IL DENARO

24 febbraio 2005

 

 

Mediterraneo, Europa, Islam: attori in dialogo

Fondazione Laboratorio Mediterraneo – Rilanciare il Processo di Barcellona per la Pace e lo sviluppo

 

di Caterina Arcidiacono e Michele Capasso

 
Nei giorni scorsi si è svolta a Napoli la Conferenza preparatoria per la  prossima azione pluriennale della Fondazione sul dialogo con l’Islam. L’incontro ha visto la presenza di John Esposito e Fabio Petito, rispettivamente  direttore  scientifico e segretario dell’azione, di Predrag Matvejevic’ (Presidente del Comitato Scientifico Internazionale), Walter Schwimmer (Segretario Generale della Maison de la Méditerranée ed ex Segretario Generale del Consiglio d’Europa), Claudio Azzolini (Vice Presidente del Consiglio d’Europa) e di molti prestigiosi membri di vari Paesi euro-mediterranei.
Tra questi sono stati invitati i componenti del Gruppo dei Saggi - costituito nel 2003 dall’allora presidente della Commissione Europea  Romano Prodi - per tracciare le linee principali su cui fondare il Dialogo tra le Culture; è il caso di Predrag Matvejevic’,  intellettuale bosniaco, esule prima in Francia e oggi docente alla Sapienza di  Roma, di Bichara Khader, palestinese e professore all’Università di Lovanio in Belgio, e del molto discusso interprete di una dimensione musulmana europea: Tariq Ramadan.

Si tratta di personalità che animano il dibattito internazionale e che, per la prima volta riunite tutte insieme a Napoli nella Maison de la Méditerranée,   costituiscono un vero confronto tra voci diverse che - proprio perché   finalizzate ad una valorizzazione nel senso più profondo dei diritti e della persona umana - hanno definito gli elementi nodali per un reale dialogo tra il Mediterraneo, l’Europa e l’Islam:  la necessità della mutua conoscenza e del mutuo rispetto.

L’incontro, al di fuori delle cornici istituzionali offerte da Istituzioni e Paesi, ha costituito  un reale Dia-logo ed un Colloquio tra punti di vista diversi – e in molti casi opposti – al fine di individuare quelle tracce di pensiero in grado di offrire un terreno comune su cui costruire uno spazio euro-mediterraneo condiviso ed un Mediterraneo di Pace. La presenza di voci diverse e la consapevolezza che l’ universo dell’Islam ha voci composite ha portato  alla denuncia dell’intollerabile, e al  riconoscimento del bisogno di cittadinanza e di democrazia.  Si è subito evidenziato che nel parlare delle società dell’ Islam e del loro rapporto con l’Europa  bisogna superare il blocco di facili stereotipie omologanti.  “I terroristi di Al Qaeda - ha affermato John Esposito - non sono l’ Islam e trovano riconoscimento solo in frange estremistiche. Il 99,99 % dei musulmani sono contro la lapidazione e il taglio delle mani”.

Un  ricco e sottile dibattito, in cui l’esigenza di costruire un effettivo dialogo ha richiesto di definire i termini del problema e la ricerca di definizioni comuni ha a sua volta portato all’inquadramento dei termini. In una sorta di brainstorming di gruppo, nominare gli oggetti del discorso è stata  la premessa dello stesso.

Infatti, quando si parla di Islam è necessario preliminarmente definire se si parla di una religione, di una dimensione identitaria, di una regola sociale.

La premessa del rapporto con le società della riva Sud, generalmente definito mondo musulmano,  richiede  come presupposto il  sapere di quale Islam stiamo parlando. Abbiamo un Islam politico che concerne i Paesi che ne riconoscono le regole come norme societarie; l’Islam inteso come consuetudine sociale; l’ Islam inteso come religione. Vediamo ad esempio che gli Stati Uniti hanno un’ampia comunità di religione musulmana, ma ciò non ha alcuna implicazione sulle regole sociali.

Allo stesso tempo se parliamo di Islam come religione, il tema  va posto in rapporto alle altre religioni mediterranee. Questo approccio ha immediatamente posto l’attenzione sui diversi fondamentalismi  religiosi che hanno dolorosamente attraversato le opposte rive; Schwimmer ha ricordato che  la storia e la memoria  ci narrano di intolleranze  di  diversa origine: l’Inquisizione,  l’Index  librorum che  non hanno certamente origine islamica. Predrag Matvejevic’ è intervenuto dichiarando che proprio in questi giorni   gli è stato intentato un processo da parte dei  “ talebani cristiani “  in Croazia per avere difeso la comunità musulmana locale.

