"IL DENARO"

26 ottobre 1996

La Macedonia e il Mediterraneo

di Michele Capasso

Giovedì 24 ottobre 1996. Inizia a Skopje un convegno internazionale organizzato dal Governo della Macedonia in collaborazione con la Fondazione Laboratorio Mediterraneo, dal titolo "La Macedonia e il Mediterraneo". Guidati da Predrag Matvejevic;, intervengono vari studiosi del Mediterraneo ed alcuni membri del Comitato scientifico internazionale della nostra Fondazione.

Quando si parla di Mediterraneo si ha insieme una visione globale e sfocata. In questa visione i singoli Paesi sono visti nella loro relazione geografica, economica e politica. Non sono visti nella loro personalità storica, nella loro stretta individualità che li rende protagonisti attivi di questi rapporti stessi. È importante esaminare, sia pure in una forma molto sintetica, la figura e il significato di ciascuno di questi Paesi: un viaggio attraverso tutte le nazioni bagnate dal mare Mediterraneo, ma anche attraverso quelle che su di esso convergono per storia, tradizioni e ripercussioni politiche. Una sorta di mappa geografica aggiornata anche in considerazione dei recenti mutamenti geopolitici.

Il nostro viaggio inizia dalla Macedonia.

È uno Stato nel cuore dei Balcani di circa 26.000 Kmq. con una popolazione multietnica di più di 2 milioni di abitanti, per il 40% al di sotto dei 30 anni, in maggioranza urbana, di cui il 65% slava, quasi il 22% albanese e con minoranze turche, arumene, serbe e qualche minima rappresentanza di altre etnie. Ha un rateo di crescita superiore all’Unione Europea (UE) poiché le nascite sono il doppio delle morti: È anche multiconfessionale: ortodossa per il 66%, musulmana per il 30%, cattolica per lo 0,5% e per il resto di altre fedi. L’economia è industriale al 40%, l’agricultura e le industrie derivate hanno un grande potenziale, il reddito pro capite e di circa un milione e mezzo l’anno. Il turismo è importante, ha buone strutture e potrebbe avere maggiore sviluppo. La stampa periodica si avvicina alle 200 pubblicazioni, esiste un considerevole commercio librario, le strutture culturali e sanitarie sono quelle di un Paese moderno. Dopo il movimento irredentista del secolo scorso e la tragedia delle guerre balcaniche del 1912-1913, la Macedonia è divenuta Repubblica nel quadro federale jugoslavo nel 1944, quando anche ha assunto il Macedone come lingua ufficiale. Nel 1991 diventa Repubblica indipendente e nel 1993 181° membro dell’ONU.

Già nel periodo comunista si è sviluppato un tessuto interetnico che ha permesso allo Stato di restare alieno dalle tendenze razziste che, dopo la crisi della Federazione provocata dall’antifederalismo sloveno e l’espansionismo serbo, hanno portato alla guerra bosniaca. Esiste in Macedonia anche una stabilità politica, che resta inattaccata dalle frange estremiste e dalle pressioni esterne.

Se è vero, come scriveva Braudel, che bisogna considerare "il grande Mediterraneo" comprendendo anche i Paesi della penisola balcanica che convergono sul Mediterraneo, la Macedonia può definirsi un Paese mediterraneo a pieno titolo Di questo ed altro ne parlo con Nullo Minissi, membro del Consiglio Direttivo della nostra Fondazione ed Accademico di Macedonia. "Sia da un punto di vista storico-culturale che da un punto di vista degli interessi economici e politici – sostiene Minissi – la Macedonia è un Paese mediterraneo. Non va dimenticato che la cultura dei Paesi balcanici ha tre origini la matrice religioso-culturale ortodossa, la matrice religioso-culturale islamica, la matrice religioso-culturale cristiana. Queste tre origini sono tutte provenienti dall’area mediterranea perché esprimono tre civiltà formatesi nel Mediterraneo".

