"IL DENARO"

14 giugno 1997

Il dialogo, strumento di prosperità e pace*

di Michele Capasso

Giugno 1997. Gniezno. Papa Wojtyla, dalla "sua" Polonia, invita i presidenti di Germania, Cechia, Ungheria, Lituania, Slovacchia, Polonia, Ucraina a costruire "un’unità dello spirito" demolendo le barriere dell’egoismo, dell’aggressività e della violazione dei più elementari diritti umani.

"Non è possibile – afferma il Papa – costruire una società nuova senza l’uomo rinnovato". I capi di Stato di nazioni di recente tornate alla loro indipendenza vengono esortati a "non smarrire l’obiettivo principale di una rinascita morale del Continente". Come? Attraverso il dialogo. Havel, presidente ceko, si entusiasma nel sentire il Papa auspicare una nuova Europa per il terzo millennio. Il tedesco Herzog si spiega ancor meglio: "Quando tra venti o trent’anni nel pianeta vi saranno solo sei o sette megaregioni, l’Europa dovrà essere salda nelle sue convinzioni per affermarsi e ciò che potrà unire l’Europa è solo la cultura, le radici cristiane, il valore e la dignità della persona, l’idea di libertà". Kwasniewski, presidente della Polonia, è grato al Santo Padre per aver voluto dedicare l’incontro all’idea di un’Europa comune imperniata sul dialogo.

Martedì 3 giugno 1997. Cracovia. Un inedito Cesare Romiti, in compagnia di Massimo Cacciari, del cardinale Miloslav Vlk e del regista Krzysztof Zanussi, ci racconta la sua vita di credente e la sua ipotesi di capitalismo dal volto umano che "assolutamente non deve calpestare la dignità dell’uomo". Il presidente della Fiat illustra la sua economia di mercato contrapponendo al Papa anticapitalista una società di consumi che, oggi, è la migliore delle società perché "è possibile diffondere il dialogo per sviluppare il benessere e la pace".

Mercoledì 4 giugno. Napoli. Ernesto Galli Della Loggia, Michael Novak, Giacomo Marramao, Sebastiano Maffettone, Giuseppe Bedeschi e Fiamma Nirenstein aprono quattro giorni di lavori dedicati al "Liberalismo nel XXI secolo". Nicola Matteucci interviene con un significativo omaggio a Benedetto Croce che scrisse: "La maledizione degli stati dispotici è di non poter consentire la libertà né ai pochi né a uno, neppure a quell’uno che è il despota e che è quasi più asservito degli stessi suoi dominati". Non ho il tempo di partecipare all’intera giornata dei lavori, volo a Torino.

Auditorium del Centro Congressi del Lingotto. Ore 19,00. Il passare del tempo muta le persone. Con una saggezza dovuta alla consapevolezza di essere uno dei protagonisti di questo secolo ed anche di essere in una fase della vita nella quale è importante fare bilanci, l’avvocato Agnelli traccia le linee essenziali per garantire pace, libertà e qualità della vita. Ancora una volta protagonista è il dialogo. L’occasione è il "Premio Senatore Giovanni Agnelli per il dialogo tra gli universi culturali", istituito dalla Fondazione Giovanni Agnelli ed assegnato quest’anno allo storico tunisino Mohamed Talbi. Marcello Pacini, direttore della Fondazione Agnelli e ideatore dei principali programmi di ricerca dedicati alla geopolitica, alla Società Civile e alle religioni, indica il percorso da compiere per costruire una realtà globale dove geopolitica e geoeconomia camminano ancora con tempi differenti e cadenze diverse. Agnelli identifica nell’equilibrio tra cultura, politica ed economica l’unica via percorribile per lo sviluppo. "La cultura della libertà – afferma Agnelli – può prosperare e radicarsi in modo stabile e duraturo solo dove la democrazia è forte e robusta. I principali nodi da sciogliere sono l’Islam e la Cina". Per la prima volta vedo riconoscere da un esposnente dell’economia la dovuta dignità alla cultura.

È il turno di Mohamed Talbi. Il professore tunisino l’attenzione cattura per oltre un’ora con un discorso di rilevante importanza. Igor Man segue puntigliosamente ogni parola ascoltando Talbi e leggendo, come un breviario, il testo distribuito agli invitati. La relazione di Talbi ha un titolo accattivante: "Gestire insieme la terra. Dialogo, tolleranza, bioetica". Ecco alcuni passaggi.

"Il mio itinerario personale è la prova che non c’è purezza culturale, non esiste una cultura che non sia contaminata da qualche influsso esterno. Le culture vive e forti, fiduciose in se stesse, sono sempre in dialogo. Ne smonta il meccanismo".

