"IL DENARO"

4 ottobre 1997

L’Egitto tra contraddizioni e risorse*

di Michele Capasso

Giovedì 25 settembre. Ore 22,30. Aeroporto del Cairo. Salem Desuky è un funzionario del Ministero della Cultura egiziano. Mi aspetta da oltre un’ora. Ha dimenticato di riportare l’orologio un’ora indietro, come previsto quel giorno in Egitto. Maledice chi ha inventato l’ora legale. Gli spiego che sono stati gli antichi Egizi, suoi antenati, alcune migliaia di anni fa. È incredulo e insofferente perché dopo quasi mezzora il bagaglio non compare. Si agita e chiede in arabo spiegazioni di questo disguido. Improvvisamente mi spinge sul nastro trasportatore: sdraiati su ignote valigie attraversiamo, insieme, le fasce di pelle che ci dividono dai carrelli appena in tempo per salvare il mio bagaglio inoltrato, per errore, verso Dubai. L’incaricato arrossisce scusandosi con cortesia. Chi mi accompagna è mortificato. Il mondo arabo è fatto così consapevole della sua antica cultura e vittima di un ingiustificato senso di inferiorità nei confronti dell’Occidente, è sospeso tra passato e futuro, lentezza e velocità, modernità e tradizione, efficienza e immobilità.

Venerdì 26 settembre. Ore 6. Fa freddo nel deserto. Lasciate alle nostre spalle le piramidi, ci inoltriamo nel Sahara (la parola significa "terra povera") con una carovana di cavalli e cammelli. Visitiamo i nuovi scavi archeologici. Mi accompagnano Mohamed, musulmano, Jean Claud, cristiano, ed il piccolo Ahmed, scalzo, la pelle seccata dal vento e dal caldo. Dopo un’ora scompare l’immagine e il caos del Cairo dodici o tredici milioni di anime che vivono ogni giorno i disagi della megalopoli inquinamento, disoccupazione, anziani abbandonati, povertà, degrado, mancanza di sicurezza e via dicendo.

Gli scavi si svolgono in condizioni critiche eppure grande è la cura degli operai egiziani. Mi spiegano che nel loro paese i giacimenti culturali sono la seconda risorsa: per loro è come aver trovato l’oro. Reperti e frammenti vengono minuziosamente catalogati e inviati verso il Museo egizio ed altri siti.

Ore 10. Improvvisamente la temperatura raggiunge i 38 gradi. Mohamed mi copre il capo con il tipico telo bianco fermato da un cordone azzurro e oro dice che sembro uno di loro. In effetti mi sento tale, anche se devo fare i conti con una caduta che, fortunatamente, ha danneggiato di più il cammello che me. Mohamed e Jean Claude convivono in pace, sono grandi amici. "Le religioni sono per Dio, la pace e l’amicizia per noi in terra" con queste parole mi salutano offrendomi uno scarabeo e pregandomi, con le lacrime agli occhi, di riferire a tutti che l’Egitto è un popolo di pace, culla della nostra civiltà, dove gli atti terroristici sono "incidenti della storia" causati da una piccola minoranza di fanatici che pretendono di politicizzare la religione mistificando il contenuto del Corano. Le loro sagome e quelle della carovana di beduini scompaiono nella sabbia sollevata dal vento. Come tutto è così lontano dalle immagini del recente eccidio compiuto davanti al Museo egizio amplificate dai media del villaggio globale

Venerdì 26 settembre. Ore 16. Il Museo egizio pullula di gente. È un crogiolo di razze, fedi, culture. La sorveglianza è rafforzata dopo l’attentato ma i militari sembrano avere per primi la paura e la consapevolezza del pericolo. Uno di loro mi dice che ha fatto la guerra senza aver paura perché sapeva contro chi combattere. Qui il nemico è il pericolo dell’imprevisto che può nascondersi ovunque ed è difficilmente controllabile.

Il sarcofago d’oro di Tutankamen ed il suo trono sono gli oggetti più visitati e assaliti da migliaia di visitatori che, incuranti del caldo, sono affascinati dalla loro bellezza, immutabile dopo migliaia di anni.

In una sala alcune donne musulmane trasmettono sensazioni lugubri. Sono totalmente coperte da vesti nere, due fori solo per gli occhi fantasmi di estremismi portati al paradosso che non trovano riscontro in alcun capitolo del Corano. Mi dicono che vengono da un villaggio di tradizioni iraniane. Chi mi accompagna è una giovane funzionaria del Ministero della Cultura, elegantemente vestita all’europea, capelli lunghi e occhi profondi parla cinque lingue, si definisce femminista, moderna e musulmana. Cerco di spiegarmi la contraddizione tra il fantasma nero e questa giovane signora entrambe professanti la stessa religione. La spiegazione giunge in fretta. Nel ringraziarla, le tocco leggermente la spalla la sua irritazione è totale, asserisce che una donna musulmana non può e non deve essere sfiorata da uomini estranei. La sua cultura, il parlar bene 5 lingue, la sua modernità e il suo femminismo muoiono nella confusione e nella mistificazione ereditate da interpretazioni arbitrarie di una religione che, al contrario, predica tolleranza e misericordia.

