IL MATTINO

07/07/2008

 

«Una nuova geo-politica, partendo dal Mediterraneo»

FRANCESCO ROMANETTI

 

Ma l’Italia da che parte sta? Geograficamente è in mezzo al mare, il Mediterraneo. Solo che di mare ce n’è anche un altro - l’Atlantico - e dall’altra parte dell’Atlantico ci sono gli Stati Uniti. Con questo, soprattutto con questo, deve in fondo fare i conti la politica estera italiana, quando decide o ridefinisce alleanze, strategie diplomatiche, politiche dell’immigrazione. Ne abbiamo parlato con Stefania Craxi, sottosegretario agli Esteri, che oggi sarà a Napoli per partecipare al convegno internazionale su ”Mezzogiorno d’Italia tra globalizzazione e nuova geo-politica del Mediterraneo“, promosso in vista del vertice che il 13 luglio riunirà a Parigi capi di Stato e di governo euromediterranei.

 

Onorevole Craxi, lei ha mostrato di condividere le critiche al processo di globalizzazione, che ora vengono mosse anche da chi, in passato, ne aveva glorificato le virtù. Che vuol dire? Che avevano ragione i no-global?

«Effettivamente penso che sia finito il sogno della globalizzazione come fenomeno capace di risolvere i problemi del mondo. Sono anzi aumentati gli squilibri sociali, la fame, i problemi legati al clima e all’energia. Ora si tratta di riportare la politica al centro delle relazioni internazionali, al posto del denaro».

Dunque, occorre una svolta?

«Sì. L’illusione consisteva nel credere che il libero mercato possa autoregolamentarsi. Si è dimostarto che non è così».

Che cosa intende per ”nuova geo-politica“? Anche l’atlantismo va ripensato in termini nuovi?

«Penso soprattutto ad un orientamento che deve riguardare le relazioni e la cooperazione tra tutti i Paesi del Mediterraneo. E questo riguarda non solo il Mezzogiorno d’Italia, ma tutta l’Italia e tutta l’Europa. Per quanto riguarda il rapporto con gli Stati Uniti, credo che debba essere caratterizzato da una maggiore multilateralità. Ma perché ciò possa avvenire, è importante che il prossimo presidente americano abbia a che fare con un’Europa unita».

A proposito del successore di Bush: Berlusconi tifa McCain. E Stefania Craxi?

«Il punto non è chi sarà il futuro presidente degli Stati Uniti, ma cosa si riuscirà a fare insieme. Poi, io ho simpatia per tutti e due. Verso il repubblicano McCain per la sua storia, il suo coraggio. E verso il democratico Obama perché è giovane ed esprime la voglia di cambiamento».

Risposta diplomatica. Torniamo all’Italia e ai suoi rapporti con i Paesi mediterranei. La scelta del nuovo governo per un maggiore impegno militare in Afghanistan, non crede che possa essere percepito come un segnale ambiguo dalle popolazioni del Mediterraneo?

«Il ministro Frattini ha detto molte cose. Non ha solo parlato della necessità di ridurre la proliferazione deicaveat“, che umiliavano i nostri soldati. Il governo ci tiene alla vita dei suoi militari, ma tiene anche alla loro dignità. Lo stesso Frattini ha sostenuto che in Afghanistan ci sarà guerra fino a quando non si ”delimiterà“ la frontiera con il Pakistan. Detto questo, non è che ora ci sia ”più guerra“ perché è cambiato il governo».

Immigrazione, tema nevralgico per il governo. I favorevoli a politiche restrittive, in genere dicono di preferire portare sostegno alle economie dei paesi in via di sviluppo, per fermare ”a monte“ l’emigrazione. L’Italia però si era impegnata a destinare lo 0,7% del Pil per la cooperazione ed è da questo punto di vista tra le nazioni più inadempienti. E allora?

«Vedo due ordini di problemi. Primo: investiamo poco, troppo poco, nella cooperazione internazionale. Su questo sono assolutamente d’accordo, c’è un approccio da ribaltare. Io dico: meno conferenze e più progetti, per utilizzare meglio i fondi a disposizione. Secondo: è vero che finora sul tema dell’immigrazione è stata inseguita l’emergenza. I governi devono invece cambiare ottica, cooperando per la formazione di mano d’opera qualificata. Ma per fare questo si devono coordinare le politiche dei governi, da una sponda all’altra del Mediterraneo».