di Caterina Arcidiacono*
L’ingresso della
Turchia nell’Ue rappresenta una svolta storica. Se riuscirà, l’Unione avrà
dimostrato al mondo di essere davvero, senza ombra di dubbio, un’entità multiculturale
e multireligiosa, capace di assorbire e “metabolizzare” le diversità (in una
stagione della storia caratterizzata da radicalismi e fondamentalismi), e di
svolgere un ruolo geopolitico importante anche al di fuori dei suoi confini
“naturali ” e nella prospettiva del progetto del “Grande Mediterraneo” lanciato
dalla Fondazione Mediterraneo. Per l’opinione pubblica il punto fondamentale è
che con la Turchia entrano nell’Unione circa 70 milioni di musulmani: fatto che
ha sollevato da più parti inquietudini e ostilità. Va detto tuttavia che — sul
piano politico - l’allargamento alla Turchia è stato frenato piuttosto da altre
considerazioni, di carattere politico piuttosto che culturale e religioso.
In sintesi, il dito è stato (e resta puntato)su tre questioni: il grado reale
di democraticità del Paese; la questione curda;la questione di Cipro. I
negoziati non a caso si erano sbloccati quando la Turchia si era impegnata a
firmare il Protocollo con cui si estende ai 10 nuovi membri dell’Ue, tra cui
Cipro (la parte greca),l’accordo di associazione all’Ue.
Erdogan ha potuto cantare lo stesso vittoria in quanto non si è piegato al
diktat della bozza che gli chiedeva di firmare subito, e ha tenuto a precisare
che “non si tratta assolutamente di un riconoscimento” del governo di
Nicosia,anche perché il Protocollo sarà modificato per tenere in considerazione
le riserve di Ankara sulla situazione nel nord dell’isola, quella turca. Per
quanto riguarda la questione curda, la totale chiusura del passato (quando la Turchia
negava l’esistenza stessa dei curdi,e le province dell’Anatolia orientale erano
teatro di una durissima repressione) ha lasciato oggi il posto ad un
atteggiamento più aperto, democratico e pragmatico, in gran parte proprio
grazie alle riforme richieste ad Ankara dalla Ue che in questi giorni trovano
il loro inizio. Non a caso l’80 per cento dei curdi sono favorevoli
all’ingresso della Turchia nell’Unione.
Sul piano della democrazia l’organizzazione Human Right Watch — una delle più
importanti a livello internazionale per quanto riguarda il monitoraggio dei
diritti umani - sostiene che “la situazione attuale della libertà di
stampa,della libertà religiosa e del rispetto delle minoranze è lontana
dall’essere perfetta”, anche se sono innegabili “continui miglioramenti”.
In particolare, l’organizzazione fa notare che in Turchia ci siano ancora
persone imprigionate per reati d’opinione e la tortura sia ancora praticata in
molte carceri. Infine, rimane aperto il problema dei profughi curdi (circa
380mila)fuggiti dalle loro case durante gli scontri fra gli indipendentisti e
il governo di Ankara durante gli anni’90. D’altra parte, da quando è iniziato
il cammino di avvicinamento alla Ue, sono state attuate nel Paese importanti
riforme in campo giuridico e civile,tra cui l’abolizione della pena di morte,
il riconoscimento delle minoranze, il bando della tortura: resta ancora molto
da fare in termini di diritto di famiglia e di tutela dei diritti delle donne.
La Turchia rimane inoltre uno dei Paesi più filoccidentali dello scacchiere
mediorientale, e gioca nella regione un ruolo politico di primo piano.Il suo
ingresso nell ’Europa, quindi, dovrebbe favorire un ulteriore consolidamento
del suo ruolo di “ponte” fra Europa e Asia, e fra mondo cristiano e musulmano.
Sul piano economico,infine,analisti finanziari hanno quantificato in 208
miliardi di dollari il beneficio che il paese può ottenere attraverso
investimenti stranieri grazie all’ok di Bruxelles.
La Turchia, inoltre, con l’ingresso nella Ue, potrebbe beneficiare di 55
miliardi di dollari provenienti dai sussidi comunitari. Naturalmente questo
comporterà una riduzione delle disponibilità economiche per gli altri
Paesi,visto che l ’eco- nomia turca, pur in espansione (la crescita annua del
7,9 per cento annuo), resta al di sotto degli standard medi europei.
Se il presidente francese Jacques Chirac ha detto di prevedere un cammino
difficile verso l’adesione e Girard d’Estaing, promotore della Costituzione, ha
manifestato a più riprese la sua contrarietà e il cancelliere austriaco
Wolfgang Schuessel ha annunciato un referendum sull’ingresso di Ankara, il
premier olandese Jan Peter Balkenende, ha affermato che “è stata scritta una
pagina di storia”. Per il premier britannico Tony Blair l’intesa “dimostra che
quanti credono in uno scontro di civiltà tra cristiani e musulmani si
sbagliano,perché possiamo lavorare e cooperare insieme”.
Silvio Berlusconi ha rivendicato “la determinante partecipazione “dell’Italia
alle trattative che hanno portato al via libera di Bruxelles, ma anche ai
negoziati di adesione con la Croazia e al futuro ingresso nell’Ue di Bulgaria e
Romania. In Germania (Paese che ospita circa 3 milioni di emigrati turchi) il
governo Schroeder sostiene la richiesta turca,ma opinione pubblica e
opposizione hanno opinioni diverse.In un recente sondaggio del settimanale
Stern il 55 per centodei tedeschi si sono detti contrari ad una Turchia
europea. Molto schematicamente,Gran Bretagna, Italia, Spagna, Portogallo,
Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Irlanda sono i paesi più
favorevoli all’allargamento.Incerte e diversificate le posizioni degli altri
membri, con punte di accesa contrarietà per l’Austria e il Lussemburgo. Ma i
turchi cosa ne pensano? Gli ultimi sondaggi indicano che i cittadini sono sempre
più favorevoli all’entrata in Europa:oggi il 75 per cento dei turchi appoggia
la posizione del premier Erdogan, contro il 67 per centodi un anno fa.
In questo scenario giunge oggi a Napoli il Premier Erdogan per sostenere il
nostro progetto del Grande Mediterraneo.
Una sfida e un impegno che ci vede al fianco della Truchia per un’Europa unita
nei diritti fondamentali, nello sviluppo condiviso e nella pace.
*vicepresidente
della Fondazione Mediterraneo