"IL DENARO"

28 giugno 1997

È l’ora delle Regioni*

di Michele Capasso

Mercoledì 18 giugno 1997. Copanello. In questa località sulla costa ionica della Calabria si riunisce la Commissione Intermediterranea. Giungo dopo mezzanotte, frastornato dal vento che impedirà il sonno a molti partecipanti.

Giovedì 19 giugno, ore 10. Giuseppe Nisticò, presidente della Regione Calabria, saluta gli ospiti e sottolinea l’importanza dell’evento: "Bisogna rilanciare il Mediterraneo sotto il profilo dello sviluppo economico, di una integrazione fra i vari Paesi: tale integrazione non può essere solo economica, ma deve essere insieme culturale e sociale. Da quello che sapremo realizzare dipenderà se la nostra Europa sarà orientata non solo sul rapporto tra Est ed Ovest, ma su quello privilegiato Nord-Sud.

La sfida che ci attende è quella di utilizzare le grandi risorse (circa undicimila miliardi) della Comunità europea per ottenere un incremento del livello di integrazione di cooperazione e di coesione sociale fra le varie regioni del Mediterraneo.

Come presidente di una regione meridionale, voglio lanciare l’idea di un federalismo solidale fra le regioni dell’area mediterranea e cioè di un federalismo che consenta una maggiore interazione ed integrazione fra tutte le Regioni.

Il ruolo delle Regioni, in un momento in cui l’Italia va verso il federalismo e in cui si esalta l’autonomia dal Governo centrale, può essere veramente straordinario. Occorre elaborare una comune strategia di sviluppo. È l’ora delle Regioni. È il nostro momento".

È il turno di Jacques Blanc, presidente della Commissione e della Regione Languedoc-Roussillon. Per Blanc l’incontro assume particolare significato perché i temi in discussione sono vitali. Tra questi la riforma dei fondi strutturali della Comunità europea. Secondo il presidente della Commissione Intermediterranea, è indispensabile dare spazio e respiro a progetti multiregionali fra le aree del Mediterraneo al fine di evitare le lentezze delle procedure burocratiche con conseguente revoca automatica di finanziamento a favore delle regioni più deboli. La realizzazione del programma Meda rappresenta il principale strumento finanziario per l’attuazione del partenariato euromediterraneo. Le periferie dell’Unione europea, sostiene Blanc, si propongono un obiettivo principale: il mutamento del modello fino ad oggi fondato sulla disparità centro-periferia. Occorre affermare un nuovo modello policentrico e competitivo. I grandi problemi di oggi, primo fra tutti quello della disoccupazione, devono trovare le rispettive soluzioni all’interno di ciascun ambito territoriale. "Il futuro dell’Europa e del Mediterraneo – afferma Blanc – dipende dalle Regioni: il compito di noi presidenti è quello di soffiare sulla speranza...".

Antonio Falconio, presidente della Regione Abruzzo, analizza alcuni problemi aperti relativi alla riforma dei fondi strutturali. Sarà questo il tema dominante ripreso dai rappresentanti di Cipro, Grecia, Spagna, Egitto e da quelli di altre nazioni presenti ai lavori, con i quali discuto sul futuro dei fondi strutturali.

I 15 Stati membri dell’Unione europea si troveranno, durante il periodo dal 2000 al 2006, di fronte a scelte importanti legate sia alle trasformazioni in atto nella stessa Ue (l’allargamento ad Est e verso il bacino del Mediterraneo), sia ai mutamenti socioeconomici in corso in ampie aree dei territori comunitari. In tale contesto le strategie di riforma dei fondi strutturali devono rimanere legate ad alcuni principi base che garantiscano lo sviluppo di un’ Unione europea capace di procedere unita.

La riforma dei fondi deve essere saldamente basata sulla coesione. Questo obiettivo dovrebbe essere considerato "permanente": indirizzato, cioè, a promuovere il riequilibrio delle potenzialità e delle opportunità di sviluppo per tutte le Regioni dell’Unione europea, in un contesto che oggi è dominato da squilibri notevoli nonostante l’intensità delle azioni a finalità strutturali attuate negli ultimi anni.

L’obiettivo della coesione va perseguito nel rispetto di due principi essenziali. Il primo è quello della solidarietà: un’Unione europea incapace di far partecipare al suo sviluppo ed alla sua crescita tutte le regioni e tutti i popoli attraverso cui si sviluppa il suo territorio sarebbe in contraddizione con l’obiettivo fondamentale di estendere il benessere economico sociale e culturale al fine di attuare condizioni di pari opportunità per tutte le sue regioni e per tutti i suoi cittadini.

Il secondo principio è quello della sussidiarietà, che prevede un esteso coinvolgimento ed una maggiore responsabilizzazione degli enti che operano su scala territoriale, a stretto contatto con le popolazioni destinatarie degli interventi di sviluppo.

