"IL DENARO"

22 maggio 1999

La TV annulla la complessità dell’area med

di Michele Capasso

Roma, maggio 1999. ‘La macchina degli affetti’ di Serena Dinelli (Franco Angeli 1999) ci invita a riflettere su cosa accade guardando la TV.

In che modo i linguaggi televisivi ci toccano nelle emozioni e negli affetti? E come la Tv potrebbe contribuire sottilmente ad un’educazione sentimentale del gusto? E cosa si profila già oggi con altre "tecnologie dell’emozione" (dal cinema di effetti speciali al videogame)? La Tv è vista come mezzo che mima la comunicazione faccia a faccia e crea un territorio socio affettivo nuovo: è strumento di continuità e cambiamento nella natura dell’esperienza umana. Crea un campo di comunicazione universale: tesse legami, favorisce processi identitari individuali e collettivi. L’ipotesi è che la Tv abbia dato una sua risposta al bisogno di esistere e vivere partecipando a una dimensione di gruppo sociale che fornisca continuità, vicinanza e molteplicità: in Occidente l’espansione della televisione è avvenuta in una fase di trasformazioni sociali vertiginose, che di per sé avevano molto impoverito le occasioni per soddisfare nella realtà questi bisogni di base. Voglio utilizzare le suggestioni per leggere il Mediterraneo attraverso lo sguardo collettivo dello strumento televisivo. In questo ambito la Tv facendosi strumento operativo delle più condivise rappresentazioni sociali, non è strumento di crescita culturale bensì macchina che da corpo a fantasie collettive, rappresentandole. Fornisce codici di comunicazione sociale che classificano la realtà impoverendone la complessità. Le rappresentazioni ripresentano, ma allo stesso tempo convenzionalizzano gli oggetti, le persone e gli eventi. Il rapporto con ‘l’altro’ è con l’immagine del nostro altro che ha inoltre valenza spesso prescrittiva. La riva Nord rappresenta il Sud come territorio del passato e della memoria antica. Il leitmotiv sembra essere la ricerca del nostro passato perduto: spiagge intonse, miti e riti scomparsi, sentimenti forti e lontani: insomma una sorta di ritorno a profonde esperienze interiori rimosse dalla velocità e frammentazione della società attuale. La riva Sud viene rappresentata nei suoi patrimoni antichi (la biblioteca di Alessandria, le Piramidi, l’antica Grecia, ecc.), gli irrigidimenti fondametalisti, il degrado del sottosviluppo. Specularmente l’attenzione alle prospettive del domani sono nell’occhio televisivo del Sud. Le periferie di Tunisi e Rabat, così quelle del Cairo e Tirana mostrano in gran quantità i "padelloni", le ciotole satellitari che accolgono i cibi di un futuro spesso solo virtuale. Il mito del benessere, la speranza di ciò che non c’è e che, forse, non ci sarà mai. Il domani potente e mediaticamente vicino che il piccolo schermo rappresenta, soddisfa ansie e timori di un presente incerto ancora radicato in canoni culturali della tradizione. Essere nella TV italiana con Carrà, Baudo e Angela proietta lo spettatore in un altrove più ricco e variegato del quotidiano di La Valletta o Dubrovnic o Tirana o Tunisi. Nel grande bacino di frequenze e lingue mediterranee rappresentazioni sociali diverse si contrappongono: Tv menestrello del felice domani, Tv cantore della memoria del felice passato. In questo senso la Tv ‘macchina degli affetti’ ci fa conoscere dimensioni e luoghi di cui la vita quotidiana non consente agevole esperienza e la valenza affettiva connessa a tali percorsi interiori rende la televisione strumento di riproduzione della nostra immagine dell’altro. È un utilizzare il mondo degli affetti e delle connessioni cognitive in chiave regressiva. Urge utilizzare la Tv per creare incroci di sguardi: occasioni di conoscenza tra le rappresentazioni che il Nord e il Sud hanno di loro stessi. In questo senso occorre proporre forme di co-produzione che abbiano come target individuato la popolazione degli utenti satellitari di paesi limitrofi. Un altro obiettivo per il dialogo intereuropeo ed intermediterraneo potrebbe essere il dare corpo alla messa in rete di nuove conoscenze. Rispecchiare identità, valorizzare coincidenze e differenze (penso ad esempio ad uno dei reportage di Carmen La sorella sulle donne algerine con interviste a Khalida Messaoudi e Salima Ghezali). L’azione della Cineteca di Bologna e della Fondazione Laboratorio Mediterraneo, con il supporto della Comunità europea, di sottotitolare e distribuire 70 film di neo autori mediterranei nel circuito europeo è sicuramente un’operazione che va in tal senso; persegue infatti l’obiettivo di rendere fruibile alcuni prodotti della ricca e complessa espressione del cinema arabo contemporaneo a noi quasi ignota alimentando così il dialogo interculturale tra le due rive. In un momento in cui questo nostro mare è insanguinato da guerre spesso inspiegabili, il ruolo dei media assume una responsabilità enorme per evitare che indifferenza ed assuefazione si sommino agli orrori ed alle sofferenze.