le donne del Nord. Ciò significa che
la tolleranza verso l’altro proposta da un approccio relativista è
abusiva.
La sfida è trovare nuove forme
di dialogo e solidarietà che superino la tolleranza abusiva.
Professore di scienze politiche all’Università del
Cairo
Il ruolo delle donne è fondamentale per la democrazia e
per la libertà di parola. Non voglio parlare di femminismo, ma le donne devono
avere una responsabilità politica nella società. Soprattutto in quella
islamica. Ma bisogna considerare che l’Islam non è localizzabile e per questo
preferisco utilizzare parole come “Spazio dell’Islam” e “tendenze culturali e
islamiche”. Oggi esiste ancora una dicotomia tra laicismo ed il ruolo tra le
diverse culture.
L’unica possibilità che abbiamo per creare la democrazia
dall’interno e non imporla dall’esterno è esplorare gli obiettivi futuri e le
nuove idee: concentriamoci sul futuro ed abbandoniamo i rancori e i pregiudizi
del passato.
Io sono una donna egiziana e porto il velo: ciononostante
mi piace discutere con voi; qui mi sento a casa e l’esperienza della Fondazione
Laboratorio Mediterraneo è di assoluta rilevanza perché non delegittima nessuna
voce. E’ qui, e non nelle istituzioni, il vero dialogo.
di
Mario Rosso Amministratore delegato dell’ANSA
E’ necessario scoprire il dialogo, non quale valore
astratto, ma attraverso strutture che lo rendano possibile. La priorità è
aprire a tutte le voci presenti nel Mediterraneo, uno spazio reale e virtuale
in cui discutere ed essere tolleranti verso i diversi aspetti della verità.
Aprire alle culture dell’ Islam vuol dire cercare di sviluppare la comprensione
e l’ascolto reciproco.
Ansamed è un progetto culturale per il Mediterraneo: un’
agenzia istituita attraverso una rete di agenzie che collaborano nella
interazione reciproca e nel rispetto delle diverse strategie e tradizioni
culturali.
Il nostro obiettivo è testimoniare la verità: per questo
abbiamo sottoscritto un protocollo di collaborazione strutturale con la
Fondazione Laboratorio Mediterraneo, istituzione che ha dimostrato maturità di
trasparenza e la disponibilità di una vera piattaforma di dialogo in cui ognuno
è partecipe e nessuno escluso.
Conoscersi
per dialogare
di Tariq Ramadan
Professore di filosofia. Membro del Gruppo
dei Saggi
Noi abbiamo bisogno di una
migliore conoscenza di noi stessi e dell’altro.
L’Europa sta cambiando e ha
bisogno di conoscere le dinamiche della sua transizione; affinché il dialogo
sia fertile le società islamiche devono avere la percezione dei propri
cambiamenti, poiché non vi può essere fede senza evoluzione. La democrazie e il
processo di democratizzazione non possono però essere un modello imposto.
Io lavoro con le comunità islamiche europee su questioni
fondamentali quali la cittadinanza e come conciliare i fondamenti dell’Islam
con quelli europei.
Occorre, per tutti, una maggiore
libertà: è legittimo, per ogni civiltà, trovare la dinamica intrinseca per
avere una risposta a questo obiettivo. Occorrono attori nuovi ed un dialogo che
parta dall’interno delle società per arrivare a cambiamenti duraturi.
Il nostro obiettivo è creare
cittadini in uno spazio e l’Europa deve comprendere che è un processo lento e
complicato.
Sono molto colpito dalla storia
e dalla genesi della Fondazione Laboratorio Mediterraneo: la sua azione ha ed avrà
un impatto molto importante in questo processo.
di Walter Schwimmer
Segretario generale della Maison de la
Méditerranée
Non bisogna parlare di scontro delle civiltà, bensì di
scontro dell’ignoranza: di sé, della propria cultura e di quella dell’altro.
Bisogna perseguire la comprensione reciproca, la tolleranza e il dialogo.
Uno dei problemi da risolvere è il rapporto, e quindi il
dialogo, tra i Paesi dell’Est Europeo ed il Mondo musulmano.
Per questo credo che la scelta della Fondazione
Laboratorio Mediterraneo e della Maison de la Méditerranée sia molto
importante: lavorare all’interno del Processo di Barcellona ma soprattutto
esplorare nuove strade di integrazione - che sono, tra l’altro, in sintonia con
il Consiglio d’Europa e con le politiche di vicinato della stessa Unione – al
fine di creare nuovi partenariati e nuove dimensioni concentriche. La
dimensione Mediterranea – che coincide con la dimensione geografica ed alla
quale sono interessati 25 Paesi – quella Balcanica e così via.
Credo che in questo momento sia utile concentrarsi sul
Mediterraneo e, specialmente, sulle cose “in comune”, su quello che ci “unisce”
piuttosto che su ciò che ci divide. Dobbiamo essere capaci di ascoltare tutte
le voci degli attori coinvolti – esperti, politici, media – per abbattere gli
stereotipi e costruire una dimensione di dialogo duratura.
di James Piscatori
Professore in
Muslim Politics, Oxford Center for Islamic Studies, University of Oxford.
Per creare ponti, bridging, bisogna avere l’omogeneità
degli interlocutori, e superare l’ineguaglianza dei partner. Per questo nel
dialogo bisogna sviluppare tappe molto piccole, questo consente di trovare un
terreno comune.
