"IL DENARO"

12 luglio 1997

Traffico e trasporti: quale futuro per i porti*

di Michele Capasso

Giugno 1997, Genova. Nasce "Intermed". Giuliano Gallanti, presidente dell’Autorità portuale di Genova, perfeziona con i colleghi spagnoli e francesi un’intesa che lega tre capitali del mare Genova, Barcellona e Marsiglia. Gli interessi di questi porti saranno accomunati da un’unica strategia l’obiettivo principale di Intermed è quello di prospettare le posizioni comuni dei tre scali agli interlocutori politici dell’Unione europea.

L’importanza di questo accordo sta nella necessità di rafforzare il ruolo e la leadership del Mediterraneo, spesso condizionati da concorrenze – molte volte sleali – che avvantaggiano i grandi terminali del nord. Il successo di questa iniziativa è legato soprattutto alla rete europea di trasporto ed ai futuri interventi tesi a migliorare i collegamenti ferroviari del sud dell’Europa.

Con l’intensificarsi dei traffici si pone oggi un grave problema, quello per l’ambiente e la sicurezza nel Mediterraneo dove – in massima parte – le attività portuali si collocano vicino o dentro le grandi aree urbane. La risoluzione sta nello scambio di esperienze e conoscenze e nel coinvolgimento dei cittadini per rafforzare le azioni individuali.

In Italia è necessario procedere ad una valutazione dei porti secondo le loro reali caratteristiche ed il loro retroterra, riducendo drasticamente quelli dedicati alla movimentazione delle merci. Molti porti possono essere dirottati al turismo questa maggior offerta di mercato potrà calmierare il costo dei posti barca.

Relativamente ai porti turistici, è bene ricordare che in Italia sono solo 45 contro i 300 in Olanda e i 350 in Inghilterra e in Spagna. La realizzazione dei nuovi porti turistici, da attuarsi essenzialmente attraverso il riuso dei vecchi porti mercantili – e non con nuove inutili selvagge cementificazioni – offrirebbe più concorrenza, migliore offerta di servizi ed il naturale incremento dell’occupazione.

Se pensiamo che i porti mercantili italiani sono circa 140 e che in oltre 100 è possibile ritagliare spazi per allocare porti turistici, si comprende facilmente che questa è l’unica via per colmare una carenza non più sostenibile da parte di un Paese completamente circondato dal mare.

Negli ultimi tempi, in Italia, la catena dei trasporti sta attraversando un momento cruciale di trasformazione e molteplici sono i problemi da risolvere tra questi la stesura definitiva della "Legge sui porti" – in linea con quanto specificamente richiesto dall’Unione europea – ed altre importanti provvedimenti quali l’approvazione del registro bis, ecc. Il tema dei traffici e dei trasporti è strettamente connesso alla grave crisi occupazionale in atto. È necessario risolvere in tempi brevissimi tale problema. Una soluzione sta nel recuperare traffici attraverso una nuova concorrenziale offerta portuale creando nuovi posti di lavoro l’alternativa – come spesso accade – è rinviare la soluzione e perdere posti di lavoro. L’Italia ha la necessità, sempre più urgente, di un "Piano Generale dei Trasporti", fatto con coraggio nell’interesse del Paese e senza condizionamenti politici. Per il "Piano" serve per prima cosa la trasparenza e la reale competenza da profano, credo sia indispensabile dare spazio alla pratica e non alla teoria che, in passato, non ha certo dato buoni frutti.

Ridisegnare l’Italia dei trasporti significa considerare l’intero bacino mediterraneo. Tra le proposte attuabili ne elenco alcune 1) l’istituzione di una scuola internazionale per la formazione professionale dei trasporti, da mettere a disposizione dei Paesi mediterranei con l’aiuto dell’Unione europea 2) l’armonizzazione delle politiche del commercio estero al fine di equilibrare le procedure doganali in ambito euromediterraneo 3) la realizzazione di una rete informatica interportuale affinché i porti mediterranei possano collegarsi attraverso una rete telematica interportuale.