Il tema dell’intolleranza religiosa ha immediatamente posto l’attenzione sull’uso strumentale delle dimensioni religiose, quando l’appartenenza religiosa viene invocata  per combattere “culture altre” o quando viene utilizzata come strumento di compensazione identitaria.

Punti nodali del dibattito il tema della laicità e della differenza  tra dialogo interreligioso e rapporto tra religione e norme sociali. Se per Tariq Ramadam la laicità deve permettere ad ognuno di esprimere il proprio credo religioso, Wassyla Tamzali  ha ribadito la differenza tra religione e laicità dell’ organizzazione sociale affermando che nell’Islam di oggi vi è mancanza di libertà individuale e personale e che, pertanto, rispettare le donne dell’ Islam nella differenza  significa avere pesi e misure diverse per le due rive. I diversi interventi affermano tutti  la necessità di democrazia, laicità e  cittadinanza, ma questo è solo un punto di partenza.

Una buona partenza per una azione difficile e complessa della Fondazione Laboratorio Mediterraneo. Una scelta di dialogo  e di libertà.

 

 

 

BOX

 

Manca il dialogo per le donne

 

di Wassyla Tamzali: Fondazione Laboratorio Mediterraneo, vice presidente del Forum  Internazionale delle donne Mediterranee .

 
 

Dov è il dialogo delle culture per le donne?  Il rispetto della cultura dell’altro/a non deve portare ad una tolleranza “morbida”.  Il dialogo non può e non deve portare ad accettare l’intollerabile: la violenza, la mancanza di diritti, ed il sopruso devono essere ovunque denunciati e combattuti.

Il sostegno della libertà di velo è un tradimento degli intellettuali di sinistra del diritto delle donne alla libertà e all’ uguaglianza. Con esso le donne sono ridotte ad  un corpo erotico da coprire.

L’esigenza di dialogo non può giustificare moratorie. Va sollevato il dibattito tra l’intolleranza e l’intollerabile. Non traumatizzare l’ Islam dice oggi la riva Nord, ma nessuna donna del Nord ha mai detto non traumatizzare la Chiesa Cattolica con l’aborto o il divorzio.

Le donne del Sud rivendicano il diritto ad essere  nella Storia e non accettano un Mediterraneo a doppia velocità, ove i diritti sono garantiti solo per le donne del Nord. Ciò significa che  la tolleranza verso l’altro proposta da un approccio relativista è abusiva.

La sfida è trovare nuove forme di dialogo e solidarietà che superino la tolleranza  abusiva. 

 

 

 

Il Ruolo chiave della Democrazia

 

di Heba Raouf Ezzat

Professore  di scienze politiche all’Università del Cairo

 

Il ruolo delle donne è fondamentale per la democrazia e per la libertà di parola. Non voglio parlare di femminismo, ma le donne devono avere una responsabilità politica nella società. Soprattutto in quella islamica. Ma bisogna considerare che l’Islam non è localizzabile e per questo preferisco utilizzare parole come “Spazio dell’Islam” e “tendenze culturali e islamiche”. Oggi esiste ancora una dicotomia tra laicismo ed il ruolo tra le diverse culture.

L’unica possibilità che abbiamo per creare la democrazia dall’interno e non imporla dall’esterno è esplorare gli obiettivi futuri e le nuove idee: concentriamoci sul futuro ed abbandoniamo i rancori e i pregiudizi del passato.

Io sono una donna egiziana e porto il velo: ciononostante mi piace discutere con voi; qui mi sento a casa e l’esperienza della Fondazione Laboratorio Mediterraneo è di assoluta rilevanza perché non delegittima nessuna voce. E’ qui, e non nelle istituzioni, il vero dialogo.

 

 

 

L’Informazione strumento per il dialogo

 

 di Mario Rosso Amministratore delegato dell’ANSA

 

E’ necessario scoprire il dialogo, non quale valore astratto, ma attraverso strutture che lo rendano possibile. La priorità è aprire a tutte le voci presenti nel Mediterraneo, uno spazio reale e virtuale in cui discutere ed essere tolleranti verso i diversi aspetti della verità. Aprire alle culture dell’ Islam vuol dire cercare di sviluppare la comprensione e l’ascolto reciproco.

