"IL DENARO"

5 luglio 1997

L’Italia cerniera tra Mediterraneo ed Europa*

di Michele Capasso

Lunedì 30 giugno 1997. In televisione scorrono le immagini dei primi risultati delle elezioni in Albania. Indipendentemente da quale coalizione risulti vincente, il vero importante risultato è costituito dal fatto che queste elezioni si siano svolte senza gravi incidenti. Il premier albanese Fino ringrazia il presidente Prodi che, sorridente, afferma che l’Italia ha assolto al suo dovere di baricentro nella politica euromediterranea in quanto questo è un ruolo che gli compete per storia, cultura, tradizione e geografia. Prodi conclude con un ringraziamento ai funzionari italiani che hanno consegnato le schede e controllato i seggi in Albania.

Nel mondo mediterraneo, nelle diverse epoche storiche, diversi sono stati i centri che hanno svolto una funzione di fulcro. Gli Stati sud-orientali e meridionali hanno avuto un’espansione soprattutto territoriale. I Fenici hanno affrontato il mare per le avventure ed il commercio mentre i Cartaginesi, e con più fortuna i Greci, l’hanno solcato per una permanente espansione. Ma solo le grandi isole come Creta sono state capaci d’una civiltà sintetica ed originale che diramasse da esse. Però solo alla lunga penisola italiana, proiettata da Nord a Sud quasi al centro del mare è spettata la maggiore polo aggregatore, che ha raggiunto il suo culmine con l’impero romano. Più tardi, perduto il potere politico, l’Italia ha continuato ad essere un luogo di miscuglio di popoli e confusione delle culture. In essa perciò si è andata formando la prima rinascita economica, culturale e spirituale dell’Occidente nonostante che la penisola Iberica conoscesse un non minore mescolamento e incontro bellicoso tra civiltà contrastanti.

Quando sorgono le grandi potenze europee, il declino politico dell’Italia non le toglie questa funzione storica. Il Rinascimento italiano sarà il fattore fecondo del rinnovamento culturale dell’Europa occidentale e centrale e il Barocco italiano darà perfino lo slancio che creerà l’unità della Slavia orientale. In particolare i rapporti con la penisola balcanica resteranno sempre intensi, fecondati anche da scambi di popolazione. L’Italia, la cui unità è stata più culturale che politica, è, anche adesso, nella modestia della sua posizione nell’attuale equilibrio degli Stati europei, il luogo d’incontro tra le visioni più estreme dell’utilitarismo d’Occidente e le culture e le aspirazioni dei popoli risorti dal colonialismo, che nel contrasto fra tradizione e occidentalizzazione cercano a fatica, in certi casi anche con tragedia, una loro strada politica e sociale.

L’Italia, proprio perché è lo Stato meno potente dell’Occidente e quindi privo per necessità ma soprattutto per tradizione di mire politiche espansionistiche, è il punto ideale d’incontro delle contrastanti visioni ed esigenze europee e mediterranee ed è pronta a riprendere la sua funzione storica di mediazione e sintesi culturale. Cerniera l’Italia ma nella maniera sua propria quale cerniera di concetti e d’idee per una più serena comunità delle nazioni.

Per attuare tale obiettivo, è fondamentale il rapporto dell’Italia con i problemi specifici riferibili alla sua posizione storico-geografica nel bacino nonché alle relazioni con i Paesi mediterranei appartenenti alla sua area di influenza. Con la sua posizione "baricentrica", l’Italia ha una grande responsabilità: deve investire risorse pensando al futuro e al suo ruolo nell’ambito dell’area mediterranea, dedicando la sua attenzione non solo alla cooperazione politica ed economica, ma soprattutto a quella culturale, attivando progetti capaci di avvicinare le due sponde del Mediterraneo attraverso la valorizzazione delle diverse identità culturali ed il dialogo tra la Società Civile.

Gli attori sociali della cultura e della scienza, il mondo imprenditoriale, le camere di commercio, la politica, i sindacati, l’economia, le organizzazioni non governative, le istituzioni, gli enti ed i vari esponenti della Società Civile dell’Italia e dei principali Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, hanno un ruolo essenziale nella risoluzione dei grandi problemi che attanagliano il bacino.

Perché la Società Civile?