Il 1997 è considerato da tutti l’anno della svolta per l’armamento italiano. 8 maggio 1997. Il presidente Prodi interviene all’annuale assemblea della Confitarma, la confederazione italiana degli armatori privati, affermando che c’è uno spostamento del traffico mondiale verso il Mediterraneo ed è indispensabile che l’Italia sia in prima linea. La risposta italiana in tal senso può essere forte soprattutto in termini di logistica per la sua posizione geografica può offrire una combinazione vincente che altri posti (come Algeciras e Malta) non hanno transhipment (trasbordo) e rotaie.

Lo sviluppo del traffico nel Mediterraneo ed il potenziamento dei porti deve essere un impegno preciso dell’Unione europea. Lo scorso giugno a Noordwijk, durante un vertice informale sullo sviluppo urbano, l’Italia, la Spagna, la Grecia ed il Portogallo hanno assunto posizioni polemiche nei confronti del documento proposto dalla presidenza olandese ritenendo gli interventi comunitari proposti poco attenti all’area del Mediterraneo.

Il ministro dei Lavori Pubblici italiano Costa ha insistito affinché tra le scelte europee fosse incluso il porto di Gioia Tauro che potrebbe diventare lo scalo marittimo principale sulle rotte tra l’Europa e l’Oriente. Oggi appare veramente assurdo constatare che navi cariche di container entrino da Suez, percorrano tutto il Mediterraneo, attraversino lo stretto di Gibilterra e vadano poi a scaricare nei porti del Mare del Nord, da dove poi la merce viene distribuita in tutta Europa. Intercettare queste merci in porti come Gioia Tauro costituirebbe un notevole risparmio di tempo e denaro. Da questo porto con il trasporto intermodale e con il cabotaggio sugli scali di Genova, Venezia e Trieste, i container potrebbero raggiungere molto più rapidamente tutto il territorio della Comunità europea.

Un altro problema dei porti mediterranei è legato alla cattiva immagine occorre programmare una campagna d’informazione e di promozione congiunta, rivolta ad armatori, intermediari e grandi clienti. I messaggi dovrebbero essere chiari e semplici, evidenziando la qualità dei servizi offerti dai porti del Mediterraneo – del tutto simile a quella dei porti nord-europei – e la circostanza che il Mediterraneo (specialmente quello nord-occidentale) è la porta più logica ed efficiente (in termini di costi e di transit-time) del Continente, per i traffici di merci varie provenienti o destinate in Nord-Africa, Medio Oriente, Sud-est Asiatico.

Anche il porto di Napoli si appresta a svolgere il suo ruolo, candidandosi quale terzo scalo merci italiano e tra i principali del Mediterraneo. Questo scalo potrà svilupparsi soprattutto nella sua zona orientale, come previsto nel piano triennale. Essenziale è l’apertura di una gran parte della sua estensione alla città ripristinando un dialogo interrotto e fatto di memorie, suoni, sapori, colori, tradizioni.

Molteplici sono le iniziative culturali, scientifiche ed economiche attivabili nell’area portuale di Napoli. Tra le tante, cito la possibilità di realizzare un centro per lo sviluppo del commercio internazionale dell’area campana. Il centro dovrebbe avere vita autonoma con personale proprio e fra i suoi compiti potrebbe esservi lo sviluppo dell’import-export attraverso il Porto di Napoli ne consegue che si potrebbe fare una campagna promozionale verso i Paesi del sud del Mediterraneo, promuovendo incontri con gli operatori locali (sia importatori che esportatori). Questo centro potrebbe sorgere come associazione senza fini di lucro con la partecipazione ed il finanziamento dell’Autorità Portuale (che dovrebbe esserne la promotrice), della Camera di Commercio, dell’Unione degli Industriali, dell’Associazione Agenti Marittimi, dell’Associazione Utenti Portuali, dell’Associazione Spedizionieri, della Mostra d’Oltremare, di Banche, assicurazioni, esportatori, importatori, ecc.

Concludo sottolineando l’importanza per i porti mediterranei di continui scambi di informazioni comuni, unitamente a forti connessioni telematiche attraverso cui provvedere ad offrire un’assistenza a tutto campo per velocizzare la modernizzazione dei porti del Nord-Africa.

Sarà così possibile potenziare il Mediterraneo in competitività commerciale, ed attuare quell’area di libero scambio che, attraverso le merci, ripristinerà il dialogo tra le genti che si affacciano, da millenni, sullo stesso mare.