31 agosto 2005
di Michele Capasso*
La Fondazione Laboratorio Mediterraneo ha, sin dal 1994,
sostenuto il ruolo della Turchia quale Paese-chiave di quello che oggi, con
spirito visionario, chiamiamo Grande Mediterraneo, sottolineando, in ogni sede
e con ogni strumento - convegni, seminari, appelli, articoli - la
indispensabilità della sua adesione all’Unione Europea come premessa per
giungere ad una integrazione culturale, sociale ed economica dell’area e, conseguentemente,
ad una prosperità condivisa nella stabilità e nella pace.
Oggi questa adesione è ancora di più indispensabile: per la Turchia e per
l’Europa.
Il modello di laicità della Turchia, l’aver separato la religione
dall’ordinamento dello Stato e, allo stesso tempo, l’aver considerato l’Islàm
come identità socio-culturale indipendente dalla politica, costituiscono una
risorsa ed una speranza indispensabili per l’Europa e per la pacificazione
dell’intera Regione mediorientale. Un esempio da indicare a coloro che,
rifugiandosi dietro la politicizzazione della religione, spesso alimentano
terrorismo e fondamentalismo.
Ormai da troppo tempo il Mediterraneo è percorso da tensioni, crisi e conflitti
che hanno lacerato il tessuto di una convivenza pacifica e prosperosa. La
ricorrente recrudescenza del terrorismo ed il rischio di una frattura fra chi
crede nel dialogo e chi va dritto allo scontro di civiltà impone un accresciuto
impegno di Governi ed istanze della Società Civile per promuovere quella che
nel nostro programma definiamo una “Grande Coalizione di valori e d’interessi
condivisi”.Le numerose iniziative intraprese per la pacificazione e lo sviluppo
dell’area sinora hanno prodotto progressi parziali e inadeguati.
Le stagioni della speranza che la Regione ha conosciuto istituzionalmente nel
Partenariato euromediterraneo (attivato nel 1995 dall’Unione Europea con il
Processo di Barcellona e del quale quest’anno celebriamo il Decennale) ed in
altre iniziative oggi si trovano in una fase di stallo ed hanno prodotto
progressi parziali ed inadeguati.
L’adesione della Turchia all’Unione Europea è ostacolata soprattutto da
politici e burocrati imprigionati da timori che hanno radici antiche nella
storia del nostro lontano passato e che rallentano questa necessaria
opportunità di dialogo tra società, culture e religioni diverse all’interno di
un quadro istituzionale del quale la Turchia ha diritto a far parte.
Nel progetto di un Grande Mediterraneo soggetto storico e strategico - il cui
sviluppo è indissolubilmente legato all’Europa, ai Paesi del Medio Oriente, del
Golfo e del Mar Nero - la Turchia - a cavallo tra Europa e Asia e nel suo corso
storico, come adesso, strettamente connessa con l’Europa, il Mediterraneo, il
Medio Oriente e l’Asia centrale - ha una posizione chiave.
La Turchia potrà e, dunque, dovrà svolgere una grande opera di connessione e
progresso se sarà rapidamente accolta nell’Unione Europea e se l’Europa, tutta
insieme, sarà consapevole della vitale funzione che la Turchia può svolgere in
questo delicato momento storico.
Il dialogo, il diritto internazionale, lo spirito di equità, il rispetto della
diversità e la forza della comprensione sono gli strumenti perché il millennio
iniziato con sofferenze e miserie si riscatti in un'epoca di solidarietà e di
giustizia.
Per conseguire questo obiettivo vitale per il nostro futuro rinnoviamo l’
appello trasmesso il 20 gennaio 2005 ai Governi dell’Unione Europea affinchè
riducano i burocratismi sterili ed agevolino, in tempi brevi, il processo di
adesione della Repubblica di Turchia nell’Unione Europea.
*presidente
della Fondazione Mediterraneo