"IL DENARO"

6 febbraio 1999

Il cinema, strumento di dialogo per la pace

di Michele Capasso

Trieste, 24 gennaio 1999. Assegniamo il Premio Internazionale Laboratorio Mediterraneo, scelto tra oltre 270 film in concorso alla decima edizione degli incontri di Alpe Adria Cinema.

"Oh, come sono permeabili le frontiere umane! Quante nuvole vi scorrono sopra impunemente, quanta sabbia del deserto passa da un paese all’altro, quanti ciottoli di montagna rotolano su terre altrui con provocanti saltelli! Devo menzionare qui uno a uno gli uccelli che trasvolano, o che si posano sulla sbarra abbassata? Foss’anche un passero, la sua coda è già all’estero, benché il becco sia ancora in patria. E per giunta, quanto si agita! Solo ciò che è umano può essere davvero straniero. Il resto è bosco misto, lavorìo di talpa e vento". Il catalogo della decima edizione degli "Incontri con il cinema dell’Europa centro orientale" – ai quali da cinque anni collabora la nostra Fondazione – riporta in apertura questa poesia di Wistawa Szymborska sulla fragilità delle frontiere e sulla dissonanza tra comportamento umano e leggi della natura. È un aiuto per capire, meglio di qualunque discorso, lo spirito e le intenzioni che hanno guidato il percorso progettuale di Alpe Adria Cinema durante questo primo decennio di vita del festival e della sua attenta indagine nell’Europa turbolenta dei confini in questi anni dissennatamente voluti o negati, abbattuti o innalzati, irrisi, lacerati. Sulla convinta idea della naturale permeabilità dei confini, a qualsivoglia ordine di cose o categorie essi siano riferiti, Alpe Adria Cinema ha infatti costruito con pazienza la propria strada, preoccupandosi sempre e soprattutto di rispettare, con scelte programmatiche coerenti, la propria fisionomia di osservatorio di un’area e di un cinema particolari.

Mercoledì 20 gennaio 1999. Ore 19. Annamaria Percavassi, ideatrice e direttrice del Festival, mi chiama disperata. Non hanno concesso a Sarajevo il visto per portare al Festival l’unica copia esistente del film "Nevjeste dolaze" (Le spose verranno), opera prima di Emir Kusturica: un evento centrale e già annunciato al festival. L’ambasciata chiude alle 19.30 e l’indomani non apre per la festa del Ramadan. C’è solo mezzora per cercare di ottenere il visto. Memore delle molteplici iniziative umanitarie che la nostra fondazione ha attuato durante la guerra in Bosnia, una funzionaria dell’ambasciata si impegna ad aprire appositamente l’ufficio ed a predisporre i documenti per consentire alla pellicola di essere a Trieste il giorno successivo.

Trieste. Sabato 23 gennaio. Ore 20. Sead Bajric; è un dirigente della televisione bosniaca. È lui che ha materialmente portato la copia del film. Mi abbraccia e ringrazia a nome di tutti gli amici presenti a questa proiezione-evento. Per la prima volta si vede sullo schermo la copia a 35 millimetri di quest’opera creata dal regista di Sarajevo per la televisione della sua città. Non è una favola, "Le spose verranno". Assomiglia piuttosto ad una tragedia. A un dramma antico. Sequenza dopo sequenza lo spettatore viene chiuso in un bozzolo fatto di ghiaccio che toglie il respiro, la luce, l’illusione che esista una via d’uscita all’incubo che Emir Kusturica racconta in sessantasei minuti di grande cinema. Sceneggiato da Ivica Mandic;, questo film viene raccontato da Kusturica con raggelata precisione. Usando una fotografia limpida, una recitazione asciutta, un intreccio penetrante come la lama di un coltello. E gli applausi, alla fine, lo consacrano come uno dei grandi film della rassegna "Onde dell’altra riva": più di 170 titoli (tra lunghi, corti e video) in tre distinte rassegne dedicate agli anni ’60 in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro. Quasi tutti sono film inediti in Italia, in buona parte copie stampate esclusivamente per questo nostro festival, soprattutto grazie ai ministeri dei tre Paesi balcanici, che hanno mostrato grande spirito collaborativo e grande entusiasmo per l’operazione.

Domenica, 24 gennaio 1999. Ore 20. Le giurie composte da studenti della facoltà di Lettere e Filosofia e di Scienze delle comunicazioni stanno per leggere il verdetto. Non si tratta di superstizione. Ma quasi sempre va così ai Festival: il film più bello, più incensato, più pronosticato finisce per tirare la volata a qualche pellicola outsider. Anche in questa decima edizione è andata così. Il film di Jan Jakub Kolski "Historia Kina w Popielawach" (Storia del cinema a Popielawy) viene scelto come migliore lungometraggio "per la capacità di narrare in equilibrio tra i toni sfumati della favola e quelli più accesi della realtà di paese, l’idea di un sogno, quello del cinema". Secondo molti il film chi meritava di vincere era "Szemvedèly" (Passione) dell’ungherese Gyorgy Fehér: questo film, prima di Trieste, aveva incantato critica e pubblico al festival di Cannes ed a quello di Taormina. Il "Premio Internazionale Laboratorio Mediterraneo" – istituito da quattro anni dalla nostra Fondazione – è stato assegnato dagli studenti al cortometraggio "Un accento perfetto" di Nicola Sornaga. Mai come quest’anno gli incontri di "Alpe Adria Cinema" sono riusciti a presentare una sezione di film in concorso così omogenea e di alta qualità. Per il film di Kusturica,"Le spose verranno", il Teatro Miela ed il Cinema Excelsior di Trieste si sono riempiti in maniera incredibile ed è stata necessaria una nuova proiezione a mezzanotte, nonostante il gelo. Alla fine brindisi con tutto lo staff di "Alpe Adria Cinema": 11 donne in gamba con le quali speriamo di continuare, per il prossimo decennio, la nostra collaborazione e strutturare una "banca dati" del cinema dell’Europa centro orientale. A queste donne va il merito di aver promosso il cinema quale strumento di dialogo per la pace.