"IL DENARO"

19 ottobre 1996

Sarajevo, il nostro specchio

di Michele Capasso

Venerdì 11 ottobre 1996. Manca poco alla mezzanotte. In una trattoria di Roma sto cantando, quasi urlando, Bella ciao, ciao, ciao ...

I partecipanti al coro, miei commensali ed amici, sono Predrag Matvejevic, Hanifa Kapidzic-Osmanagic, Vladimir Bilic, Izet Sarajlic;, Sead Fetahagic, Slavko Santic, Marko Kovacevic, Vojka Djikic-Smiljanic, Vlatko Dolecek.

I clienti, gran parte giapponesi, sono incuriositi ed infastiditi. Non si spiegano le urla, le troppe bottiglie di grappa, le diverse lingue. Un cameriere spalanca la porta d’ingresso per ridurre il frastuono. Le nostre voci, per lo più stonate, si spargono lungo Via Ripetta, attirando qualche curioso dalla vicina piazza del Popolo.

Sui volti di tutti noi emozione, lacrime, rabbia, gioia e sentimenti "liberati" urlando sempre di più Bella ciao, ciao, ciao ...

Entra un bambino per vendere fiori. Izet vuole privarsi di cinquantamila lire per una rosa. Predrag glielo impedisce, consapevole del valore di quella somma oggi a Sarajevo. Si accordano per diecimila lire. Il piccolo fioraio gioisce. La serata volge al termine.

Abbiamo ripercorso durante la cena le tappe del calvario di Sarajevo assediata per oltre milleduecento giorni. Commovente il brindisi finale. Vlatko Dolecek ringrazia per la bella serata: "da raccontare ai nipoti", conclude. Insieme con i suoi amici bosniaci ripercorre l’impegno della Fondazione Laboratorio Mediterraneo a favore della Bosnia. Izet, con espressione infantile, pronuncia piccole frasi "Noi bosniaci siamo uomini di parola. Voi italiani avete subito una guerra, nel 1944. Ma si trattava di una guerra morale. Da noi, come ha detto il mio amico Erri De Luca, sono entrati in guerra le città, i villaggi, le famiglie, gli amici. La mia emozione questa sera supera la ragione. Sono deluso dai popoli "razionali", sono i popoli "irrazionali", le persone emotivamente coinvolte, come Erri De Luca, Michele Capasso e tante altre, quelli che ci hanno veramente aiutato Il nostro amore per voi e per ogni italiano sarà perenne Per voi farò tutto quello che potrò ...".

I commensali bosniaci sono i fondatori del "Circolo ’99" di Sarajevo, guidati dall’amico Predrag Matvejevic, loro rappresentante a Roma. Il circolo era all’inizio una piccola radio alternativa che trasmetteva sulla frequenza 99. All’epoca nessuno poteva immaginare che sarebbe diventato il simbolo della resistenza culturale di Sarajevo. In piccoli ambienti distrutti dalla guerra si ritrovano musicisti, scrittori, poeti, attori, pittori decisi, durante l’assedio della capitale multietnica, ad opporre una resistenza personale e particolare.

In Bosnia oggi si continua a resistere. Molti incidenti quotidiani dimostrano che non c’è una vera pace solo un misero armistizio. Il dopoguerra è duro e crudele quanto la guerra stessa. Sono fenomeni che, già’ accaduti nel corso della storia, si ripetono in Bosnia. Tra i molteplici esempi cito l’impossibilità ancora adesso a "pace fatta", di raggiungere Sarajevo da Spalato di notte, per il rischio di agguati e attentati Gli amici del "Circolo 99" sono rimasti a Sarajevo durante tutto l’assedio Per la prima volta molti di loro – un’intera delegazione – escono dalla loro città per essere qui con noi a Roma. Alcune volte appaiono gioiosi come bambini, altre tristi e depressi Vagolano per le strade di Roma stupiti che possa esistere una città dove è possibile uscire di sera, divertirsi, camminare, parlare con gli amici.

