"IL DENARO"

19 luglio 1997

Nato e Unione europea si aprono ad Est*

di Michele Capasso

Madrid, luglio 1997. L’esito del vertice della Nato è scontato. L’allargamento programmato alla Polonia, Cechia e Ungheria anticipa di pochi giorni quello più ampio previsto dall’Unione europea che include, tra gli altri, anche l’Estonia, lasciando indietro Lituania, Lettonia e Romania.

Questi due avvenimenti toccano da vicino gli interessi dei Paesi mediterranei. Per diversi motivi. Tra questi due appuntamenti di cui si parla molto poco, previsti per il prossimo anno il rinnovo dei trattati sulle basi americane in Italia e la decisione sul ritiro o sul mantenimento di truppe americane ed europee in Bosnia, a garanzia di una pace che si configura sempre di più come una "non-guerra".

Queste scelte sono strategiche e delicate e sarà difficile trovare un accordo in tempi brevi. Non è facile capire subito la portata di avvenimenti sconvolgenti quali l’avanzamento della Nato nelle ex frontiere dell’Unione Sovietica e l’inclusione di pezzi dell’ex "Impero del male" nell’Unione europea.

Ricordiamoci che la Nato "è" essenzialmente gli Stati Uniti d’America. Noi "mediterranei" siamo solo un corollario, una semplice appendice. Dopo la caduta del muro di Berlino la carta geostrategica del nostro Vecchio Continente è divenuta complessa e priva di riferimenti. Gli interessi dei Paesi mediterranei non coincidono assolutamente con quelli americani e i recenti casi della guerra in ex Jugoslavia e della rivolta in Albania costituiscono un valido esempio.

Sabato 12 luglio 1997. Nadir Aziza , mi chiede qual’è il ruolo dell’Italia in questa nuova Nato che si allarga ad Est. Abbandonando ogni retorica e volendo operare un’analisi concreta di costi e benefici, l’allargamento ad Est della Nato non è positiva per i Paesi del Mediterraneo. Gli ipotetici benefici si riducono semplicemente a poche briciole su prospettive commerciali con i nuovi membri gli Stati Uniti, la Germania ed altri Paesi nord-europei si sono impossessati di tutti gli spazi disponibili. Quanto ai costi la lista è lunga e desta preoccupazioni. Il vertice Nato di Madrid ha evidenziato, dal punto di vista geopolitico, le profonde diversità di percezione dei problemi tra americani ed europei. L’Europa e il Mediterraneo sono visti dall’America in una dimensione minuscola e lontana. D’altra parte gli europei hanno manifestato anche in quest’occasione le proprie litigiosità e le proprie fratture, soprattutto fra il centro-sud e il centro-nord.

La conferenza di Madrid, dopo il vertice di Amsterdam ha confermato il cedimento dell’accordo franco-tedesco che ha regolato fino ad oggi le sorti dell’Europa facendo emergere una nuova intesa – quella anglo-germanica – che ha trovato l’approvazione da parte degli Stati Uniti.

I Paesi mediterranei dell’Unione europea, soprattutto la Francia e l’Italia, si sono battuti per riequilibrare a sud-est un allargamento limitato ai Paesi dell’area del marco i tedeschi hanno manifestato molte ambiguità, interessati quasi esclusivamente alla Polonia. In tale contesto, il vertice di Madrid ha accentuato la marginalizzazione dell’Europa mediterranea. L’Italia, promontorio del mondo occidentale che si affaccia sull’area di crisi adriatico-balcanica, pagherà un prezzo elevato. La Nato accoglie tre nuovi Paesi con un’adeguata stabilità interna, mentre si disinteressa totalmente del sud-est europeo. I problemi dell’Albania, del Kossovo (vera mina vagante) e della regione sud-est dei Balcani ricadranno sulle spalle dell’Italia.

Il nuovo orientamento della Nato esclusivamente verso la Mitteleuropa pone inoltre in discussione il mantenimento della forza americana in Bosnia, mettendo a rischio il delicato equilibrio in un’area che a stento cerca di ritornare alla normalità.

