IL DENARO
FONDAZIONE LABORATORIO MEDITERRANEO: DIECI ANNI DOPO ANCORA UN APPELLO PER UNA
EFFETTIVA RAPPRESENTATIVITÁ DELL’EUROPA
di Michele Capasso
Il più efferato
massacro del dopoguerra in Europa si è consumato in Bosnia, a pochi passi da
casa nostra, ed ancora oggi pochi in Italia lo sanno. La stampa se ne è
occupata distrattamente ed il paese che più di tutti si sente depositario
dell’umanesimo ha dato prova di assoluto e colpevole disinteresse.
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A detta di molti la rapida caduta di Srebrenica rimane uno dei misteri più
controversi della guerra di Bosnia, tanto che alcuni autori, come Rohde,
parlano di collasso collettivo degli Usa, dell’Onu, della Gran Bretagna, della
Francia, del governo bosniaco, dei caschi blu olandesi e degli stessi difensori
musulmano-bosniaci della città. Le vicende che si svolsero dalla primavera
all’estate del 1995 furono un accavallarsi di cattive decisioni, errori
materiali, incertezze, negligenze, speculazioni politiche, inadeguatezza dei
vertici, imprudenze e quant’altro. Dalla primavera — estate del 1995, con le
immagini dell’eccidio di Srebrenica nel cuore - attraverso la Fondazione
Laboratorio Mediterraneo — ho rafforzato il mio impegno per il dialogo tra le
società e le culture del grande spazio euromediterraneo come prima risposta a
questa tragedia. All'inizio dell'estate del 1995 tutti sono convinti che la
guerra in Bosnia-Erzegovina stia per finire. Le forze in campo cercano a tutti
i costi di realizzare gli accordi sottoscritti tra il presidente della
federazione jugoslava, Slobodan Milosevic, il presidente della comunità
musulmana, Alija Izetbegovic e il presidente della Croazia, Franjo Tudjman, con
l'assenso delle potenze internazionali: il 51% del territorio della Bosnia ai
croato-musulmani e il restante 49% ai serbo-bosniaci. Unici ostacoli i
quartieri della capitale Sarajevo in mano ai serbi e le zone protette dall'Onu,
vale a dire Zepa, Gorazde, Biach e Srebrenica: enclave musulmana in un territorio
completamente in mano alla Repubblica Srpska e un tempo graziosa cittadina
termale e di minatori, nei cui dintorni vivevano dal 1993 circa 40.000 bosniaci
di religione musulmana, con una nutrita presenza di profughi e di persone
espulse da altre città e paesi della regione. L'assedio è duro e spietato,
mancano cibo e medicine e la popolazione è allo stremo; la presenza di un
contingente (francese prima e olandese poi) dell'Unprofor nella vicina
Potocari, costretto al non intervento dalle disposizioni internazionali,
garantisce solo che la città non capitoli definitivamente. Il 30 maggio 1995
l'Onu dichiara che le forze di interposizione dei Caschi Blu in Bosnia debbano
farsi da parte: una scelta fatale, che testimonia l’ambigua azione di questa
istituzione. Subito dopo l'esercito serbo-bosniaco, guidato dal generale Ratko
Mladic, inizia a bombardare la città. I Caschi Blu, obbligati al
non-intervento, cercano di convincere la popolazione musulmana ad arrendersi,
garantendo un intervento aereo della Nato che non arriverà mai. I
serbo-bosniaci, che nel frattempo sono riusciti a farsi consegnare i loro
armamenti dai Caschi Blu olandesi che temono una possibile rappresaglia nei
loro confronti, entrano in città l'11 luglio a bordo dei blindati bianchi
dell'Onu. La popolazione di Srebrenica si accorgerà dell'inganno troppo tardi.
Le due settimane successive vedono rastrellamenti, uccisioni, stupri e fughe in
massa di donne, vecchi e bambini, soprattutto verso Tuzla. Quasi 8.000 uomini
dai 14 ai 70 anni vengono fatti prigionieri dalle truppe del “macellaio”
Mladic: moriranno tutti. Divisi in gruppi di centinaia vengono trasportati a
bordo di camion nei centri vicini (molti a Zvornik), dove sono massacrati e
sepolti in fosse comuni in gran segreto. La città, ormai svuotata dei propri
abitanti, viene così presa d'assalto da famiglie serbo-bosniache, quasi tutte
profughi a loro volta, che alterano completamente la cifra etnica della
cittadina. Inizialmente negato dalle autorità serbo-bosniache e jugoslave, ciò
che è successo a Srebrenica è il più grave e grande massacro della storia
europea dalla fine della seconda guerra mondiale. Fino a oggi circa 6.000
vittime sono state ritrovate fra i boschi e in fosse comuni; nel “Memoriale di
Potocari”, al tempo stesso uno sterminato cimitero musulmano e un maestoso
monumento alla memoria presso Srebrenica, ne sono sepolte 989, mentre oltre
5.000 corpi esumati aspettano ancora i risultati dei test del Dna per essere
ufficialmente identificati dalla Icmp: la Commissione internazionale per le
persone scomparse di Tuzla diretta da Zlatan Sabanovic. I principali
responsabili, come il presidente della Republika Srpska Radovan Karadzic e il
suo generale Ratko Mladic, sono stati accusati dal tribunale dell'Aja come
criminali di guerra, ma sono attualmente latitanti, potendo contare ancora su
connivenze e protezioni. Solo Slobodan Milosevic, presidente serbo della ex
Federazione Jugoslava, è attualmente detenuto nella città olandese anche se, in
relazione a questo specifico capo di accusa, nega di aver avuto alcun ruolo nel
massacro. Ancora oggi Srebrenica è una città spettrale, dove i segni dei
bombardamenti e delle violenze sono tuttora visibili, dove mancano le
infrastrutture più basilari e dove l'economia è quasi del tutto azzerata. Il governo
ha comunque avviato un'opera di rientro graduale delle famiglie musulmane
sfollate, anche se il processo si rivela di non facile attuazione, a causa del
fatto che la maggior parte delle case non sono ancora state ricostruite.