Il concetto di partenariato tra l’Unione Europea e i Paesi mediterranei, così come espresso nelle Dichiarazioni di Barcellona e Malta, risponde alla necessità profonda di realizzare uno spazio di cooperazione e rispetto reciproco per il benessere di un’area scossa da tensioni e conflitti di varia natura. Ma perché questo avvenga realmente, affinché si ottenga un impatto sicuro sul sostrato socioeconomico dei Paesi implicati, al di là delle relazioni e degli accordi intergovernativi, è fondamentale che siano i rappresentanti della Società Civile dei vari Paesi ad intervenire e partecipare attivamente alla promozione di progetti comuni per il futuro. La nuova logica dei processi, lasciando spazio a forme di interazione e interdipendenza, sostituisce quella di tipo verticistico del passato – rigidamente strutturata e poco attenta alle diverse realtà locali – per seguire tutte le direttrici: nord-sud, est-ovest e così via. La tendenza alla globalizzazione è arginata dalla necessaria regionalizzazione delle aree di influenza; la conservazione dell’identità è affidata alla dimensione locale: regioni, città, università, associazioni. In tale contesto, va allora promossa un’azione tesa a recuperare il valore del dialogo come concetto culturale e fondamento comune, come forza operativa per la risoluzione di conflitti, come riflessione corale delle tante voci che costituiscono il tessuto sociale dei Paesi euromediterranei.

Saranno dunque i responsabili del mondo culturale, politico, religioso, dell’università, della ricerca, dei mezzi di comunicazione, delle associazioni, dei sindacati e dell’impresa pubblica e privata a potenziare ed attuare gli strumenti necessari a una cooperazione decentralizzata che favorisca gli scambi tra gli attori dello sviluppo nel contesto delle legislazioni nazionali.

La società va strutturata sulla base delle responsabilità delle istituzioni, ma soprattutto dei singoli individui. La Società Civile può e deve rappresentare uno stimolo alla realizzazione di progetti capaci di eludere integralismi autoritari attraverso la creazione di nuovi punti di riferimento comuni.

La strutturazione del dialogo tra gli attori della Società Civile è auspicata dalla Unione europea attraverso lo svolgimento periodico di Fòrum plenari.

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, in collaborazione con l’Institut Català de la Mediterrània di Barcellona ed altre Istituzioni dei Paesi europei e mediterranei, ha organizzato il II Fòrum Civil Euromed che si riunirà in sessione plenaria alla fine di quest’anno in Italia.

Scopo principale del II Fòrum Civil Euromed è quello di esaminare, valutare ed esaltare le potenzialità dell’Italia nell’ambito euromediterraneo con particolare riferimento al Mediterraneo Centrale, per far sì che questa nazione si proponga come partner essenziale per lo sviluppo e la cooperazione: ciò sarà possibile soprattutto attraverso il dinamismo delle Regioni italiane: il Piemonte e la Campania – che ospiterà il II Fòrum – nonché delle altre Regioni, quali la Sicilia, la Lombardia, il Piemonte, la Liguria, il Veneto, la Basilicata, la Puglia, la Région Languedoc-Roussillon ed altre, che hanno già manifestato la loro disponibilità a collaborare.

Il II Fòrum Civil Euromed intende essere strumento di dialogo, approfondimento e confronto per l’attuazione di progetti operativi.

Le tematiche da analizzare e discutere sono suddivise in due grandi aree: la prima analizza la possibilità di costituire uno spazio di scambio caratterizzato dalla dinamicità economica; la seconda intende promuovere il dialogo religioso, culturale e sociale.

Ciascuna di queste aree comprende diversi forum – in totale undici – all’interno dei quali si svilupperanno molteplici sessioni.

Alla fine, ciascun forum proporrà raccomandazioni per progetti operativi da suggerire all’Unione Europea in attuazione del programma euromediterraneo – a breve, medio e lungo termine – previsto nella I Conferenza di Barcellona del novembre 1995, nella II Conferenza Euromediterranea di Malta del 15 e 16 aprile 1997 e ratificato dal consiglio d’Europa riunitosi il 16 e 17 giugno scorso ad Amsterdam, che ha stabilito una serie di priorità per il futuro sviluppo del partenariato euromediterraneo incoraggiando i partner a proseguire il lavoro intrapreso per costituire un’area di libero scambio dove le reti rappresenteranno un elemento essenziale. È questa una grande scommessa che la Società Civile dell’Italia non può e non deve perdere.