Venerdì ore 18. Con Edwar Al Karrat, Kamel Zoheir, Françoise Bonardel, Catherine David ed altri amici partiamo in pullman per Alessandria. Un viaggio estenuante, interrotto dalle preghiere del venerdì alle quali l’autista non rinuncia, lasciandoci sulla strada per 40 minuti.

Il tempo in questi luoghi ha misure diverse. Di nuovo una sosta per bere, parlare, chiacchierare. Percorrere gli oltre 200 chilometri che dividono Cairo da Alessandria richiede sei ore.

Sabato 27 settembre. Ore 10. La Fondazione Laboratorio Mediterraneo e l’Università Euro-Araba Itinerante organizzano la riunione internazionale "Alessandria e il dialogo tra le culture del passato e del futuro", in collaborazione con il Ministero della Cultura egiziano e l’Università di Alessandria. Molti e qualificati gli interventi nelle varie discipline che caratterizzarono quella fonte di scienze e saperi che fu l’Antica Alessandria architettura, astronomia, musica, filosofia, medicina, storia, geografia e via dicendo.

La storia densa di questa città, un tempo grande capitale del Mediterraneo, trova testimonianza nei monumenti sulla terra ferma ed in quelli sommersi nelle profondità del mare, trasformati in miti immortali il faro, le rovine dei palazzi di Cleopatra e Marco Antonio e tutte le vestigia dell’antica città.

Farouk Hosni, Ministro della Cultura e famoso pittore, sottolinea la necessità per l’Egitto di "concentrare ad Alessandria le principali attività culturali al fine di costituire un centro vitale per il dialogo tra le varie culture del Mediterraneo e del mondo". Fucina di tale centro sarà la costruenda "Bibliotheca Alexandrina". Mohsen Zahran, direttore della Biblioteca, è raggiante nell’illustrare con foto e video questo imponente progetto che da sogno sta diventando realtà e che vede impegnati lEgitto, l’Unesco e vari Paesi di tutto il mondo. Alla fine del 1999 rinascerà l’Antica Biblioteca d’Alessandria che ebbe un ruolo determinante nello sviluppo del sapere non solo in Egitto ma in tutto il bacino mediterraneo. La visita al cantiere infonde speranze per le dimensioni e la bellezza di un’opera che potrà restituire a questa città, afflitta da nuove povertà e mille bisogni, una nuova dimensione costruita sulla cultura e sul dialogo tra genti di fedi e tradizioni diverse.

Georges Moustaki, musicista, testimonia, con Omar Sharif, Robert Solè ed altri relatori, l’influenza esercitata da Alessandria – loro città natale – nelle proprie esperienze di vita. Con Moustaki parliamo di una musica da proporre ai vari Paesi come "Inno del Mediterraneo" un simbolico segno carico di speranza affinchè quest’area possa definirsi e riconoscersi come "casa comune".

Lunedì 30 settembre. L’Università di Alessandria è un vociare di studenti e di funzionari impressiona la variopinta quantità di veli che circondano i volti delle tante giovani donne. L’incontro con Essam Ahmed Salem, rettore dell’Università di Alessandria, è quanto mai cordiale. Rammenta che quest’antico Ateneo ha costituito da sempre un riferimento culturale e formativo non solo per il mondo arabo ma per l’intero bacino mediterraneo. Si dichiara disponibile ad istituire corsi di laurea specificamente legati alla regione su temi quali lo sviluppo demografico nelle grandi aree urbane del Mediterraneo, l’economia dei trasporti nel bacino ed altri. Questa Università vuole continuare a consolidare il legame tra il passato e il futuro alimentando scambi culturali tra i vari popoli mediterranei. Parliamo anche degli studenti ciechi ed handicappati e del modo migliore per aiutarli.

Cairo, 30 settembre. Mohamed Ghoneim è il sottosegretario alle relazioni culturali internazionali. Ha le idee chiare in fatto di risorse culturali. Mi racconta i grandi progetti ed i mezzi impiegati per fornire sicurezza ai turisti e migliorare i servizi. Stupisce la qualità e l’esperienza dei suoi collaboratori.

In un quartiere del Cairo, tra mille vicoli e viuzze, si articola l’Accademia delle Arti una cittadella che esternamente lascia indifferenti. Fawzi Fahmi, presidente dell’Accademia, illustra con orgoglio a chi scrive, sale di registrazione, videoteche, studi cinematografici, scuole di informatica, cineteche, teatri di arte drammatica e di tradizioni popolari, scuole di architettura, collegi e strutture annesse quali un ospedale per studenti ed anfiteatro. Stupisce la qualità dell’insieme e la passione e l’orgoglio con il quale presentano una struttura che non ha pari in tutto il mondo arabo.

La visita in Egitto, tra antiche culture, contraddizioni, speranze e risorse di oggi si conclude con un colloquio con Moufid Shehab. È un uomo sensibile e preparato e manifesta nostalgia per l’Italia e per Perugia, dove ha studiato. È commosso per i danni provocati dal terremoto in Italia sul quale è costantemente informato. Con lui approfondiamo i temi legati all’alfabetizzazione in connessione con l’incremento demografico ed alla promozione della cultura di pace nel dialogo con le popolazioni dei villaggi e quelle del deserto. Parlerebbe per ore di progetti concreti. Mi lascia dopo due ore. Lo attende il presidente Moubarak.