IL MATTINO
24 luglio
2005
L’attentato dell’altra notte a Sharm el
Sheik arriva proprio nel momento in cui ci si interroga sulla natura ideologica
o politica della nuova ondata di terrorismo. Solo, infatti, una corretta
analisi del fenomeno può permettere di comprenderne la dimensione e mettere a
fuoco la strategia di contrasto. Da una prima lettura della dinamica
dinamitarda balza agli occhi la simbologia che gli attentatori hanno voluto
colpire. Sharm è conosciuta come città della pace essendo divenuta negli ultimi
tempi sede di importanti conferenze per la ricerca di sbocchi politici alle
crisi della regione. L'appuntamento più recente risale all'8 febbraio di
quest'anno quando ho testimoniato in diretta il grande sforzo egiziano di
costruire una rinnovata fiducia. Su invito del presidente Mubarak si riunirono
nella suggestiva cittadina del Mar Rosso oltre al leader egiziano, re Abdullah
di Giordania, il primo ministro israeliano Sharon e il presidente dell'autorità
palestinese Abu Mazen. Colpí l'opinione pubblica internazionale la famosa
passeggiata nelle strade di Sharm del primo ministro Sharon accompagnato dal
rais. La riunione al vertice si era appena conclusa con risultati sicuramente
utili a riprendere il filo del dialogo tra palestinesi e israeliani. Molti
videro in quell'atto inusuale, la decisione di Mubarak di dare visibilità e
nettezza alla sua scelta in favore della riconciliazione. Quello spirito di
riconciliazione che l'Egitto si sforzò di ricreare tra le forze irachene
convocando, il 23 novembre del 2004, una conferenza del G8 e di alcuni paesi
arabi con lo scopo di propiziare il rispetto del calendario fissato dalla
risoluzione Onu 1546 per la transizione democratica del paese. Quale
manifestazione della violenza che cerca di opporsi al dialogo vi era stato il 7
ottobre del 2004 il tragico attentato di Taba, dove, si ricorderà, avevano
perso la vita le sorelle Jessica e Sabrina Rinaudo. Ed è curioso che proprio
per questi giorni era fissato l'inizio del processo contro i presunti autori.
Che in quell'attentato, al di là delle rivendicazioni, vi fosse la mano di Al
Qaida furono in molti a sospettarlo. E ancora più numerosi sono oggi coloro che
vedono nell'attentato dell’altra notte a Sharm la regia sottile dell'organizzazione
di Bin Laden. Con l’attentato di Sharm è indubbio che la strategia eversiva ha
fatto alzare di un palmo la tensione sia per la vocazione a cittá della pace di
Sharm sia per l'impatto negativo che gli architetti della nuova strage
vorrebbero si producesse nell'economia egiziana. Dagli attentati di Sharm
appare evidente che se il ricorso al terrore aumenta ogni volta che affiorano
sviluppi positivi nelle soluzioni di pace, vuol dire che a spingere il braccio
della violenza non sono motivazioni politiche, bensì pulsioni di cieco
sovvertimento. Ma sarà la comunità internazionale disposta a lasciarsi
sopraffare? I governi e la società civile danno indicazioni che vanno in senso
del tutto opposto. Ho parlato con i principali tour operator dell'Egitto e ho avuto
conferma delle valutazioni del console italiano da subito presente a Sharm e
cioè che dopo il comprensibile, iniziale sconcerto i nostri turisti - nella
stragrande maggioranza - hanno manifestato il desiderio di non lasciare subito
l’Egitto. E questo è segno di maturità ed elevato senso civico nel dolore per
le tante vittime innocenti tra cui un nostro connazionale. Un controsegnale,
come già avvenuto a Londra, della determinazione a non lasciarsi intimidire da
coloro che pensano, a torto, di seminare il terrore per raggiungere i propri
fini scellerati.
Antonio Badini
* Ambasciatore al Cairo