"IL DENARO"

2 agosto 1997

Un anno, trentamila miglia*

di Michele Capasso

È dal 27 luglio 1996 che, ogni settimana, racconto anche sulle pagine de "Il Denaro" il nostro viaggio mediterraneo. Un anno di "pellegrinaggio" lungo le sponde di questo mare, di istantanee, di impressioni, di fatti e rivolgimenti. E di riflessioni.

Da "La responsabilità della passerella", in cui illustravo il complesso progetto volto al rilancio della ‘casa comune mediterranea’, attraverso "Sarajevo il nostro specchio", dove con un gruppo di amici della ex Jugoslavia ho ripercorso le atroci tappe di una guerra fratricida, fino a "Costruiamo il pensiero delle due sponde", in cui affido le speranze della futura riconciliazione dei popoli mediterranei ad un dialogo aperto e costante, per citare alcune delle cinquantadue "finestre" sul Mediterraneo da cui emerge una profonda e tuttavia interessante contraddizione: da una parte tanti tragici avvenimenti – quelli dell’area balcanica e dell’Algeria, prima di tutti –, dall’altra la voglia e la tensione verso nuove forme di cooperazione e partenariato tra i paesi europei e mediterranei.

Ho cercato, sia pur modestamente, di analizzare i delicati rapporti tra l’Europa – in particolare l’Europa dell’Est – ed i Paesi mediterranei. Un diario iniziato tempo addietro, con la crisi della Jugoslavia, un’annotazione tenuta con scrupolosa puntualità fino ai più recenti fatti d’Albania. Ho seguito tali tristi eventi con partecipazione emotiva e spirito critico, riproponendoli in questo "osservatorio" in modo semplice e diretto, con la delusione e la speranza di chi ha profuso ogni energia per tentare di comprendere una crisi che devasta l’antica culla della civiltà, spingendola verso una dimensione senza eredi e senza eredità.

Un diario di bordo, a volte semplici appunti, per testimoniare l’esigenza non di comprendere ma di costruire insieme una casa comune.

Eppure, al di là degli appelli, delle proposte lanciate attraverso questo settimanale o della pura riflessione, ciò che veramente mi ha spinto ad avventurarmi, attraverso le attività della Fondazione da me presieduta, in questo mare di discordie e di incoerenze è stata, senza ombra di dubbio, la scoperta di un grande potenziale rimasto troppo a lungo inerte il fondamentale apporto della Società Civile. La responsabilità è dunque affidata al mondo culturale, politico, religioso, dell’università, della ricerca, dei mezzi di comunicazione, delle associazioni, dei sindacati e dell’impresa pubblica e privata. Il loro compito è quello di potenziare ed attuare gli strumenti necessari ad una cooperazione che favorisca lo sviluppo di un grande scenario di partenariato euromediterraneo.

Affinché L’Europa ed il Mediterraneo si riapproprino di un ruolo determinante nell’evoluzione degli eventi del mondo, occorre rivalutare oltre alla dimensione economica e di mercato, anche la dimensione culturale e spirituale. In un momento in cui sono in crisi le ideologie di questo secolo è necessario dar vita a nuove identità basate sui concetti universali del "bello" e del "bene comune", facendo tesoro delle vicende storico-culturali delle antiche grandi tradizioni del Mediterraneo.

Il destino dell’Europa e del Mediterraneo è legato indissolubilmente al ruolo degli attori della Società Civile.

Ristabilire l’equilibrio attraverso la verità, la libertà e la giustizia è compito degli intellettuali dell’Europa e del Mediterraneo. Essi dovranno contribuire agli ideali di giustizia, di solidarietà, di cooperazione e di libera fratellanza tra i popoli che, pur appartenendo a tradizioni e culture diverse, sono però uniti da una antichissima base comune.

Il Mediterraneo non può essere solo un luogo di conflitti insanabili. Tuttavia oggi la differenza tra nemico e pericolo si pone. Un tempo il nemico era meno temibile perché si conosceva, era possibile individuarne o prevederne le mosse, con conseguente predisposizione di mezzi ed armi per difendersi. Nel Mediterraneo oggi sono pochi i nemici e molti i pericoli, imprevedibili, slegati da ogni logica. I kamikaze autori di stragi in Israele o i fondamentalisti che sgozzano uomini, donne e bambini inermi in Algeria non sono nemici, ma pericoli frutto di una follia omicida e suicida che non trova riscontro in alcuna cultura, né tanto meno in alcuna religione del Mediterraneo.

Trentamila miglia tra vari luoghi di questo "lago", spesso senza avere il tempo di assaporare il valore delle diversità. Un viaggio complesso e articolato che vuole essere lo strumento di un progetto ambizioso individuare le potenzialità in campo al fine di perseguire obiettivi e mezzi necessari per un comune pacifico sviluppo tra i paesi del bacino.

Le risorse ci sono. Occorre buona volontà.

Quando, da adolescente, cominciai ad occuparmi di Mediterraneo, composi un "frottage" dove su una tela vi era una mappa del bacino mediterraneo "informe", costituita solo da acqua e terra. Su quella mappa sovrapposi immagini di storia, partendo da Ulisse fino ad arrivare alle migrazioni di allora. Su quel ricordo, sugli "spostamenti" che hanno permesso in questi secoli il mescolarsi e sovrapporsi del pensiero filosofico e religioso, dell’arte e dei commerci, oggi si incontrano le attività della Fondazione. Un mix di risorse e competenze che, speriamo, possano contribuire a utilizzare beni e risorse – sempre meno disponibili – per ridurre le nuove povertà e i nuovi bisogni.