IL DENARO

28/06/2005

 

Euromed, per il sud un ruolo centrale

di Margherita Scarlato*

 

Il progetto del partenariato euromediterraneo, noto come “processo di Barcellona”, è partito dieci anni fa allo scopo di mantenere pace e stabilità nell’area attraverso riforme mirate ad intensificare il commercio e gli investimenti. Il primo passo previsto è la costituzione di un’area di libero scambio entro il 2010 tra i dodici Paesi del Mediterraneo (Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Israele, Giordania, Autorità Palestinese, Libano, Siria, Turchia, Cipro e Malta). Il passo successivo, in prospettiva, è la creazione di una zona di libero scambio euromediterranea.
Gli strumenti sono gli accordi di associazione, sostenuti finanziariamente dal programma Meda. In questo caso i cerchi concentrici hanno origine nell’Unione del Maghreb Arabo e nella dichiarazione di Agadir e si allargano attraverso la politica europea di vicinato, il blocco regionale euromediterraneo, la World Trade Organization (Wto). Le trattative si estenderebbero gradualmente da un gruppo di Paesi ridotto e omogeneo all’intera area del Mediterraneo. Una chiara indicazione in questo senso è l’approvazione del sistema del cumulo di origine PanEuroMed, che estende l’accesso preferenziale accordato alle merci di un Paese alle materie prime trasformate provenienti da altri Paesi dell’area Med.
Per le imprese europee tutto ciò significa accedere ad un mercato di 70 milioni di persone, un’area ancora poco attrezzata che richiede la realizzazione di infrastrutture nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni sotto l’egida del Meda e della Banca Europea per gli Investimenti (Bei). Inoltre è al vaglio della Commissione Europea la costituzione di una costola della Bei, una Banca di Sviluppo Euromed, per facilitare l’attrazione di investimenti esteri. Nel complesso, i fondi stanziati dall’Unione Europea (Ue) per il quinquennio 2006-2010 ammontano a 13 miliardi di euro, una somma di non poco conto considerando anche la deviazione ad est di parte dei Fondi Strutturali in seguito all’allargamento. L’occasione di un’integrazione Nord-Sud e Sud-Sud è di particolare interesse per le zone limitrofe, e dunque per il Mezzogiorno. Del resto le imprese meridionali già oggi realizzano flussi cospicui di import ed export con la sponda Sud del Mediterraneo. In sintesi, fatto pari ad 1 il valore medio nazionale, per il Mezzogiorno si calcola un indice di specializzazione delle esportazioni verso l’area del Mediterraneo pari all’1,46, un valore notevolmente superiore a quello registrato per tutti gli altri mercati di sbocco. Il vantaggio dello scambio con i Paesi mediterranei non discende solo dalla vicinanza geografica, ma anche dalle caratteristiche delle produzioni meridionali: le imprese di piccole dimensioni, specializzate in prodotti tradizionali, hanno maggiore possibilità di conquistare nicchie di mercato nel Mediterraneo rispetto ad altri mercati distanti e invasi da produzioni concorrenti provenienti da Cina o India. Dall’altra parte, i Paesi più arretrati possono trarre benefici dall’integrazione assorbendo cambiamenti tecnologici ed avviando processi di apprendimento e imitazione. Nelle attività coinvolte dal processo di Barcellona finora l’Italia è stata in realtà poco presente sia come governo nazionale sia come amministrazioni locali. Le giustificazioni non mancano, dalle tensioni nel Medio Oriente alla difficoltà di soluzione di problemi connessi a diritti umani, riforme politiche, migrazioni, solo per citare le questioni particolarmente scottanti. Tuttavia alcune istituzioni locali si sono dimostrate più attente di altre. Un esempio è fornito dall’attivismo della Promos, l’azienda speciale della Camera di Commercio di Milano, che ha avanzato la candidatura del capoluogo lombardo quale sede della costituenda Banca Euromediterranea. La città di Torino, a sua volta, ha acquisito una forte visibilità nel processo di decisione interno all’europartenariato grazie al conferimento della presidenza per il triennio 2005-2007 del gruppo Euromed di Eurocities, la lobby delle grandi città europee nel contesto Ue.
Veniamo al futuro. Le Regioni meridionali dovranno adoperarsi intensamente per affermare in modo unitario e deciso il ruolo centrale del Mezzogiorno come ponte tra l’Europa e il Mediterraneo. Il colpo di pistola che dà l’avvio alla corsa è stato sparato con la VII Conferenza Euromediterranea dei Ministri degli Affari Esteri, tenuta il 30-31 maggio a Lussemburgo. La tappa successiva sarà Barcellona, che il prossimo novembre ospiterà una Conferenza straordinaria per celebrare il 2005 come “Anno del Mediterraneo”. Il momento di passare alle proposte concrete è dunque arrivato. Con la consapevolezza che il cammino sarà lungo, una maratona che richiederà molta tenacia. Anche da parte delle istituzioni che “competono” per il ruolo di portavoce del Mediterraneo: la Fondazione Laboratorio Mediterraneo, le reti di istituti di ricerca Euromesco e Femise, l’Osservatorio Mediterraneo della Fondazione Di Vittorio della Cgil, la rete delle reti (sic) Fondazione Anna Lindh ecc. ecc. e forse, chissà, il ”grande Osservatorio del Mediterraneo”, che il Governatore Piero Marrazzo propone di costituire presso la Regione Lazio.

*professore di Economia Politica, Università Federico II di Napoli