Un altro problema sul tappeto è il ruolo della Russia, sebbene siano ormai cancellate le minacce del passato. In questo scenario il vertice di Madrid ha a malapena celato il desiderio occulto di approfittare dell’attuale debolezza di Mosca per cancellarla dall’elenco della grandi potenze. Sarebbe questo un errore grave: escludere la Russia dalla gestione degli equilibri del Vecchio Continente non serve al processo di stabilizzazione, mentre può servire ad aumentare il caos in Russia con effetti e ripercussioni in tutt’Europa.

I francesi, a Madrid, hanno intravisto quale possibile rischio la fine della Nato. Negli Usa ci si interroga sull’utilità di questa alleanza, spesso litigiosa e frantumata, che per noi europei ha significato fino ad oggi la garanzia americana della nostra sicurezza. All’orizzonte si profila una probabile revisione della presenza in Europa degli Usa: Clinton potrebbe scegliere tra un ridimensionamento del suo impegno militare nel Vecchio Continente e la tentazione di affermare la propria assoluta egemonia sugli alleati europei. Comunque vada, l’Europa e il Mediterraneo non ne usciranno a testa alta.

L’Unione europea, impegnata com’è oggi a trovare equilibri nel suo processo di espansione verso Est, appare disattenta verso il Mediterraneo. Sembrano lontane le dichiarazioni della Conferenza euromediterranea di Barcellona del novembre 1995 e quelle di Malta dell’aprile di quest’anno. L’impegno ad istituire un partenariato euromediterraneo per creare una zona comune di pace e stabilità appare sempre più difficile da mantenere. D’altra parte, già a Malta abbiamo constatato che le incertezze riscontrabili nel processo di pace in Medio Oriente rischiano di far fallire il progetto lanciato a Barcellona e basato essenzialmente sul varo di una "Carta per la pace e la stabilità nel Mediterraneo".

Il peso politico dell’Europa, oggi più che mai impegnata nel suo "ampliamento" ad Est, risulta sempre di più sproporzionato rispetto alle sue azioni economiche. È indispensabile riequilibrare quest’Europa sul Mediterraneo.

L’ingresso di Cipro nell’Unione europea, dopo una lunga attesa, costituisce soltanto un piccolo tassello di questo processo.

In tale contesto, un ruolo essenziale è affidato al Parlamento Europeo, espressione diretta della volontà popolare, che deve instaurare un dialogo tra i Parlamenti euromediterranei al fine di portare a compimento una reale politica estera europea "comune" che sappia, con saggezza ed equilibrio, affrontare grandi temi quali la pace, la stabilità, l’attuazione del processo democratico, il dialogo interculturale, il ruolo della Società Civile.

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo affronterà questi temi nel II Fòrum Civil Euromed, e precisamente nei forum che si svolgeranno a Napoli il 12, 13 e 14 dicembre 1997.

Il concetto di partenariato tra l’Unione europea e i Paesi mediterranei, così come espresso nelle Dichiarazioni di Barcellona e Malta, risponde alla necessità di realizzare uno spazio di cooperazione e rispetto reciproco per il benessere di un’area scossa da tensioni e conflitti di varia natura. Ma perché questo avvenga, affinché si ottenga un impatto sul sostrato socioeconomico dei Paesi implicati, al di là delle relazioni e degli accordi intergovernativi, è fondamentale che siano i rappresentanti della Società Civile dei vari Paesi ad intervenire e partecipare attivamente alla promozione di progetti comuni per il futuro.

La nuova logica dei processi, lasciando spazio a forme di interazione e interdipendenza, sostituisce quella di tipo verticistico del passato – rigidamente strutturata e poco attenta alle diverse realtà locali – per seguire tutte le direttrici nord-sud, est-ovest e così via.

Anche se la Nato e l’Unione europea dimenticano il Mediterraneo, è compito della Società Civile difendere l’apporto della cultura mediterranea per la formazione dell’identità culturale europea. È un auspicio, ma soprattutto una necessità.