"IL MATTINO"

4 gennaio 2001

 

 

IL MEDITERRANEO ALLE SOGLIE DEL NUOVO MILLENNIO

Lo splendore e la miseria del Mare Nostrum

di Predrag Matvejevic e Michele Capasso

La Conferenza di Barcellona tenutasi alla fine dell’anno 1995 ha risvegliato molte speranze: esse si sono rivelate, in gran parte, illusorie. Da varie parti, si possono costatare "i fallimenti" di questa impresa dell’Unione Europea.

Occorrerebbe forse meglio distinguere: da una parte la Conferenza stessa, di cui alcuni progetti non mancano né di rilievo né di buona fede, e dall’ altra i suoi risultati, piuttosto modesti o irrilevanti. Nel momento in cui la Francia si preparava a prendere il timone dell’Unione europea lo scorso mese di luglio, il suo Presidente ha annunciato lo svolgimento della IV Conferenza dei ministri degli Esteri dei Paesi euromediterranei a Marsiglia il 15 e 16 novembre 2000. Egli ha sottolineato ancora una volta le insufficienze del Processo di Barcellona promettendo una politica più sostanziale diretta agli abitanti del Mare Interno. Varie riunioni sono state organizzate nelle città mediterranee sia in Europa che in Africa. Il 24 novembre si terrà a Barcellona un’altra conferenza.

La fine dello scorso secolo ha visto il Mediterraneo emarginato, come raramente era accaduto nei due scorsi millenni. Un divario si verifica persino fra il Sud del Mediterraneo e il continente europeo. Un’antica frattura si accentua tra la Riva Nord e quella Sud. Alcuni considerano responsabili di un tale stato di cose l’Occidente e la sua politica economica più diretta verso il potenziale mercato dell’ex-Europa dell’Est piuttosto che verso quelli del Sud o del Levante; altri danno la colpa all’inerzia dei paesi islamici; altri ancora trovano altre ragioni.

Per l’Unione Europea il Mediterraneo non ha rappresentato che un interesse di second’ordine. In futuro ciò potrebbe comportare conseguenze poco auspicabili: costruire "un Europa senza la culla dell’Europa". I quattro paesi membri di quest’Unione che si affacciano tutti sul nostro mare non sono riusciti a definire le loro rispettive politiche mediterranee. Ancor meno sono riusciti a concertare i loro modesti sforzi di fronte a una griglia di lettura continentale approfittando delle loro posizioni spesso incongrue o rassegnate.

Ciò continua a produrre nel Sud e ai confini del Bacino ogni sorta di frustrazioni, a volte anche fantasmi.

Siamo stati testimoni di tante speranze deluse prima ancora della Conferenza di Barcellona. Molte decisioni riguardanti la sorte del Mediterraneo sono state prese fuori da esso, senza di esso. Occorre ricordare ancora una volta tutti i piani delineati o firmati in diverse "Capitali del Mediterraneo" – Venezia, Atene, Genova, Marsiglia, Tunisi, Split, Palma di Maiorca, Napoli, Malta etc. – prima e dopo il famoso PAM (Piano di Azione per il Mediterraneo) e il "Piano Azzurro" di Sophia-Antipolis che schiudeva "l’orizzonte dell’anno 2025"? Una certa luce comparsa nel 1995 a Barcellona presto ha perso la sua intensità e ha cominciato ad affievolirsi (ci auguravamo allora di sbagliare su quel punto.). Lo stesso discorso sul Mediterraneo, pur amplificandosi e rafforzandosi con varie metafore, diventa sempre meno credibile. Alcuni termini particolarmente ricorrenti, a Barcellona ed altrove – scambi, partenariato, solidarietà, interdipendenza,ecc. - rischiano di essere semplici passe-partout.

Il Mediterraneo rimane uno stato di cose, senza diventare un progetto – una serie di progetti reali e realizzabili. In questo largo spazio, un identità dell’essere, radicato e a volte invadente, sorretta da numerose tradizioni e particolarità, si vede privata di un’identità del fare adeguata. Così, ai confini con le nostre rive, la progettazione vince sulla prospettiva, la nostalgia sul realismo. Il passato grava sul presente, l’avvenire rassomiglia più all’immagine del primo che non a quella del secondo.