Angelo Parello, segretario della Commissione Intermediterranea, offre un contributo sull’attività della Conferenza delle Regioni Periferiche Marittime (CRPM), presieduta da Vannino Chiti (presidente della Regione Toscana).

Le regioni aderenti alla CRPM nel 1997 rappresentano il 68% del totale dei fondi strutturali: tuttavia il problema non è quantitativo, ma qualitativo in quanto le modalità di utilizzazione delle risorse per uno sviluppo coerente e per un nuovo assetto del territorio non sono spazialmente organizzate in modo equilibrato.

I temi che la CRPM affronterà nel prossimo bureau sono i "Trasporti", la "Moneta unica" e la "Politica agricola comune".

Riguardo ai trasporti si ritiene di ridurre il monopolio del traffico marittimo detenuto da Amburgo, Anversa e Rotterdam. È impensabile che tre quarti del traffico mondiale per mare restino concentrati in uno spazio marittimo tra i più stretti d’Europa. L’economia marittima, "asso nella manica" delle regioni, potrà avere senso solo se l’Ue prenderà coscienza di una politica del mare.

Riguardo alla moneta unica, la riduzione delle spese pubbliche rischia di colpire innanzitutto le regioni più dipendenti dai trasferimenti pubblici che sono in maggioranza periferiche e marittime.

La politica agricola prevede nel prossimo Gatt l’abolizione, a partire dal 1999, delle barriere di protezione sui prezzi agricoli. C’è il rischio di un crollo di parti dell’agricoltura delle regioni: non è possibile che la Commissione europea venda lo "sviluppo rurale" in cambio di quello agricolo. Sono entrambi necessari per evitare il crollo dell’agricoltura e dell’industria agro-alimentare.

I lavori continuano con sessioni tematiche. Si discute dei programmi Meda, di trasporti e comunicazioni intermediterranee, di erosione delle coste e depurazione delle acque. Esperti spagnoli, francesi, greci, italiani, egiziani, ed altri provenienti da vari Paesi tracciano un quadro concreto sui problemi da risolvere.

La Regione Calabria sembra voglia assumere un ruolo principale in questo processo attraverso l’istituzione di un "Centro per la salvaguardia e la valorizzazione dell’ambiente mediterraneo". Ne discuto con il presidente Nisticò, invitandolo ad aderire alla rete della Fondazione Laboratorio Mediterraneo per valorizzare culturalmente, e conseguentemente da un punto di vista economico, il ruolo di una regione che, con i suoi 840 chilometri di coste, è il naturale "ponte" tra l’est e l’ovest del Mediterraneo.

Jacques Blanc, nel definire i punti di un protocollo tra la nostra fondazione e la Regione Languedoc-Roussillon, mi confida di essere deluso dai risultati del recente vertice di Amsterdam. "L’Europa – afferma Blanc – non può essere solo un’area di libero scambio, ma un’area di coesione totale. L’Europa non si può costruire senza le Regioni e il Mediterraneo deve riacquistare la centralità commerciale di un tempo". Salutandomi, Blanc mi sussurra: "L’importante è riportare i traffici, economici e culturali, nel nostro mare".

È sera. Un vento afoso spazza alberi e vettovaglie. Con il presidente Nisticò gustiamo pasta e ceci ed altre genuine specialità calabresi. Al centro, fra i tavoli, gruppi folcloristici di eccezionale bravura, esprimono le antiche radici culturali di una terra legata alla Magna Grecia.

Con Nisticò commentiamo la sfilata dei costumi di Mormanno, Frascineto, Castrovillari, Tiriolo, Caraffa, Vibo Valentia, Bova d altre località della Calabria. Una dolce ragazza, tipicamente "mediterranea", canta in grecanico melodie comuni ai tanti popoli del nostro mare; un’altra indossa un antico costume di Catanzaro tratto da due acquerelli custoditi nel Museo di S. Martino di Napoli. Il costume, trionfo di sete, risente della dominazione spagnola che conferì a Catanzaro lo stemma con l’aquila imperiale.

Dall’altro lato della sala all’aperto, Mirella Barracco in compagnia del marito, accompagna ritmicamente con le mani le melodie del folclore calabro: l’indomani ci parlerà del progetto "La Calabria: sulle rotte della Magna Grecia verso il Terzo Millennio".

Tra i principali progetti a favore del Mediterraneo, toccherà a chi scrive rappresentare varie Regioni ed illustrare il II Fòrum Civil Euromed, dove assume importanza strategica il ruolo dell’Italia quale cerniera tra l’Europa e il Mediterraneo. Di questo ne parleremo la prossima puntata. Qui in Calabria è la festa delle Regioni del nostro mare. Gli Stati nazionali sono lontani.