"Il Denaro"

2 giugno 2001

SKOPJE, UN IMPEGNO PER LA PACE E LO SVILUPPO

A Skopje la cultura si esprime in forma forte e chiara contro il nazionalismo e le guerre.

Siglato un accordo tra le Accademie di Macedonia ed Albania per porre fine ai conflitti .

di Michele Capasso

La Conferenza internazionale intitolata "I Balcani nel nuovo millennio, cultura e scienza insieme per la pace e lo sviluppo" si è svolta a Skopje il 25 e 26 maggio , assumendo un significato culturale e politico fondamentale perché svoltasi in concomitanza con l’acuirsi del conflitto tra la Repubblica di Macedonia e gli albanesi dell’UCK del Kosovo che, proprio nei giorni della Conferenza, ha toccato il massimo acume con vere e proprie azioni di guerra, con le scene strazianti dei morti, dei deportati e degli sfollati.

La Conferenza è stata organizzata dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo con l’Accademia del Mediterraneo, dall’Accademia Macedone di Scienze ed Arti e dal Governo della Repubblica di Macedonia (Ministero dell’Ambiente e dell’Urbanistica) e costituisce l’ultima tappa di eventi significativi organizzati dalla stessa Fondazione nell’ultimo anno in punti strategici dell’area euromediterranea: la Conferenza sul dialogo e sviluppo di Marrakech del 17 giugno 2000, les Assises de la Méditerranée di Marsiglia del 5 e 6 luglio 2000, la Conferenza euromediterranea sul dialogo interculturale di Amman del 10 e 11 ottobre 2000, l’incontro tra esponenti di varie culture e fedi ad Amman il 16 aprile 2001.

All’incontro di Skopje hanno partecipato i rappresentanti ufficiali delle principali Accademie dei Balcani, gli esponenti dei Governi dei Paesi Balcanici, i rappresentanti dell’Onu, della Nato, dell’Unesco e di altri organismi internazionali.

Tre le sessioni principali di lavoro: "La Scienza e la globalizzazione", "Cultura e nuove tecnologie per la valorizzazione dei Balcani", "Scienza, cultura e ricerca per la pace nei Balcani".

Molti i partecipanti provenienti da 19 Paesi. Tra essi particolarmente significativa è stata la partecipazione del Presidente della Repubblica di Macedonia Boris Trajkovski, del primo ministro Ljubco Georgievski e di Boutros Boutros-Ghali, già Segretario generale dell’Onu ed oggi Segretario generale dell’Organizzazione internazionale di francofonia.

 

Skopje, 24 maggio 2001. Uno strano destino fa coincidere alcuni importanti eventi organizzati dalla nostra Fondazione con l’acuirsi dei conflitti nell’area. E’ stato così in Palestina ad ottobre 2000, è così oggi a Skopje.

Ore 16. La strada che da Skopje conduce al villaggio di Vaksince è agevole: autostrada fino a Kumanovo e poi una stretta strada fino a questo villaggio di confine. Prima di arrivare si vedono volare gli elicotteri che l’Ucraina ha fornito alla Macedonia a supporto della sua esigua "flotta" aerea: sono questi gli strumenti usati per controbattere il massacro dei ribelli albanesi del Kosovo effettuato in un villaggio di confine.

Prima di giungere nel Paese veniamo fermati dai poliziotti macedoni che ci invitano a tornare indietro: una lunga colonna di sfollati, più di un migliaio, ha abbandonato le proprie case e si dirige verso sud, in luoghi più sicuri. E’ lo stesso, triste spettacolo già visto: facce sofferenti, gente inerme e povera. Qui tutto sembra in stato di abbandono e l’opulenza dell’occidente è un vago miraggio: anche il tempo fa dimenticare che siamo in avanzata primavera e una pioggia sferzante sotto un cielo cupo aggrava l’esodo. Tuoni e lampi accompagnano il volteggiare degli elicotteri. Siamo di fronte ad una grande tragedia civile: a migliaia lasciano la Macedonia del Nord. Lo Stato multietnico e multiculturale costituito da Kiro Gligorov e che fino ad oggi ha evitato guerre e massacri sembra essere in una crisi profonda. Una giovane donna albanese tra le lacrime ci dice "Vogliamo la pace, dateci un’educazione bilingue, promuovete il dialogo.."; Moustafa, vecchio albanese, non nasconde la sua rabbia e urla " I Serbi ci fanno questo perché vogliono richiamare l’attenzione sui loro problemi, sui loro guai: qui ognuno ha i propri e sommarli produce solo catastrofi inutili".

Il ritorno a Skopje è meno agevole perché l’accesso all’autosrada di Kumanovo è impedito. Una strada spesso polverosa ci conduce in vari villaggi: Lopate, Ljubodrag, Umin Dol, Nikustak Aracinovo. Dovunque la lotta tra le etnie si traduce in esasperazioni religiose: fino alle porte di Skopje si alternano villaggi macedoni e villaggi albanesi; quasi sempre, vicino ad una preesistente moschea albanese è in costruzione una nuova chiesa ortodossa e, viceversa, vicino a preesistenti chiese ortodosse è in costruzione una nuova moschea. Le voci musulmane si mischiano con i canti ortodossi in un’anacronistica lotta che anche qui miete, con l’esasperazione di arcaici nazionalismi ed estremismi, vittime innocenti.

Ore 20, Skopje. Ljubco Georgievski è il primo ministro ed è a capo del Partito macedone di maggioranza. Il 13 maggio 2001 è stato formato un governo di unità nazionale al quale partecipano anche i due partiti albanesi macedoni. Parliamo a lungo della gravità della situazione. Alla fine, per esorcizzare la tensione, un suo collaboratore mi dice: "La situazione qui oggi è buona, con qualche notizia brutta". Mentre ci salutiamo, riflette e rettifica: "Diciamo, più esattamente, che la situazione è brutta con qualche notizia buona".