"Chi come me – ricorda Izet Sarajlic durante l’incontro in Campidoglio alla presenza di Francesco Rutelli, Enzo Siciliano, Erri De Luca ed altri – viveva di amici, di quell’amicizia faceva strumento conto ogni distruzione, morale e materiale. La mia solitudine a Sarajevo, senza poter comunicare con nessuno, è stata tragica". Subito dopo Izet recita: "Che cosa è successo durante la notte amici miei/che cosa è successo durante la notte amici miei/non so cosa state facendo / nemmeno cosa state leggendo / non so nemmeno che cosa state bevendo / non so nemmeno se siamo ancora amici Non è questa la Bosnia che volevamo".

Ma gli interessi economici crudeli che hanno alimentato questa guerra assurda sono ancora in agguato. La Germania vuole estendere l’influenza del marco pure al Sud – Est europeo. Dopo aver "conquistato" il Mediterraneo attraverso accordi con la Croazia ed altri Paesi della ex Jugoslavia, in questi giorni inizia il rimpatrio forzato di oltre 350.000 profughi della Bosnia-Erzegovina rifugiati in terra germanica. Beslagic;, Sindaco di Tuzla, lancia insieme agli altri l’allarme. Il rientro dei profughi produrrà nuovi disastri, nuove pre-guerre o guerre tra disperati sul posto ed esuli che tornano. I cento intellettuali del "Circolo 99" si battono per il ripristino della multireligiosità. "Una volta un bambino bosniaco nasceva accanto ad un bambino che era molto diverso eppur simile a lui. – dice Hanifa Kapidzic; – Perdere questa percezione naturale di convivenza rappresenta una sciagura per tutta l’umanità". Slavko Santic; prosegue dicendo "che in Bosnia si è consumata la prova generale del fascismo dell’est. Quello che chiediamo all’Europa è di non civettare con l’Est attraverso la distruzione della Bosnia".

Gli intellettuali bosniaci chiedono soprattutto impegno ed onestà sul piano economico degli aiuti. Vogliono far rientrare metà della popolazione che è fuggita all’estero in cerca di salvezza e trattenere 700.000 disoccupati. Il loro grido è smorzato. Il loro appello alla tolleranza ignorato. Le leggi dei mercati, dei mercanti e delle nuove mafie influenzano anche la "ricostruzione" in Bosnia. E noi Sarajevo è il nostro specchio. L’immagine di un’Europa infetta, incapace di evitare quello che è accaduto la distruzione della multietnicità e della tolleranza. Dice Erri De Luca salutando gli amici bosniaci "Quello che maggiormente mi ha colpito nella guerra in Bosnia – dove, come camionista, ho condotto decine di convogli – è stata la sistematica distruzione dei luoghi di culto. Una spropositata quantità di artiglieria è stata sprecata dal punto di vista militare per distruggere chiese ortodosse, chiese cristiane, moschee e minareti. Ho visto cimiteri sventrati vi è stata una volontà precisa di cancellare un popolo dalla storia, dalla memoria, dal passato. Gli spari sulle biblioteche, sulle tombe, sui santi, sulle feste, sui matrimoni, sul vostro passato è l’assoluta novità di quest’assurda strana guerra".

Eppure, come ha ribatito l’ambasciatore di Bosnia Vlatko Kraljevic;, la guerra non ha ucciso l’arte e la cultura. La testimonianza del "Circolo 99", degli oltre 150 spettacoli teatrali svoltisi a Sarajevo sotto le bombe, delle manifestazioni culturali e dei giornali che continuavano a stamparsi sono il segno eloquente che è impossibile annientare la memoria di un popolo.

Sarajevo deve costituire il nostro specchio dove riflettere le nostre vergogne e capire, una volta per tutte, che gli egoismi, gli interessi particolari, le divisioni – a qualunque livello avvengano – non solo possono trascinarci verso inutili secessioni, ma, alla lunga, trasformano uomini, un tempo amici, in brutali assassini cannibali di se stessi.