"IL DENARO"

16 gennaio 1999

Le regioni tra la nuova Europa e il Mediterraneo

di Michele Capasso

Venerdì 15 gennaio 1999. Siracusa. Nello storico Palazzo Beneventano si incontrano i rappresentanti delle Regioni e Collettività locali di vari Paesi per accentuare il loro ruolo nell’ambito del partenariato euromediterraneo. Partecipano alla riunione i ministri e gli ambasciatori di vari Paesi: un momento importante per ridefinire la collaborazione dei vari livelli istituzionali in un momento cruciale della storia dell’Europa e del Mediterraneo. Questo tema fu affrontato in una specifica sessione del II Forum Civile Euromed che ha, di fatto, gettato le basi per il dibattito e le decisioni che scaturiranno da questi incontri siciliani. Durante gli ultimi anni è stato fatto un notevole sforzo per introdurre il concetto di "Regione" in Europa. Oggi il regionalismo è attivo e presente non solo in Paesi dove per tradizione è riconosciuta l’autonomia delle Regioni – come la Germania, l’Austria e il Belgio – ma anche in altri Paesi del Nord Europa, come la Svezia e la Finlandia. Nei Paesi del Sud questo fenomeno assume aspetti contrastanti: in Spagna vi è l’espressione massima – la Catalogna costituisce un esempio eclatante – mentre in Francia vi è una presenza più modesta. In Italia, a parte dibattiti, fermenti e contrasti, ogni tentativo di razionalizzare tale problema ha incontrato notevoli difficoltà. Lo sforzo di tutta l’Europa per introdurre ed affermare il concetto di regionalismo, sia dal punto di vista politico e delle idee che da quello strutturale ed organizzativo, è unanimamente riconosciuto: ciò avviene a livello degli Stati dell’Unione ed attraverso organismi specifici quali il Comitato delle Regioni, l’Assemblea delle Regioni d’Europa, la Crpm ed altri. Si sta affermando una dimensione unitaria della Regione Europea ed è opinione di molti che l’Europa debba essere costituita su quattro livelli: l’Unione Europea, le istituzioni e gli organismi degli Stati attuali, le Regioni e le Collettività locali. Questo impulso regionalistico in Europa risponde ad un’esigenza storica e non contrasta la solidità degli Stati che, anzi, risulterà rafforzata. Discutere oggi di Regioni in ambito euromediterraneo significa confrontare lo stato delle Regioni, delle Città e delle Collettività locali in tutta l’area, analizzando le differenze tra le diverse sponde del Mediterraneo.

Tutti noi sappiamo bene che non parliamo della stessa realtà. Nel Sud e nell’Est di questo mare vi sono profonde diversità: indubbiamente vi sono Città, Province ed anche alcune Regioni, ma non tutte possiedono quella rappresentatività democratica così come viene intesa nei Paesi europei. Tale divergenza è stata ritenuta finora di grande importanza in quanto causa principale delle difficoltà riscontrate in questi ultimi anni nell’attuare la cooperazione decentrata. Quale rappresentante di Istituzioni attivatrici e rappresentative della Società Civile, al fine di rendere sempre più aderenti le espressioni politiche alle esigenze reali delle popolazioni ed indirizzarle ad una convergenza di intenti sulla base dei diritti dell’uomo e delle reali necessità dei vari popoli, ritengo che il problema della disomogeneità, esistente tra Regioni e Collettività locali della riva Nord e Sud del Mediterraneo, sia superabile nell’immediato. Esso è generato sostanzialmente dalla valutazione che le Regioni, Città ed autonomie locali possano essere o meno il risultato di un insediamento espresso da un processo elettivo democratico. Il tema è importante ma è necessario soprattutto confrontarsi e cooperare affrontando problemi concreti legati ai nuovi bisogni ed alle nuove povertà dei vari popoli, che richiedono l’assunzione di impegni precisi e l’utilizzo puntuale delle risorse disponibili. Le Regioni, specialmente quelle europee, devono poi fare i conti con la "nuova Europa". L’integrazione europea sta attraversando una fase non semplice di ridefinizione della propria identità: la sfida dell’allargamento ad Est e lo spostamento del baricentro dell’Europa verso Nord sono due temi di estrema importanza che possono condizionare lo sviluppo del partenariato euromediterraneo. Tale processo non sarà indolore ed avrà conseguenze nefaste se, con pari dignità, l’Europa non saprà riancorarsi e ricentrarsi sul Mediterraneo. L’identità dell’Europa scaturisce specialmente dalla sua identità mediterranea e le due cose non sono assolutamente in contrasto. Esiste un’Europa mediterranea come pure una coscienza mediterranea dell’Europa. Le Regioni e le Città del Sud dell’Europa hanno il compito di dare forma, insieme ad altre realtà della Società Civile, a questa coscienza. Nel 1994, in presenza di un’Unione monetaria ristretta, sembrava prendere corpo l’ipotesi, allora sostenuta dalla Germania, di spostare definitivamente il baricentro dell’Europa a Nord. Oggi l’estensione della base dell’Unione monetaria ha impedito che questa tendenza si accentuasse oltre misura e l’azione vincente dell’Italia – passerella dell’Europa nel Mediterraneo – è destinata ad avere un impatto notevole sulla costruzione della nuova Europa mediterranea. Hegel ha scritto che la "coscienza del mare è tipicamente europea", dimostrando quanto sia equivoca l’idea di spostare il baricentro a Nord, dove l’idea di "terra" prevale su quella di "mare". All’allargamento ad Est deve corrispondere un’Europa mediterranea che sia una grande realtà multiregionale in grado di dialogare con il mondo arabo-islamico, con Israele e con tutti i popoli che si affacciano sulla costa Sud del Mediterraneo. Il tema "Mediterraneo ed Europa" rappresenta una grande occasione perché si sviluppi il senso delle autonomie e del regionalismo: la riaffermazione del principio di "sussidiarietà" dovrà essere fondato sulle vere esigenze di autonomia dell’Europa attraverso ridefinizioni regionali e macroregionali. Le relazioni dirette "Regioni-Città-Unione-Paesi partner mediterranei" devono costituire non solo una ridefinizione istituzionale ma, soprattutto, la capacità di esaltare i poteri, le responsabilità ed i risultati delle Regioni, delle Città e di tutte le autonomie locali.