"IL DENARO"

11 ottobre 1997

Società Civile, diritti umani e partenariati*

di Michele Capasso

Atene, 3 ottobre 1997.Parliamo di diritti umani. Ho tra le mani una relazione di Paul Balta.

Uno dei principali criteri di funzionamento della Società Civile è quello della difesa dei diritti dell’uomo, in generale, e della donna, in particolare: si pensi alle controversie che hanno segnato la Conferenza mondiale sulla popolazione del Cairo, nel 1994, e la quarta Conferenza sulle donne, a Pechino, nel settembre del 1995. Nell’insieme, gli stati musulmani (e arabi) avevano sottoscritto la "Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo", adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10 dicembre 1948, quindi i due patti internazionali che nel 1976 (3 gennaio e 23 marzo) avevano dato alla dichiarazione la forma giuridicamente necessaria. Tuttavia, alcuni stati musulmani, tra cui l’Arabia Saudita, avevano espresso riserve su diversi articoli che giudicavano in contraddizione con la "shari’a" (legge islamica), in particolare per ciò che concerne l’apostasia (pena di morte), le pene corporali, l’uguaglianza tra uomini e donne, ecc. D’altronde, il 19 settembre 1981 era stata proclamata a Parigi, per iniziativa del Consiglio islamico per l’Europa, una Dichiarazione islamica universale dei diritti dell’uomo. Parallelamente l’Organizzazione della conferenza islamica (OCI), la cui sede si trova a Jeddah, aveva elaborato una Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo, adottata il 5 agosto 1990 da una sessione di ministri degli affari esteri. Tuttavia, in conseguenza di alcune critiche formulate da alcuni giuristi (anch’essi musulmani) e dalle leghe dei diritti dell’uomo dei paesi arabi, questo testo non è mai stato approvato da un "summit" dell’OCI. Ciò che caratterizza questi due testi è il fatto che numerosi articoli che sembrano riprendere i principi della Dichiarazione dell’ONU siano seguiti dall’espressione "a condizione di essere conformi alla Legge" (dove per Legge si intende la traduzione della parola araba "shari’a), il che limita notevolmente la loro portata.

Questi testi hanno scatenato polemiche in seno ai paesi arabi. Più che altrove, poiché il Mediterraneo è la culla delle tre religioni monoteiste, le società vengono provocate dai tradizionalisti nostalgici di una mitica età dell’oro, dagli integralisti che fanno una lettura rigida dei testi sacri o li utilizzano stravolgendoli per fini politici e dai modernisti che intendono secolarizzare la vita sociale, separare il potere spirituale da quello temporale, proporre dei riferimenti comuni allo Stato di diritto.

Praticamente in tutti i paesi costieri si sono costituite delle leghe per la difesa dei diritti dell’uomo. La prima nel mondo arabo è quella di Tunisi (1976-1977) e una delle più recenti è quella di Malta, costituita nel 1989. Alcuni organismi regionali o internazionali raggruppano o confederano queste istanze locali, favorendone così la cooperazione e l’ampliamento delle reti. In particolare la "Federazione internazionale dei diritti dell’uomo" (Parigi, 1922), "Amnesty International" (Londra, 1961), la "Commissione internazionale dei giuristi (Ginevra), l’"Organizzazione araba dei diritti dell’uomo" (OADH, Cairo, 1982) accreditata presso l’ONU.

Elemento principale della Società Civile il sistema educativo, che, effettivamente, condiziona la percezione di sé e dell’Altro. Anche in questo caso la situazione varia molto a seconda dei paesi. In generale, nel mondo arabo, l’insegnamento coranico tradizionale e millenario, fondato in particolare sull’apprendimento a memoria, ha inciso notevolmente sui metodi impiegati nelle scuole pubbliche e all’università. Tuttavia, sono stati fatti notevoli sforzi per introdurre una pedagogia moderna sul doppio piano della forma e del contenuto.

È la Tunisia a essere stata la più innovatrice, fin dall’epoca di Bourguiba. Questo paese ha infatti proceduto a una vera e propria rivoluzione nel corso degli ultimi anni. Membro dell’ufficio della Lega tunisina dei diritti dell’uomo prima di essere nominato Ministro dell’Educazione dal presidente Ben Ali, Mohamed Charfi, professore universitario, ha fatto procedere alla revisione di tutti i manuali scolastici.