La costa del Sud è stata costretta ad armarsi con riflessi di autodifesa e di diffidenza. Non si è ottenuto un grande profitto dai programmi spesso annunciati e spesso disattesi.

Alcuni discorsi sulla "Mediterraneità" sono percepiti in modo particolare in ambienti tradizionalisti, come una sorta di ideologia o di intenzioni post-colonialiste. La costa africana si ritrova in una posizione che si identifica al Sud, senza tenere conto che c’è, sulla costa del Nord, un tutt’altro Sud, anch’esso abbastanza abbandonato nonostante la sua appartenenza all’Europa.

Il Mediterraneo ha affrontato con molto ritardo la modernità conservando nel suo immaginario una centralità che gli era una volta attribuita mentre in realtà quest’ultima andava spostandosi in direzione di altre zone del pianeta. E’ questa una delle ragioni per le quali non ha vissuto sotto tutti i suoi aspetti una reale laicità. Tante volte abbiamo potuto constatare le conseguenze di un difetto del comportamento laico al di fuori del campo della fede, nei riguardi di un’idea religiosa della nazione, oppure un’ideologia diventata credenza e dogma.

Ritroviamo alcuni di questi fenomeni che provocano numerosi conflitti su varie rive e in vari Paesi: Palestina, Libano, ex-Jugoslavia, Algeria, Cipro, Kosovo, Albania, etc.

Il bacino del Mare Nostrum spesso rassomiglia ad un enorme anfiteatro dove a lungo si è recitato lo stesso repertorio al punto che gesti e parole degli attori sono diventati prevedibili e tristemente noti.

Occorre liberarsi da alcune idee che peccano per ogni sorta di iperbole o di utopie: ad esempio, da quelle che invocano il simulacro di una cultura mediterranea tanto omogenea quanto integrativa. Non esiste che sotto forme rudimentali e non potrebbe pretendere purtroppo altro che un supporto fragile. Vi sono varie culture in seno a un unico Mediterraneo. Sono caratterizzate da tratti allo stesso tempo simili e diversi, raramente uniti e mai identici. Le loro similitudini sono dovute alla prossimità di un mare comune e all’incontro sulle sue rive di nazioni e di forme di espressione vicine. Le loro differenze sono segnate da fatti di origine, di storia, di credenza e di costumi a volte inconciliabili. Né le similitudini, né le differenze sono assolute o costanti. Sono a volte le prime, a volte le ultime a vincere. "Elaborare una cultura intermediterranea alternativa" :l’attuazione di una tale proposta non ci sembra imminente . "Condividere una visione differenziata": è un impresa più modesta pur non essendo facile da realizzare. Si tratta di rivisitare varie nozioni desuete, di ridefinire nuovi rapporti di periferia e di centro, di distanza e di vicinanza, di simmetria e di asimmetria. Alcuni di questi progetti possono esprimersi anche in termini di valori. Il resto è mitologia.

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, con i membri del suo Comitato scientifico – quali Montalbàn, Saramago, Peres, Morin, Goytisolo, ecc- e con gli organismi autonomi costituiti – quali l’Accademia del Mediterraneo, Euromedcity, Almamed ed Isolamed – rappresenta lo strumento principale per dare concretezza ai principi generosi della Conferenza di Barcellona e del partenariato euromediterraneo: una risorsa importante che richiede sostegno ed assunzione di impegni concreti.

L’Italia, la Regione Campania e la Città di Napoli hanno gli strumenti per sostenere questa azione, dando così concretezza ad impegni più volte ufficialmente assunti. Purtroppo la progettualità e la creatività del Sud ancora una volta vengono vinte dalla forza di chi sa essere operativo e concreto.

In questi giorni a Marsiglia la Francia ha fatto proprio il progetto della Fondazione Laboratorio Mediterraneo - e, in modo particolare, l’Accademia del Mediterraneo, nata e sostenuta in Campania - investendovi risorse mezzi.

Solo un ultimo scatto d’orgoglio e di rivalsa da parte dell’Italia e della Regione Campania potrà evitare che questo patrimonio veda la luce in terra di Francia.