È importante capire i rapporti di questa nazione con l’Unione europea in quanto, anche durante il periodo comunista, la Macedonia è stata aperta all’Europa e dal 1991 ha manifestato vivamente l’intenzione di integrarvisi. A tale proposito Minissi evidenzia "la principale attesa della Macedonia in quel periodo era verso l’Italia che non ha saputo rispondere alle sue aspettative. Adesso sta entrando nella zona marco, ma la sua aspirazione è rivolta all’insieme dei Paesi dell’Ue. La politica della Comunità Economica Europea (Cee) è stata eccessivamente cauta a causa delle pressioni della Grecia; si è trattato di un errore grave che ha negato ogni protezione alla Macedonia nel momento in cui più si accanivano su di essa forze disintegrative provenienti dall’esterno. A queste forze essa ha reagito da sola, con il proprio equilibrio e la propria volontà politica. La politica della Ue è più aperta di quella della Cee, ma non abbastanza ardita. Eppure la Macedonia è il Paese più stabile dei Balcani essa infatti non ha una crisi politica, ha problemi economici, però meno gravi degli altri Paesi balcanici, manca di focolai interni di disgregazione, di insurrezione o di guerra ed ha saputo rispondere con grande equilibrio alle pressioni esterne contro la sua stabilità".

A questo punto è necessario capire quale dovrebbe essere la politica dell’Ue verso la Macedonia.

"Una saggia politica dell’Ue – prosegue Minissi – dovrebbe tenere conto di questa situazione e fare più riferimento alla Macedonia per una politica di ristabilizzazione della società balcanica. L’Ue, tuttavia, è poco orientata su questa strada anche per la volontaria impotenza in cui si è messa rispetto alla guerra balcanica e alla sua soluzione. Le responsabilità della Cee infatti all’origine della guerra, durante essa e nei suoi piani di pace, basati sull’accettazione di principi razzisti portati a giustificazione dell’espansionismo serbo, è indiscutibile e assai grave. Bisogna riconoscere che la divergenza di vedute tra la Francia mitterandiana e la Germania come l’assenza di visione degli altri membri della Cee sono stati strumenti d’inerzia politica o di iniziative sbagliate. Anche la posizione infelice delle forze dell’Onu, sotto comando militare europeo, che si sono trovate in situazione di accettare con indifferenza i genocidi, pur di evitare perdite esse stesse, sono una conseguenza della cattiva impostazione politica".

La soluzione americana, che ha arrestato i combattimenti ma non impedisce il proseguire della politica di epurazione etnica né soprattutto getta le basi politiche e concettuali per superarla, ha risolto i problemi che l’Europa non è stata in grado di risolvere Qual’è il carattere della soluzione americana e quali le conseguenze prevedibili

"La soluzione americana ha creato una situazione provvisoria. – chiarisce Minissi – Se è vero che in politica il provvisorio può essere origine di sviluppi, gli sviluppi che attualmente appaiono sono tutti negativi. Si rafforza, infatti, in tutti i Paesi dell’antica Federazione Jugoslava, ad eccezione della Macedonia, un movimento di purismo etnico che, aggiunto ai progressi nelle recenti elezioni dell’estrema destra razzista in Francia e in Austria, rappresenta un grave pericolo per lo stesso futuro dell’Ue". C’è da chiedersi quali possano essere le conseguenze del rapporto tra la Macedonia e l’Ue in tale contesto e se tale rapporto sia limitato solo alla politica dei Balcani. "La Macedonia – sostiene Minissi –, con l’esempio della convivenza interetnica, la politica di pacificazione e di equilibrio che sostiene in sé e tende a propagandare, pur negli stretti limiti di una sua possibile influenza, può essere un riferimento e un punto saldo della politica dell’Ue nei Balcani.

L’importanza di questo rapporto va assai oltre. In effetti, da una parte le crisi che si prevedono nei Balcani per il persistere dei dissidi etnici e per la mancanza di un impegno economico dell’Occidente e dall’altra la frattura sociale di alcuni Paesi dell’Ue, la crisi dei suoi maggiori partiti politici con la sfiducia nei sindacati unitamente all’assenza di una chiara impostazione concettuale sono tutti fattori pericolosi che solo una nuova politica nel Mediterraneo e nei confronti e all’interno della penisola balcanica potrebbe contenere".