"IL DENARO"

14 marzo 1998

Ancora morte nei Balcani

di Michele Capasso

Kiro Gligorov, Presidente della Repubblica di Macedonia, ce lo aveva anticipato durante la sua visita alla Fondazione Laboratorio Mediterraneo lo scorso 5 gennaio "Il Kossovo è una polveriera. Occorre che la comunità internazionale si attivi per consolidare, una volta per tutte, la pace nella nostra regione. I Balcani sono in Europa, non è possibile fermare la guerra solo in apparenza, bisogna creare condizioni di pace per una nuova grande Europa". Era commosso, Gligorov, quando lanciava questo monito. Oggi la tragedia bosniaca rivive nel Kossovo. Mercoledì 10 marzo 1998. Gli Albanesi del Kossovo piangono i loro morti le immagini raccapriccianti dei vari Tg ci mostrano gente che scava per recuperare le salme dei loro cari selvaggiamente uccisi e seppelliti senza rito musulmano. Ancora barbarie nel cuore dell’Europa. Perché?

Ne parlo con il professor Nullo Minissi:

Cosa pensi della situazione nel Kossovo

Quando la Jugoslavia era ancora unita sono passato per il Kossovo. Uscendone, ho detto a un’alta personalità politica del tempo le mie preoccupazioni per l’unità della Jugoslavia. La sua risposta fu "Professore non si preoccupi, abbiamo l’esercito per tenerci uniti". I fatti hanno dimostrato quanto quel politico (sia pure intelligente e collocato in posizione da conoscere bene le cose) si sbagliasse. Eppure lì c’erano in germe tutte le crisi future. Quando è cominciata la guerra di Bosnia, nessuno ha fatto riferimento al Kossovo. Ma è stato nel Kossovo che il nazionalismo serbo ha fatto le prime prove e costruito l’organizzazione concettuale e pratica per la politica razzista che poi è sfociata nella guerra di Bosnia. Occasionata da un evento in apparenza piccolo voluto dalla Repubblica slovena e provocato dalla colossale imprudenza di Kohl e Mitterand, la guerra ha esteso a basi più generali la politica razzista d’espansionismo e purificazione sperimentata nel Kossovo dai nazionalisti serbi. La allora Comunità europea si è rifiutata di capire la minaccia generale (che va oltre il Sud-Est europeo) della guerra di Bosnia e ha proposto delle soluzioni che accettavano, anzi davano per scontato, il principio razzista introdotto dai nazionalisti serbi e riesumato dalla tradizione della seconda guerra mondiale dai croati. In più si sono congiunti nuovi interessi estranei alla regione propaganda islamica proveniente dai Paesi arabi, interessi di commercio delle armi e della droga, banditismo dei "rivoluzionari" internazionali (specie francesi) etc. La radice ideologica di tutti quegli eventi tragici è stata forgiata nelle esperienze del Kossovo. Il problema del Kossovo si era posto alla nascita dello Stato federale jugoslavo, quando fu risolto dando al Kossovo lo statuto autonomo ma non la qualifica di repubblica. Quello statuto era fondato sull’avversione dei Serbi o sul sospetto. Si trattava infatti d’una soluzione cautelativa, poiché le repubbliche avevano il potere di decidere di uscire dalla Federazione, i territori a statuto speciale invece non avevano questo potere. Senza queste radici lontane non si capiscono gli eventi attuali. Radici ed orrori politici. Anche se va tenuto conto dell’allora rigidamente ortodosso ed espansionista Stato albanese, che però di fronte agli eventi kossoviani dell’epoca si è tirato indietro. La storia ufficiale è che gli albanesi del Kossovo erano pronti per l’insurrezione, perfettamente armati e inquadrati e con ospedali sotterranei. Di fatto è stata tutta una manipolazione dei nazionalisti serbi che avevano in zona tutti i poteri di controllo (partito, esercito, polizia). Per riassumere, il problema del Kossovo nasce da tre cause lontane, che risalgono alla formazione dello Stato jugoslavo, e che sono 1) le mire dei serbi 2) la sfiducia delle altre repubbliche federate nei confronti degli albanesi del Kossovo 3) il paradosso che la maggioranza degli albanesi dei Balcani non fa parte dello Stato albanese. La guerra di Bosnia è stata il primo sviluppo d’uno stato, d’una situazione basata sul sospetto e sulla politica iniziata dai Serbi nel Kossovo. Era dunque inevitabile che il problema del Kossovo risorgesse con virulenza quando la situazione bosniaca avesse raggiunto un equilibrio critico provvisorio e una specie di stallo.

Perché è risorto adesso

Non è risorto, è passato alla fase critica prima della grande esplosione.

Quale grande esplosione

Quella generale dei Balcani (cioè del Centro del Sud-Est europeo) che si sta preparando a causa dell’accettazione da parte dell’Occidente della visione razzista della politica. La Fondazione Laboratorio Mediterraneo ha voluto richiamare l’attenzione su questo pericolo mettendo in luce con il premio "Mediterraneo di pace" il Presidente Gligorov che sempre, prima ed ora, in ogni posizione che avesse al momento, ha fatto con la sua politica una diga contro i nazionalismi (a connotazione razzista) del Sud-est europeo. Purtroppo la allora Comunità europea, come l’Unione europea ora, non ha capito la situazione. I politici europei si fidano troppo dei burocrati e dei cosiddetti "esperti" invece di ricorrere a quei pochi studiosi che conoscono realmente la situazione. Lo scredito (giusto) della attuale università spiega in parte questa condotta un’altra spiegazione è la scarsa conoscenza generale riguardo a zone storicamente e socialmente disparate e complesse. Come allora, quando mi fu data quella risposta assurda sulla funzione dell’esercito (in mano ai Serbi) nella Jugoslavia, i politici europei hanno difficoltà di penetrare una storia e una sociologia che per essere intesa richiede l’integrazione di diverse discipline (linguistiche, storiche, filologiche) e una profonda conoscenza del presente e del passato.

Esiste una possibilità di arrestare il corso delle cose

Le possibili politiche d’indignamento ci sarebbero, nessuna di esse però mi pare prospettata dall’Unione europea.

Quali primi passi si potrebbero fare

Anzitutto dare credito alla Macedonia, la quale nel proprio territorio ha saputo finora gestire la multietnicità. Purtroppo negli ultimi anni movimenti (ufficiali) estremisti s’ingegnano di far crollare questa politica di uguaglianza dei cittadini voluta dall’inizio nella Macedonia indipendente. Attualmente il solo riparo pratico sono i pochi soldati delle forze dell’Onu (che vanno mantenuti e rafforzati, eventualmente estesi al Kossovo), insufficienti tuttavia e sottomessi talvolta a distorsioni politiche da parte della direzione onusiana da cui dipendono. Occorre poi che l’Unione europea abbia 1) una politica estera unitaria, invece di contrastarsi continuamente su tutto in ogni iniziativa internazionale 2) che questa politica estera sia illuminata dalla consultazione di quei pochi universitari europei che sono in grado di conoscere effettivamente le cose. Attualmente si naviga a vista, anzi alla cieca, troppo sicuri di sé come il "Titanic".