"LO STRILLO"

1 febbraio 1997

 

Mediterraneo ombelico del mondo*

di Michele Capasso

In una soleggiata giornata invernale, una delle tante che Napoli è solita regalarci, mi trovo a camminare sul lungomare. Un traghetto sta partendo, in lontananza due gabbiani si rincorrono sul mare, cammino e penso, penso ad un uomo, un architetto, che con grande coraggio ha deciso di dedicare tutto se stesso per una causa in cui crede fermamente: ridare valore e dignità ad un mare, il Mediterraneo, che per secoli è stato la culla delle più grandi civiltà ed ora è sconvolto e violentato da conflitti ed incomprensioni.

Dallo scoppio del conflitto bosniaco, l’architetto Michele Capasso si è sentito coinvolto in prima persona; per lui questa non era solo una guerra combattuta a pochi chilometri di distanza, ma colpiva le sue memorie più profonde: quelle di un ragazzino che sin dall’età di 14 anni si recava in vacanza in quei luoghi, divenuti col tempo anche un po’ suoi. Per dare un aiuto concreto alle popolazioni dell’ex-Jugoslavia, ma soprattutto per costruire un progetto che desse la possibilità a tutti i popoli del Mediterraneo di trovare un equilibrio di dialogo e di comprensione reciproca, l’architetto Capasso decise di investire tempo e risorse per dare vita alla Fondazione Laboratorio Mediterraneo.

"L’obiettivo primario che mi sono proposto quando nel 1992 mi sono gettato in quest’impresa – afferma Capasso – è stato quello di cercare di rimuovere le ostilità e le incomprensioni che oggi dividono i popoli che si affacciano sullo stesso mare, culla delle più antiche fra le civiltà, per esaltare, attraverso la pace e la fratellanza, le dignità del mondo mediterraneo e delle molteplici realtà che lo compongono, avviando i popoli alla comprensione, al rispetto e alla comunicazione reciproca".

Per ottenere ciò, secondo Capasso, è fondamentale il recupero di un concetto di Mediterraneo che vada al di là dell’immagine mentale di spiagge e di turismo per la zona Nord, come il fondamentalismo o il conflitto arabo-israeliano, per la zona meridionale. "Pensare all’Europa senza pensare al Mediterraneo è come voler formare un ragazzo privandolo della sua infanzia. Dall’incontro di culture diverse è nato lo scontro, ma anche il confronto e quindi la ricchezza culturale. Si tratta di recuperare l’identità di ciascun popolo, annullando la distorsione e la deviazione che i ‘media’ e le leggi di mercato hanno fatto".

Quale ruolo svolge l’Italia in questo importante progetto?

"L’Italia per la sua naturale posizione geografica e per la sua storia costituisce un importante ponte fra l’Europa continentale, ed il bacino mediterraneo. È fondamentale quindi che l’Italia acquisti una capacità di concretizzare il partenariato euromediterraneo e la Fondazione sta proprio lavorando affinché ciò avvenga".

Per perseguire questo scopo la Fondazione Laboratorio Mediterraneo sta procedendo ad interessare una fitta rete internazionale di contatti fra cui un protocollo di collaborazione stipulato con l’Institut Català de la Mediterrània di Barcellona ed un altro con la regione Piemonte.

Con l’Institut Català è stata attivata una collaborazione che si è concretizzata nel primo Fòrum Civil Euromed tenutosi a Barcellona nel novembre ’95. In occasione di questa conferenza l’Unione Europea ha stanziato 10 mila miliardi per agevolare il partenariato euromediterraneo. Imprenditori, artisti, intellettuali, sindacalisti, rappresentanti di camere di commercio, università ed altre istituzioni, hanno elaborato e studiato progetti per il partenariato euromediterraneo che così ha raggiunto un traguardo storico, proprio grazie al Fòrum civil.

Tutto il lavoro svolto durante il fòrum è stato poi racchiuso nel libro Verso un nuovo scenario di partenariato euromediterraneo, tradotto in sei lingue, in cui vengono riassunti i risultati dei lavori ed illustrati i progetti operativi prodottisi a Barcellona.

"Certo non è facile costruire la pace, – conclude Capasso – ma la Fondazione Laboratorio Mediterraneo lavora per questo, consapevole che ormai non è più possibile sprecare tempo e risorse. Solo quando francesi, spagnoli, greci, albanesi, tunisini, sloveni, italiani, egiziani... sapranno identificarsi come Mediterranei potremo sperare in un futuro migliore".

E c’è veramente da crederci perché un uomo che in soli tre anni, praticamente da solo, è riuscito ad intessere una rete di collegamenti fra l’Italia e la Spagna acquistando la fiducia di esponenti di numerosi vertici mondiali, non può che vedere realizzata la sua opera.