"IL DENARO"

9 gennaio 1999

Moneta nuova, continente vecchio

di Michele Capasso

Giovedì 31 dicembre 1998. Nasce l’Euro. Il ministro Ciampi è commosso e brinda con i suoi colleghi europei stringendo la prima moneta coniata dalla zecca. Tutti sperano che quest’anno possa – finalmente – condurre ad un unione politica del Vecchio Continente. Ma l’opinione pubblica mondiale è confusa. Gli eventi delle ultime settimane dell’anno appena passato – il caso Oçalan, la visita di Clinton in Palestina, l’attacco degli USA all’Iraq – hanno mostrato – nonostante l’avvicinarsi dell’Euro – un’Europa nuda, inesistente dal punto di vista politico e militare ed incapace di costruire e portare avanti una politica estera comune. Una responsabilità grave quella dell’Europa: non essere in grado di programmare e coordinare azioni tese al mantenimento della propria identità e, ancor meno, di quella della regione da cui trae origine e di cui naturalmente è complementare: il Mediterraneo. Tony Blair con il suo atteggiamento da protagonista, da "superalleato" degli Usa, ha complicato ulteriormente le cose: marginalizzando di fatto i partner europei ha rallentato di molto la nascita dell’Unione politica europea. La sua scelta di affiancarsi militarmente all’azione americana in Iraq ha voluto evidenziare da un lato la "particolare relazione" tra Gran Bretagna ed Usa, dall’altro far comprendere che quest’ultima è, forse, per la Gran Bretagna più importante della stessa Unione europea. Se questa scelta trova fondamento in azioni coerenti e consequenziali, vi saranno effetti nefasti sul destino dell’Unione politica europea. Fayçal Husseini è un dirigente palestinese. Pronunciò parole amare quando Blair si recò in Palestina per attuare la stessa azione mediatrice che gli aveva procurato qualche riconoscimento in Irlanda. "Non vogliamo intromissioni da chi non conosce i nostri problemi" esclamò allora: "È l’Europa intera che deve aiutarci, se ha volontà e potere di comprendere che il Mediterraneo, Israele e la Palestina sono i suoi parenti più stretti e che dal loro destino dipenderà anche quello degli altri popoli euromediterranei". Il dirigente palestinese è critico e pessimista anche dopo la recente visita di Clinton a Gaza. Non si è lasciato impressionare dalle lacrime di commozione che il presidente americano ha mostrato incontrando a Gerusalemme orfani palestinesi. Per Husseini il processo di pace è ormai un cadavere in via di decomposizione. Per lui l’Europa ha la grande responsabilità di non essere stata in grado di assumere un ruolo di mediazione legittimato dalla sua storia e dalla sua posizione geografica. "Per costruire la pace nella nostra terra bisogna essere in due", afferma, "e inutili sono le ingerenze esterne come quelle di Blair se una parte manca all’appello". Questa parte è Israele. Lea Rabin è apparentemente contenta della visita di Clinton a Gaza. Osserva l’emozione sul volto stanco e malato di Arafat e sorride guardando la mano del leader palestinese che spinge il presidente americano a tagliare in tanti pezzi il nastro rosso in occasione dell’inaugurazione dell’aeroporto di Gaza. "Sono reliquie, quei pezzi di nastro" dice Lea Rabin "Come lo è la pietra che Clinton ha personalmente prelevato a Wye Plantation e depositato, con me, sulla tomba di mio marito. Un riconoscimento verso chi ha iniziato questo processo di pace". La vedova del leader israeliano d’un tratto si rattrista: "Quando c’era mio marito Arafat lo considerava un partner, uno con cui costruire qualcosa, insieme. L’intrusione di Clinton in questo ruolo significa che Israele non è più nulla. La dignità di questi popoli e con essa quella dell’Europa è, oggi, nel punto più basso".

Ancora critiche all’Europa, ancora affermazioni dure verso l’immobilismo del vecchio continente. E non solo. Anche il prestigio dell’Onu, la "casa" degli Stati, nella sua funzione specifica di tutore della legalità tra i popoli del mondo, è stato ridicolizzato dall’ultimo attacco Usa all’Iraq, i cui risultati – peraltro – appaiono incomprensibili a molti. Cosa succede a queste Istituzioni? Quale il destino dell’Europa? Basterà l’Euro a riportare fiducia e a indurre i Paesi dell’Unione a costruire rapidamente un’Unione politica e con essa gli Stati Uniti d’Europa (con una comune politica estera e di difesa)? Sono domande destinate a restare per lungo tempo senza risposta. L’isolamento della Gran Bretagna produrrà divergenze di strategie che avranno i seguenti effetti: l’allontanamento dell’allargamento dell’Unione Europea ad Est; una crisi di credibilità e fiducia sul governo inglese e sull’alleanza atlantica in generale da parte di molti paesi dell’Unione e, certamente, di quelli candidati a farne parte; una nuova complessa rivalità tra Germania, Gran Bretagna e Francia sulla distribuzione delle cariche europee (il prossimo anno vi saranno le elezioni e la costituzione della nuova Commissione europea) e sul modo di intrattenere rapporti con gli Usa. Alcuni quotidiani italiani e francesi, di fronte alle posizioni di dissenso verso la politica estera americana e verso l’azione di guerra scatenata da Clinton – apertamente manifestate da D’Alema e Chirac – si sono posti un problema: può l’Europa nel suo insieme, o alcuni dei Paesi che la compongono, dissentire dalla politica estera americana senza compromettere la solidarietà ed il "fronte unico" dell’Occidente? L’Europa può e deve dissentire, per non sentirsi nuda di quei principi e valori fondamentali che sono alla base della sua civiltà, da quelle azioni – ancorché generate da un alleato come gli Usa – contrarie all’etica politica ed ai diritti umani, colonne portanti del diritto internazionale. Questo atteggiamento deve però fondarsi solidamente su: una politica estera efficace, un’azione di difesa unitaria, un’attenzione politica e culturale costante verso il Mediterraneo. Noi europei e mediterranei abbiamo cultura, competenza e sensibilità per risolvere da soli i nostri problemi.

Notte del 1 gennaio. Ore 3.30, Raidue. Romano Prodi fa lezione. Ripercorre le tappe dell’Europa, dalla CEE nata a Roma nel 1957, a Maastricht nel 1992, fino all’Euro. Sarà lui, come si vocifera, il prossimo presidente della Commissione europea? Come italiano me lo auguro: a condizione che sappia ricentrare l’Europa sul Mediterraneo promuovendo la costituzione degli Stati Uniti d’Europa.