Ansamed è un progetto culturale per il Mediterraneo: un’ agenzia istituita attraverso una rete di agenzie che collaborano nella interazione reciproca e nel rispetto delle diverse strategie e tradizioni culturali.

Il nostro obiettivo è testimoniare la verità: per questo abbiamo sottoscritto un protocollo di collaborazione strutturale con la Fondazione Laboratorio Mediterraneo, istituzione che ha dimostrato maturità di trasparenza e la disponibilità di una vera piattaforma di dialogo in cui ognuno è partecipe e nessuno escluso.

 

 

 

Conoscersi per dialogare

di Tariq Ramadan

Professore di filosofia. Membro del Gruppo dei Saggi

 

Noi abbiamo bisogno di una migliore conoscenza di noi stessi e dell’altro.

L’Europa sta cambiando e ha bisogno di conoscere le dinamiche della sua transizione; affinché il dialogo sia fertile le società islamiche devono avere la percezione dei propri cambiamenti, poiché non vi può essere fede senza evoluzione. La democrazie e il processo di democratizzazione non possono però essere un modello imposto.

Io lavoro con le comunità islamiche europee su questioni fondamentali quali la cittadinanza e come conciliare i fondamenti dell’Islam con quelli europei.

Occorre, per tutti, una maggiore libertà: è legittimo, per ogni civiltà, trovare la dinamica intrinseca per avere una risposta a questo obiettivo. Occorrono attori nuovi ed un dialogo che parta dall’interno delle società per arrivare a cambiamenti duraturi.

Il nostro obiettivo è creare cittadini in uno spazio e l’Europa deve comprendere che è un processo lento e complicato.

Sono molto colpito dalla storia e dalla genesi della Fondazione Laboratorio Mediterraneo: la sua azione ha ed avrà un impatto molto importante in questo processo.

 

 

 

E’ uno scontro dell’ignoranza

 

di Walter Schwimmer

Segretario generale della Maison de la Méditerranée

 

Non bisogna parlare di scontro delle civiltà, bensì di scontro dell’ignoranza: di sé, della propria cultura e di quella dell’altro. Bisogna perseguire la comprensione reciproca, la tolleranza e il dialogo.

Uno dei problemi da risolvere è il rapporto, e quindi il dialogo, tra i Paesi dell’Est Europeo ed il Mondo musulmano.

Per questo credo che la scelta della Fondazione Laboratorio Mediterraneo e della Maison de la Méditerranée sia molto importante: lavorare all’interno del Processo di Barcellona ma soprattutto esplorare nuove strade di integrazione - che sono, tra l’altro, in sintonia con il Consiglio d’Europa e con le politiche di vicinato della stessa Unione – al fine di creare nuovi partenariati e nuove dimensioni concentriche. La dimensione Mediterranea – che coincide con la dimensione geografica ed alla quale sono interessati 25 Paesi – quella Balcanica e così via.

Credo che in questo momento sia utile concentrarsi sul Mediterraneo e, specialmente, sulle cose “in comune”, su quello che ci “unisce” piuttosto che su ciò che ci divide. Dobbiamo essere capaci di ascoltare tutte le voci degli attori coinvolti – esperti, politici, media – per abbattere gli stereotipi e costruire una dimensione di dialogo duratura.

 

 

Creiamo ponti e abbattiamo i muri

di James Piscatori

Professore in Muslim Politics, Oxford Center for Islamic Studies, University of Oxford.

 

Per creare ponti, bridging, bisogna avere l’omogeneità degli interlocutori, e superare l’ineguaglianza dei partner. Per questo nel dialogo bisogna sviluppare tappe molto piccole, questo consente di trovare un terreno comune.

Credo molto nell’azione che la Fondazione sta costruendo e sono consapevole che uno dei rischi del dialogo è quello di costituire una disuguaglianza tra i diversi interlocutori e partner. Per questo è necessario trovare una grande uniformità ed omogeneità: bene ha fatto la Fondazione fino ad oggi comprendendo, a tutti i livelli, quante più diversità è possibile.

Tutti noi dobbiamo avere ambizioni a medio termine ed essere capaci, soprattutto, di proteggere le minoranze contro le disuguaglianze e i particolarismi.

 

 

 

E’ importante il corretto uso delle parole

di John L.Esposito

Presidente del Comitato Scientifico Esecutivo della FLM

 

Sono molto felice che tutte le persone invitate a far parte di questo Comitato abbiano accettato con entusiasmo, anche se diversissime tra loro: ci aiuteranno a far bene quello che “vogliamo” fare.