Belgrado, 3 giugno 2005. I giornali titolano: “Otto persone arrestate per gli
eccidi di Srebrenica” e proseguono: “Sono paramilitari serbi mostrati in un
video risalente al 1995 mentre uccidono alcuni musulmani di Srebrenica. Lo ha
annunciato il premier serbo, Vojislav Kostunica. Il video è stato mostrato
durante il processo a Slobodan Milosevic in corso davanti al Tribunale
internazionale dell'Aja. Secondo Kostunica è un documento "terribile e
sconvolgente" e le Tv serbe, quella statale e quelle private, hanno
mandato in onda frammenti del video per tutta la giornata. L'operazione della
polizia serba è cominciata già l'altra sera (1 giugno 2005, ndr), subito dopo
la diffusione del video in cui si vede l'esecuzione di sei persone,
identificate come musulmani dell'enclave bosniaca di Srebrenica. Gli esecutori
sono paramilitari di un'unità speciale della polizia serba nota come
"Scorpioni". La procura di Belgrado sta lavorando a tamburo battente
all'identificazione degli assassini”. Un epilogo previsto. Un amico di
Srebrenica al telefono mi dice:
”Vorrei piangere, ma se lo facessi adesso dovrei non smettere mai. Così,
qualche anno fa, ho smesso di piangere e non spero più che qualcosa rinasca tra
questi cocci d’Europa”. Oggi, dopo il rifiuto francese ed olandese,
improvvisamente il “Re è nudo”. La lentezza del grande progetto politico
europeo, l’affermarsi di burocrazie suicide e le diffuse miopie politiche
legate ai particolarismi nazionali ed identitari rinnovano l’esigenza di
realizzare una grande azione politica la cui inadeguatezza ha già mostrato con
Srebrenica i danni. E’ un momento delicato della vita politica internazionale
nel quale gli effetti di quanto l’Europa non ha saputo e potuto fare devono
essere di monito a noi cittadini europei e mediterranei.
Le tappe del
genocidio
Gennaio 1993 - Naser Oric occupa con i suoi armati i territori musulmani nella
Bosnia serba.
7 gennaio 1993 - Le forze musulmane attaccano il villaggio di Kravica e
compiono atrocità sui civili serbi (70 civili uccisi). Il villaggio fu bruciato
e furono razziate le fattorie.
Marzo 1993 - L’esercito Serbo Bosniaco respinge le milizie di Oric e tenta di
occupare Srebrenica: 40.000 si riversano sulla città.
12 marzo 1993 — Consapevole del totale collasso di Srebrenica, il generale
francese Philippe Morillon, comandante Militare delle Nazioni Unite in Bosnia,
forza e supera le linee Serbe e raggiunge la città accerchiata senza permesso
dai suoi superiori; vede l’incubo di Srebrenica e dichiara formalmente “siete
ora sotto la protezione dell’ONU, io non vi abbandonerò”.
L’ONU organizza la fuga dei civili sotto le critiche internazionali per avere
assecondato la pulizia etnica voluta dai serbi allontanando i musulmani .
16 aprile 1993 - Con i Serbi che tentano nuovamente di prendere la città. Il
Consiglio di Sicurezza dell’ONU passa la risoluzione n. 819, dichiarando
Srebrenica e 30 miglia quadrate attorno alla città la prima “United Nations
Safe Area”.
Gennaio 1995 - Un battaglione olandese arriva a Srebrenica. Non appena giunti
nella base di Potocari, una vecchia fabbrica a 5 chilometri dalla città, sembra
essere una forza di occupazione formidabile per la difesa dell’enclave. Ma
nonostante l’apparenza il battaglione Olandese porta con sé problemi
decisionali, logistici e di organizzazione che i vertici dell’Onu bene
conoscevano.
Giugno - luglio 1995 - Pochi mesi prima della fine della guerra, le truppe
serbobosniache e i paramilitari serbi attaccano l'enclave musulmana di
Srebrenica, nel Nordest della Bosnia, una delle sei "città sicure"
protette dalle Nazioni Unite. Donne e bambini vengono deportati e circa 8.000
uomini adulti trucidati: il più grande massacro dalla fine della seconda guerra
mondiale.
7-06-2005