Va poi sottolineato il coraggio delle famiglie algerine che inviano tutti i giorni cinque milioni di bambini alla scuola pubblica, malgrado la proibizione dei GIA (Gruppi islamici armati) che hanno distrutto centinaia di edifici scolastici e assassinato alunni e insegnanti su tutto il territorio. Questa resistenza silenziosa non è forse un modo esemplare d’affermare i diritti elementari e pertanto fondamentali della Società Civile

Zona di confronto, il Mediterraneo è anche un crocevia di scambi commercio, cultura e conflitti si sono sempre coniugati e i rimescolamenti culturali sono sempre stati intensi. Paradossalmente, i popoli del Bacino hanno la tendenza a praticare la memoria selettiva ognuno mette l’accento sul proprio apporto e ignora quello dell’altro. Ogni civiltà ricorre agli stereotipi, in particolare nei manuali scolastici. In Europa l’arabo è generalmente presentato come un guerriero invasore. Nei paesi di lingua araba, il denominatore comune è la specificità araba, l’islamismo.

Il settore della stampa e dei media è caratterizzato anch’esso da una grande varietà di situazioni. In molti paesi del Bacino la televisione è controllata dallo stato (ricordiamo che era anche il caso della Francia o della Spagna solo meno di un quarto di secolo fa), ma gli attori sociali vi pongono rimedio installando delle antenne paraboliche – definite "para-diaboliche" dagli islamici che fanno di tutto per proibirle – per captare i canali stranieri. Inversamente le comunità musulmane in Europa seguono, grazie ai satelliti, le trasmissioni (talvolta concepite espressamente per loro) dei rispettivi paesi d’origine.

Vi sono due fenomeni relativamente recenti. Il primo è l’incredibile fioritura di canali privati, di qualità molto diversa tra loro, in Turchia. Il secondo riguarda la presenza sempre più massiccia degli uomini d’affari sauditi e dei membri della famiglia reale nella stampa e nella televisione dei paesi arabi ed europei. A titolo esemplificativo, questi ultimi hanno preso il controllo dell’agenzia "United press International" e di molti quotidiani transarabi pubblicati a Londra come "Al Hayat" e "Al Chark al Awsat". Cheikh Walid el Ibrahim, cognato del re Fahd, ha acquistato nel 1993, la rete televisiva MBC ("Middle East Broadcasting Corporation") che trasmette a partire da Londra e un altro gruppo saudita dovrà attivare il canale ART a Roma nel 1996. È la legge del mercato. Non per niente giornalisti e intellettuali arabi sono preoccupati delle possibili conseguenze. Questi hanno rilevato, tra l’altro, che gli sceneggiati televisivi prodotti in Egitto hanno cominciato ad adottare una linea "ideologicamente e politicamente corretta" per poter passare su MBC. Questa situazione dovrebbe incoraggiarci ad incrementare notevolmente le co-produzioni.

Al termine di questa breve panoramica, vorrei mettere l’accento su tre punti. Il primo concerne la "Conferenza euromediterranea". Nei loro primi documenti (marzo-aprile 1995), gli organizzatori avevano sottovalutato l’importanza del fattore culturale. Quanta strada è stata fatta da allora A Bruxelles sono stati ascoltati suggerimenti e critiche. Il "Progetto di Dichiarazione" sottoposto alla Conferenza ha riservato un posto d’onore alla cultura questo non si è più accontentato di esprimere le preoccupazioni concernenti la sicurezza, ma ha affermato la necessità del partenariato, il quale implica una cooperazione globale e solidale inoltre ha sottolineato il ruolo fondamentale della Società Civile e ha chiesto che vengano formulate proposte concrete. Che è poi quello che farà il "II Forum Civile Euromed" previsto a Napoli il 12, 13 e 14 dicembre 1997. In secondo luogo, bisogna evitare di confondere i regimi con i popoli. È vero che a livello di stati, i poteri in carica sono degli interlocutori obbligati. Occorre tuttavia essere consapevoli del fatto che la maggior parte dei popoli aspira alla giustizia sociale, alla democrazia e a una modernità inscritta nelle proprie tradizioni. Sono i popoli che devono essere gli attori privilegiati di un dialogo culturale rinnovato. Infine noi europei dobbiamo evitare di avere un approccio troppo eurocentrico. In "L’Europe en procès" lo scrittore catalano Josep Fontana spiega come il concetto di "europeo" sia stato forgiato sul senso di superiorità. Se vogliamo promuovere il concetto di mediterraneità, dobbiamo favorire le cooperazioni tra le ONG e tra gli attori della Società Civile attraverso le reti di cui il nostro Bacino è stato l’inventore.

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, attivando la rete "Labmed", intende proporsi come capofila di tale processo.