Skopje, 25 maggio. Ore 9. Con cronometrica precisione, erede di una consuetudine comunista che qui ha lasciato evidenti tracce, Boris Trajkovski, Presidente della Repubblica di Macedonia e successore di Kiro Gligorov arriva nella sede dell’Accademia Macedone di Scienze ed Arti. Evidenzia il momento tragico che il suo Paese sta vivendo e ringrazia la Fondazione per aver fortemente voluto, proprio in questo momento, questa Conferenza internazionale. Il Presidente sottolinea che la sua terra esce dal secolo passato con uno stato di guerra ed entra nel nuovo con le stesse condizioni: "Occorre – afferma - una nuova qualità nell’organizzazione della vita sociale, occorrono nuove idee e nuove modalità di interlocuzione" e conclude evidenziando l’importanza della cultura per affiancare la politica in un difficile lavoro di pace che passa, inevitabilmente, attraverso il dialogo attivo.

Georgi Efremov, presidente dell’Accademia macedone, porge il saluto ai partecipanti e sottolinea l’importanza della cultura e della scienza per apportare nuove ed innovative idee che conducano, in tempi brevi, alla pace nei Balcani ampliando questa azione anche a più ampi orizzonti ed accelerando il processo di integrazione dei Popoli balcanici in Europa.

Boutros Ghali ringrazia la Fondazione Laboratorio Mediterraneo per la lungimiranza della sua azione e sottolinea il valore politico e diplomatico di questa conferenza proprio nel momento culmine delle tensioni nella regione (vedere il testo nel box).

Chi scrive ricorda la storia della Repubblica di Macedonia, l’assenza fino ad oggi di scontri etnici e la coesistenza pacifica tra i macedoni e la comunità albanese che qui è di fatto oltre il 30% ed esprime propri parlamentari. Queste comunità vivono da sempre negli stessi confini ma se provate a chiedere ad un macedone se è a conoscenza di matrimoni misti, difficilmente vi indicherà più di uno o due casi, quasi sempre gli stessi.

Mentre parlo ho davanti agli occhi le foto raccapriccianti delle ultime vittime di questa specie di guerra: crani sventrati, mutilazioni, ferocia. In 12 villaggi a nord di Skopje è successo di tutto e la popolazione civile fa fatica ad andarsene: secondo gli albanesi di Macedonia solidarizzano con i ribelli; secondo i macedoni sono loro ostaggi.

Continuo nella mia esposizione con uno spirito di rabbia e di speranza.

La Fondazione è rappresentata alla Conferenza da Nullo Minissi e Caterina Arcidiacono; Predrag Matvejevic è presente con un testo scritto perché impegnato con la Fondazione a Sarajevo in un altro incontro internazionale per promuovere la ricostruzione della Biblioteca.

Ed è proprio Minissi a sottolineare che le lingue e le letterature dei Balcani si stabilizzano nell’età romantica in uno slancio patriottico e nazionale uguale a quello del romanticismo europeo. Si tratta di un nazionalismo di spirito universale animato da valori umani e senso di libertà.

"All’inizio del secolo XX - continua Minissi - arrivano nei Balcani dall’Austria il nazionalismo della Germania e della stessa Austria, fondato sullo spirito razzista ed esclusivista e che ha per scopo Stati etnicamente puri. E’ questo nazionalismo che si è risvegliato alla dissoluzione del sistema comunista in molte aeree dei Balcani ed è, oggi, la causa dell’attuale stato di guerra. Si tratta di un arcaismo mentale che l’Europa ha ripudiato da sempre con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 posta a fondamento della politica interna ed estera. Non solo gli Stati nazionali sono con questa dichiarazione caduti, ma anche la concezione sovrana dello Stato ha ceduto ad un’altra concezione in cui lo Stato rinuncia all’autonomia legislativa e monetaria ed è in via di rinunciare all’autonomia finanziaria, produttiva e di politica estera attraverso forme giuridiche in via di costituzione che rappresentano una maniera nuova di organizzazione della vita sociale all’interno e all’esterno dei limiti dello Stato. I nazionalismi residuali che portano guerre e stragi sempre più assurde e sempre più inattuali – conclude Minissi - sono completamente fuori del nuovo corso della storia, tanto qui nei Balcani che in certe enclavi della stessa Europa occidentale, come i Paesi Baschi".

Ed è proprio contro questa mentalità arcaica, improduttiva e causa di disastri inutili che è insorta la cultura europea, mediterranea e balcanica attraverso i rappresentanti delle più prestigiose Accademie europee, mediterranee e balcaniche i quali, qui a Skopje, hanno sottoscritto il documento a fianco riprodotto che mette i fondamenti culturali per la cooperazione economica e politica balcanica e mediterranea e per l’integrazione dei Balcani nella Comunità europea.

Significativo a questo riguardo è stato soprattutto l’atto solenne della firma di un accordo tra l’Accademia albanese e l’Accademia macedone per la pace e la cooperazione tra i due Paesi e sottoscritto da membri eminenti delle due istituzioni. Le due Accademie, entrambe membri fondatori dell’Accademia del Mediterraneo, hanno così dato espressione e concretezza, in un momento difficile, dello spirito stesso dell’Accademia del Mediterraneo e del fine per cui essa è stata costituita dalla nostra Fondazione: promuovere la collaborazione degli uomini di cultura per la pace e l’armonia dei Popoli.

La Conferenza di Skopje è stata la testimonianza della volontà di dialogo che percorre la Macedonia e i Balcani e di fatto ha avuto funzione di mediazione in uno dei momenti più critici della recente storia di questa repubblica.