Talbi prosegue trattando il tema della tolleranza: "La civiltà musulmana, come tutte le civiltà, fu insieme tollerante e intollerante. Le intolleranze più atroci di oggi si ispirano all’esempio degli Azariqua, che nell’ottavo secolo praticavano l’isti raz, cioè lo sterminio degli avversari politici e religiosi, tutti quanti, uomini, donne e bambini, dichiarando eretici (kafir) tutti coloro che non sposavano le loro idee e non si riunivano nelle loro file (hijra). Di fronte a situazioni simili, i pensatori arabo-musulmani moderni, forti degli esempi di tolleranza che hanno fatto la grandezza della civiltà musulmana in passato, devono impegnarsi con maggior vigore e senza remore nella lotta contro tutte le forme d’intolleranza. All’ignoranza e alla deformazione dei testi bisogna opporre il sapere e la giusta interpretazione. L’estirpazione degli integralismi violenti passa attraverso il rinnovamento del pensiero musulmano, compito a cui sono risoluto a consacrare i miei sforzi migliori". Riguardo alla bioetica Talbi afferma: "Sono sempre esistite, e sempre più esistono, regole (norme) etiche universali. La regola che le riassume tutte al meglio è la Regola d’Oro, che troviamo in tutte le religioni, nessuna esclusa, e che ogni credo può facilmente condividere perché in fondo è una regola di puro buon senso". Il professore tunisino così conclude: "I nostri figli ci giudicheranno secondo lo stato dell’eredità che noi lasceremo loro, eredità che noi abbiamo avuto e che a loro volta erediteranno. Occorre il grande impegno di tutti i pensatori, di tutte le confessioni e di tutte le convinzioni per gestire bene insieme la terra, con uno spirito di dialogo e di tolleranza, allo scopo di lasciare ai nostri figli un pianeta dove ciascuno possa sbocciare pienamente e assumersi le proprie responsabilità liberamente di fronte alla propria coscienza e alle esigenze di un’etica che non può essere se non planetaria, e che perciò ha bisogno della collaborazione di tutti. Ormai non abbiamo altra scelta che "gareggiare insieme nelle azioni buone". In "Dieu et la révolution du dialogue", Jean Mouttapa scrive: "verrà un giorno in cui l’Islam riprenderà possesso delle energie e dei poteri evolutivi di cui diede prova un tempo. Quel giorno, stupirà i suoi interlocutori per la sua capacità di conciliare vita spirituale e libertà di spirito".

Riparto da Torino. È una settimana intensa. Si sono concluse le elezioni in Algeria. Ora più che mai è indispensabile non abbandonare quella nazione e la sua gente. Igor Man invita ad intensificare gli scambi economici e culturali tra l’Occidente e l’Algeria e afferma: "c’è un indispensabile bisogno di pace. È come l’aria, la pace, non se ne può fare a meno".

Venerdì 6 giugno, ore 23,00. Napoli, Teatro San Carlo. Continua il convegno sul "liberalismo". Dopo gli interventi di Scalfari, Cossiga, Martinazzoli, deGiovanni, Marotta, Furet, Craveri, Bodei, del rabbino Rosen, del cardinale Ruini, di Bernard Lewis e di altri relatori, viene assegnato il "Premio liberal 1997" a Shimon Peres. Ad accoglierlo un teatro semideserto, sia per l’ora che per il caldo asfissiante. In prima fila Cossiga, Martino, Romiti ed altri. Peres ringrazia per il premio ed è affascinato dalla città di Napoli che paragona ad una "giovane attraente signora", in cui si coniugano perfettamente "arte, storia e dimensione umana: un concetto vincente, un esempio per il nuovo Medio Oriente che stiamo ridisegnando...". Peres conferma le sue idee sul concetto di "ricchezza". Ne ho parlato con lui in un precedente incontro a Roma: "la ricchezza non si misura solo in termini numerici: un Paese è ricco se ha un adeguato livello di istruzione, di scienza, di tecnologia...".

Sabato 7 giugno. Si conclude il convegno. Rivedo per la terza volta Cesare Romiti, si agita perché, passate le ore 13,00, Jeremy Rifkin continua ad esporre le sue tesi – interessantissime – sui nuovi confini del lavoro. Chiedo a Fiamma Nirenstein di far concludere l’intervento. È la volta di Romiti, Ruggiero, Sarcinelli e Padoa-Schioppa. Il tema della tavola rotonda è "Il liberalismo nell’era della globalizzazione". Il presidente della Fiat dialoga con Renato Ruggiero e insieme concordano sulla necessità di un’etica dell’economia, attraverso il dialogo e la solidarietà.

Martedì 10 giugno. Napoli. Intervengo al convegno "Il turismo nautico per lo sviluppo del Mediterraneo". Anche qui si parla di scambio turistico per favorire il "dialogo".

Mercoledì 11 giugno. Ore 12,00. A Gaeta, a cura del WWF – Oasi blu in collaborazione con la nostra Fondazione, si svolge il V seminario internazionale di studi sull’ecosistema marino che farà tappa a Napoli e ad Ustica. Concludendo i lavori della mattinata, sottolineo l’esigenza di raccogliere le molteplici esperienze per la salvaguardia dell’ecosistema marino. Un relatore si avvicina e mi mostra studi sul folklore delle imbarcazioni dal titolo "Folklore del mare per il dialogo tra i popoli".

Mercoledì 11 giugno. Roma, ore 20,00. Anche quest’anno collaboriamo alla manifestazione "Amor di mare". Partecipando all’incontro "Quale Mediterraneo per il 2000?" invito, con Predrag Matvejevic;, i ministri Burlando e Ronchi ad attivarsi per strutturare una politica mediterranea per l’Italia. Burlando elenca le cose fatte dal suo ministero dei trasporti e della navigazione a favore del rilancio dell’economia del mare; Ronchi, ministro dell’ambiente, auspica la costituzione di una "polizia" mediterranea per tutelare il mare e le coste con le "stesse leggi ed i medesimi strumenti operativi".

Mi viene incontro Giovanni Battista Costa, amministratore delegato dell’acquario di Genova: "Perché non facciamo una ‘rete’ tra gli acquari del Mediterraneo?". Anche i pesci devono dialogare tra loro!". Stiamo entrando in un’era in cui è possibile fare esperienze umane uniche. In Italia qualcosa di importante sta nascendo. Una rinnovata sensibilità e voglia di partecipazione della Società Civile. Se questa opportunità saprà trasformarsi in progetto e strumento di dialogo, potremo costruire un mondo migliore per le giovani generazioni.