"IL DENARO"

24 marzo 2001

REPUBBLICA DI MACEDONIA TRA FUTURO E MEDIOEVO

Bisogna evitare la distruzione della Repubblica Balcanica e nuovi eccidi

di Michele Capasso

Napoli, 5 gennaio 1998. Il presidente della Repubblica di Macedonia Kiro Gligorov visita la nostra Fondazione per ritirare il "Premio Mediterraneo di Pace", a lui attribuito per aver saputo trasformare la sua nazione in uno Stato multietnico, consentendogli di rimanere escluso dalla guerra etnica jugoslava che in Croazia, Bosnia, Serbia e Kosovo ha seminato terrore, stragi, vittime.

In quell’occasione, con un discorso di alto valore politico, Gligorov gettò le basi per la costituzione di un patto di pace e stabilità nei Balcani, avvertendo sull’improrogabile necessità di un coinvolgimento politico dell’Unione europea nella regione, al fine di evitare che "bande di assassini", politicizzando la religione, potessero aizzare le fiamme dell’odio e trasformare le differenze di fedi, culture e tradizioni da risorsa in elemento di lotta e distruzione reciproca.

Skopje, 28 settembre 1999. Inauguriamo la sede della nostra Fondazione in quella città. Kiro Gligorov, alla fine del suo mandato presidenziale, ne diventa membro autorevole e ci consegna un messaggio lungimirante: chiede, quasi come suo testamento morale e politico, che la Fondazione assicuri il dialogo e protegga la multietnicità che, con grande fatica, è stata assicurata nella piccola repubblica attraverso un delicato equilibrio tra serbi ed albanesi. Decidiamo, in quell’occasione, di lavorare per giungere ad una grande conferenza dei Balcani, alla quale far partecipare Capi di Stato, esponenti del mondo economico, culturale e scientifico: il titolo dell’incontro internazionale è "Balcani, un nuovo millennio: cultura, scienza, politica ed economia insieme per la pace ed il progresso condiviso". Questo incontro, che ha richiesto un grande lavoro preparatorio da parte della Fondazione e dell’Accademia del Mediterraneo, si svolgerà a Skopje il 25 e 26 maggio prossimi. Se non vi saranno altri momenti bui nella storia dei Balcani, della Macedonia e dell’intera Europa.

Quello che accade oggi in Macedonia era piú che prevedibile.

Per capire bisogna risalire lontano, all’epoca della Jugoslavia unita del "dopo-Tito", quando nella zona albanese si maturavano gli eventi precipitati qualche anno dopo. Allora Nullo Minissi, slavista italiano e direttore scientifico della nostra Fondazione, aveva avvertito la personalità politica al momento piú importante del rischio che si preparava. La risposta fu:"Non si preoccupi professore, abbiamo l ’esercito che ci terrà uniti ".Sulla base di questa sicurezza e della conseguente inerzia si è lasciata degradare la situazione.

Si è costituito allora lí un nucleo ideologico a due facce che si contrapponevano a specchio: il mito della "Grande Serbia " e quello della "Grande Albania".

Su questi miti si sono innestati altri interessi: economici (la zona in litigio è ricca minerariamente), politici, la presa di potere d ’un partito sciovinista e espansionista e altri piú oscuri (il Kosovo è il porto da cui la droga del Medio Oriente va alla Germania e alla Francia. Questo porto, prima gestito da organizzazioni turche, è passato in mano a Kosovari).

La politica di Kohl ha aiutato a far precipitare il secessionismo (iniziato dagli Sloveni che già sulla fine dell’epoca di Tito ritenevano di pagare piú di quanto ricavato dalla Federazione jugoslava), preso poi in mano dai movimenti nazionalisti serbo e croato sorto sulla stessa onda. Infatti l ’ideale di espansionismo sulla base del principio etnico (presunto o reale)si era esteso dalla zona d ’origine ricordata fino alla Croazia. Gli eventi risultati sono noti. La conclusione di essi è stata una posizione equivoca delle potenze occidentali verso la Serbia e verso il Kosovo. Soprattutto le potenze occidentali non hanno messo un punto fermo al movimento "albanese ",questa forza guerrigliera di cui sono oscure le fonti economiche, ma chiare le finalità. Morto il mito della Grande Serbia esplode con esse quello della Grande Albania. Le finalità che sono dietro questo mito sono dubbie, come non sono chiare le fonti di finanziamento. Va però messo in evidenza che non ci sono alla base sostegni di tipo religioso musulmano. Ghedafi, che per alcuni anni, già all ’epoca della Jugoslavia unita, aveva finanziato in Macedonia un gran numero di moschee, non ha attualmente dato alcun sostegno né diretto né indiretto.

Alla dissoluzione della Jugoslavia la Macedonia ha assunto una posizione di eccezione. Unica nei Balcani essa ha votato una costituzione che non distingue differenze etniche e dà a tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri. La cultura albanese è rappresentata alla stessa stregua della macedone- con teatri, organizzazioni, centri culturali – e i cittadini macedoni di origine albanese, arumena, turca o slava hanno gli stessi accessi alla cariche pubbliche e alle posizioni amministrative e universitarie. Il massimo romanziere attuale, tradotto in 36 lingue, è un albanese che scrive in macedone ed

è stato a lungo diplomatico e ora insegna all ’università. Tutto ciò è stato merito di

Kiro Gligorov (perciò "Premio Mediterraneo di Pace 1998", come prima accennato).

Alla prima costituente, da una posizione di minoranza, è riuscito a ottenere nell ’ultima mezz ’ora una maggioranza schiacciante a favore d ’uno Stato multietnico.

La Macedonia è stata fragilizzata dal tardo riconoscimento occidentale, dalla polemica sul nome su cui si è speculato in Grecia (il capo del Governo greco lo riconosceva in privato) per ragioni elettorali. La Macedonia unita è anche un intralcio sulla via della droga e Gligorov è stato oggetto di un attentato a cui è sopravvissuto e che non si è voluto tuttora troppo chiarire.

La fine della presidenza Gligorov ha rappresentato il terreno fertile per una nuova speculazione nazionalistica sulla quale si è innestata la guerriglia venuta prima dai confini albanesi (ma al solo scopo del commercio della droga) e poi dal Kosovo a fini che non sono chiari.

L’argomento dei guerriglieri per convincere gli albanesi di Macedonia è il seguente:"Guardate il Kosovo: ha raggiunto l ’indipendenza. Con il terrore la raggiungeremo anche noi ".L ’argomento è sbagliato perché il Kosovo ha raggiunto un ’equivoca indipendenza solo in quanto era la vittima e non l ’aggressore; essi sono gli aggressori ma sostengono che possono ottenere gli stessi risultati di quella vittima. La responsabilità dell’Unione Europea e degli USA è evidente: non hanno mandato un messaggio chiaro e la NATO tarda ad intervenire. Del resto già alle ultime elezioni in Macedonia, quando in molti villaggi albanesi esse si sono svolte sotto il controllo armato degli estremisti, gli osservatori occidentali hanno deciso di non sollevare obiezioni. La fine della Macedonia come Stato multietnico significherebbe l’inizio di una generale destabilizzazione e un’ intensificazione del potere delle organizzazioni criminali. Una debolezza che la "Grande Europa" che si apre ad Est non può consentirsi.