Sono italo-americano: i miei antenati provengono da Vico Equense. Ho trascorso dieci anni in un monastero e conosco varie religioni: il Buddismo, la Chiesa Cattolica Romana e, soprattutto, l’Islàm.  Mi occupo di questo argomento da più di 40 anni.

Nella mia generazione l’Islàm era invisibile perché nessuno voleva vederlo: l’11 settembre  ha aperto uno squarcio su questa dimensione e da allora possiamo – dobbiamo – fare progetti sull’Islàm e per l’Islàm. Come quello che stiamo iniziando grazie alla visione della Fondazione Laboratorio Mediterraneo alla quale ho voluto subito assicurare il mio contributo.

Attori nel dialogo tra Mediterraneo, Europa e Islàm significa soprattutto “comunicare” per “conoscersi” e per “dialogare”. Per questo dobbiamo ragionare non dei soliti convegni o conferenze in qui ci si parla addosso spesso senza un nesso: noi stiamo discutendo su come creare un’azione di “impatto” a livello globale e dobbiamo essere capaci di identificare le questioni critiche in termini di coinvolgimento dei singoli individui.

Per prima cosa dobbiamo lavorare sui termini.

Molti dicono “Islàm e Occidente”: è profondamente sbagliato e il termine più appropriato, in questo caso,  è “Mondo Islamico -  Mondo musulmano e Occidente”.

Cominciamo dalle fondamenta: dal corretto uso delle parole.

 

 

Dieci anni al servizio del dialogo e della Pace

di Predrag Matvejevic’

Presidente del Comitato Scientifico Internazionale della FLM

 

Sono passati da poco 10 anni dall’inizio della nostra Fondazione. Ci siamo trovati nel 1994 io, esule della ex Jugoslavia, Michele Capasso, con una importante tradizione nel sociale, e Caterina Arcidiacono, impegnata nei diritti delle donne: insieme abbiamo iniziato un’azione molto più grande delle nostre forze. Ce l’abbiamo fatta grazie alla perseveranza e all’impegno personale di Michele.

Non siamo stati sostenuti da nessuno tranne dalla nostra libertà.

Non è un caso che il nostro primo Appello fu per la Bosnia e per Sarajevo, fatto in modo non convenzionale e non conformista. Michele mi ha mandato un mese a Sarajevo sotto le bombe e le pallottole per testimoniare la nostra solidarietà: ero esule e senza soldi e da solo non ce l’avrei mai fatta.

In questo modo si è creata la nostra rete di dialogo e solidarietà che ha trovato un grande sostegno e riconoscimento nella base della società civile e, invece, indifferenza nelle istituzioni che posseggono i mezzi per sostenerla.

Vivo da 11 anni in Italia e questo Paese, tranne la Fondazione Laboratorio Mediterraneo, non ha alcun altra istituzione che si occupi con serietà di queste tematiche.

Dieci anni fa scegliemmo Napoli come sede perché questa città ha sofferto molto e continua a soffrire ed ha bisogno di fiducia e di sostegno. Potrei parlarvi molto più delle difficoltà incontrate che dei sostegni a questa nostra azione. Un miracolo, progettato da Michele, ci ha consentito di essere i protagonisti del dialogo euromediterraneo attraverso i Forum Civili, le Conferenze euromediterranee, gli Appelli ed ancora seminari, alta formazione, cinema, teatro, musica ed ogni altra forma in grado di promuovere concretamente il dialogo tra le società e le culture del grande spazio euromediterraneo.

Ho voluto evidenziare questa parte del nostro lavoro perché non è visibile. Io la ritengo importante perché oggi, con tutti voi, nasce qualcosa di importante: grazie a John Esposito, a Walter Schwimmer, a Tariq Ramadan, Bichara Khader e Malek Chebel (con loro abbiamo lavorato nel Gruppo dei saggi dell’allora Presidente Prodi), Wassyla Tamzali, Heba Raouf e James Piscatori.

Con questa nostra azione apriamo un nuovo decennio decisivo per l’Europa, il Mediterraneo e il Mondo Islamico in termini di credibilità  e unità. Il Mediterraneo ha bisogno di “unità” per ricucire le tante lacerazioni che lo investono.

E noi, vogliamo lavorare per trovare i terreni condivisi e condivisibili, saremo una voce per promuovere  pace e sviluppo condiviso.