Credo molto nell’azione che la Fondazione sta costruendo e
sono consapevole che uno dei rischi del dialogo è quello di costituire una
disuguaglianza tra i diversi interlocutori e partner. Per questo è necessario
trovare una grande uniformità ed omogeneità: bene ha fatto la Fondazione fino
ad oggi comprendendo, a tutti i livelli, quante più diversità è possibile.
Tutti noi dobbiamo avere ambizioni a medio termine ed
essere capaci, soprattutto, di proteggere le minoranze contro le disuguaglianze
e i particolarismi.
E’ importante il corretto uso
delle parole
di John
L.Esposito
Presidente
del Comitato Scientifico Esecutivo della FLM
Sono molto felice che tutte le persone invitate a far
parte di questo Comitato abbiano accettato con entusiasmo, anche se
diversissime tra loro: ci aiuteranno a far bene quello che “vogliamo” fare.
Sono italo-americano: i miei antenati provengono da Vico
Equense. Ho trascorso dieci anni in un monastero e conosco varie religioni: il
Buddismo, la Chiesa Cattolica Romana e, soprattutto, l’Islàm. Mi occupo di questo argomento da più di 40
anni.
Nella mia generazione l’Islàm era invisibile perché
nessuno voleva vederlo: l’11 settembre
ha aperto uno squarcio su questa dimensione e da allora possiamo –
dobbiamo – fare progetti sull’Islàm e per l’Islàm. Come quello che stiamo
iniziando grazie alla visione della Fondazione Laboratorio Mediterraneo alla
quale ho voluto subito assicurare il mio contributo.
Attori nel dialogo tra Mediterraneo, Europa e Islàm
significa soprattutto “comunicare” per “conoscersi” e per “dialogare”. Per
questo dobbiamo
ragionare non dei soliti convegni o conferenze in qui ci si parla
addosso spesso senza un nesso: noi stiamo discutendo su come creare un’azione
di “impatto” a livello globale e dobbiamo essere capaci di identificare le
questioni critiche in termini di coinvolgimento dei singoli individui.
Per prima cosa dobbiamo lavorare sui termini.
Molti dicono “Islàm e Occidente”: è profondamente
sbagliato e il termine più appropriato, in questo caso, è “Mondo Islamico - Mondo musulmano e Occidente”.
Cominciamo dalle fondamenta: dal corretto uso delle
parole.
Dieci anni al servizio del
dialogo e della Pace
di Predrag Matvejevic’
Presidente
del Comitato Scientifico Internazionale della FLM
Sono passati da poco 10 anni dall’inizio della nostra
Fondazione. Ci siamo trovati nel 1994 io, esule della ex Jugoslavia, Michele
Capasso, con una importante tradizione nel sociale, e Caterina Arcidiacono,
impegnata nei diritti delle donne: insieme abbiamo iniziato un’azione molto più
grande delle nostre forze. Ce l’abbiamo fatta grazie alla perseveranza e
all’impegno personale di Michele.
Non siamo stati sostenuti da nessuno tranne dalla nostra
libertà.
Non è un caso che il nostro primo Appello fu per la Bosnia
e per Sarajevo, fatto in modo non convenzionale e non conformista. Michele mi
ha mandato un mese a Sarajevo sotto le bombe e le pallottole per testimoniare
la nostra solidarietà: ero esule e senza soldi e da solo non ce l’avrei mai
fatta.
In questo modo si è creata la nostra rete di dialogo e solidarietà
che ha trovato un grande sostegno e riconoscimento nella base della società
civile e, invece, indifferenza nelle istituzioni che posseggono i mezzi per
sostenerla.
Vivo da 11 anni in Italia e questo Paese, tranne la
Fondazione Laboratorio Mediterraneo, non ha alcun altra istituzione che si
occupi con serietà di queste tematiche.
Dieci anni fa scegliemmo Napoli come sede perché questa
città ha sofferto molto e continua a soffrire ed ha bisogno di fiducia e di
sostegno. Potrei parlarvi molto più delle difficoltà incontrate che dei
sostegni a questa nostra azione. Un miracolo, progettato da Michele, ci ha
consentito di essere i protagonisti del dialogo euromediterraneo attraverso i
Forum Civili, le Conferenze euromediterranee, gli Appelli ed ancora seminari,
alta formazione, cinema, teatro, musica ed ogni altra forma in grado di
promuovere concretamente il dialogo tra le società e le culture del grande
spazio euromediterraneo.
Ho voluto evidenziare questa parte del nostro lavoro
perché non è visibile. Io la ritengo importante perché oggi, con tutti voi,
nasce qualcosa di importante: grazie a John Esposito, a Walter Schwimmer, a
Tariq Ramadan, Bichara Khader e Malek Chebel (con loro abbiamo lavorato nel
Gruppo dei saggi dell’allora Presidente Prodi), Wassyla Tamzali, Heba Raouf e
James Piscatori.
Con questa nostra azione apriamo un nuovo decennio
decisivo per l’Europa, il Mediterraneo e il Mondo Islamico in termini di
credibilità e unità. Il Mediterraneo ha
bisogno di “unità” per ricucire le tante lacerazioni che lo investono.
E noi, vogliamo lavorare per trovare i terreni condivisi e
condivisibili, saremo una voce per promuovere
pace e sviluppo condiviso.