"Il Denaro"

20 novembre 1999

L’Accademia sbarca alle Eolie

di Michele Capasso

Sabato 6 novembre 1999, ore 6.00. Stromboli appare nella sua maestosità. Sul ponte della nave proveniente da Napoli alcuni passeggeri ammirano la sagoma di quest’isola. Poco dopo Ginostra, Panarea, Salina, Alicudi, Filicudi.

Quattro ore per percorrere le poche miglia che dividono Stromboli da Lipari. Un’atmosfera magica, lenta e irreale che richiama in chi scrive alcune riflessioni.

In estate siamo più vicini alle isole. In inverno, purtroppo ce ne allontaniamo. Loro sono sempre là dove sono. Anzi sembrano muoversi oppure sparire.

Per quanto riguarda la natura delle isole, i nostri immaginari talvolta si conciliano o si completano, talvolta si oppongono gli uni agli altri e si contrastano. Questo vale pure per i concetti di isola: da un canto luogo di pace, di riposo o di felicità ("isole fortunate"), dall’altro spazio di esilio, carcere o penitenziario. È così dai tempi antichi.

"Sulle isole beate - scrive Esiodo - la terra feconda offre il frutto del miele che matura tre volte nell’anno". Nei "Salmi" di Salomone gli isolani generosi "portano i loro doni". Platone, nel "Crizia", si esaltava per un’isola santa inondata di sole, che produceva profumi. La sua sfarzosa Atlantide doveva proprio affondare per ammonirci sul carattere passeggero della fortuna umana?

C’è l’altra faccia dell’insularità, meno amena. Fra Scilla e Cariddi sono in agguato pericoli. Dedalo costruirà la peggiore delle prigioni - il labirinto - a Creta. Nell’altra Roma esisteva, fra l’altro, una "pena insulare" (poena insularis).

Le isole, come le Eolie, si diversificano spesso anche per l’impressione che suscitano: alcune sembrano navigare o affondare, altre appaiono ancorate o pietrificate, le une rassomigliano ai resti o ai relitti del continente, staccate maldestramente o incompiute. Contrastano con quello che un’altra volontà avrebbe meglio ordinato rendendole in qualche modo indipendenti, bastanti a se stesse.

Le isole sono le matrici delle nostre utopie, che vengono omologate dalla terra ferma.

Ad esse vengono attribuiti connotati umani: diventano solitarie, silenziose, oziose, assetate, nude, desertiche, lussureggianti, povere, ricche, tristi, affascinanti, tragiche ed anche beate. Le rupi e le rocce che sporgono sui loro orli hanno stimolato la nascita di tante fiabe e racconti fantastici o tremendi.

L’isola ama sfidare il continente, rivaleggiare con lui qualsiasi ne sia l’esito e il costo.

Pochi isolani sono realmente marittimi e l’isola li ritiene e attira più che il mare stesso. Qui a Lipari mi leggono alcuni proverbi cari a Leonardo Sciascia:

"Cui nun sapi pregari vaja a mari", "Lu mari è amaru", "Loda lu mari, e afferrati a li giumari", "Cui po jiri pri terra, non vada per mare".

La volontà di autonomia dell’isola può essere, tra l’altro, una lotta contro la rassegnazione: in questo caso l’autarchia diventa ad un tempo scelta e condanna.

Gli abitanti delle isole sono meno spensierati della gente della costa vicina, proprio per il fatto di essere separati e di saperlo. Per gran parte di loro la terraferma è solo al di là del canale, e non là dove abitano.

È da considerare anche che gli isolani accettano più facilmente i nuovi arrivati di quanto lo fanno gli altri, forse perché quando passano il braccio di mare che divide l’isola dal continente, anche loro diventano "nuovi arrivati", oppure si ricordano di essere, in maggior parte, pur essi venuti, una volta.

Nelle Eolie il dialetto cambia da isola a isola. In generale la lingua delle isole è diversa da quella della pur vicina costa, più di quanto non possa motivarlo l’effettiva distanza fra di loro: questo distacco influisce senza dubbio sui rapporti con il mondo e crea, qua e là, delle personalità strane o singolari. Ci sono delle isole dove si parla più di una lingua negli stessi luoghi: le conseguenze che ne derivano sono molteplici.

Non si sa esattamente da dove proviene la stessa parola isola. Gli etimologi mettono in relazione il termine greco "nesos" (isola) con una radice indoeuropea che si riferisce a nuoto, nave o navigare; queste parole hanno in comune solo la prima lettera "n". Le parole "non" o "negare" possiedono anch’esse la stessa iniziale. Le denominazioni latine e romane non sono state chiarite: insula, isola, île ecc. Il verbo italiano isolare , che è stato recepito in molte lingue, deriva appunto da questa radice.

Tante cose non sappiamo sulle isole. Forse anche per questo ci attraggono di più.

Lipari, sabato 6 novembre. La sala consiliare chiama a raccolta un folto gruppo di persone. L’occasione è importante: si svolge il Convegno "Eolie 2000".

Alla presenza di esperti, amministratori, funzionari della regione Siciliana sottoscriviamo l’accordo per l’istituzione di una sede distaccata dell’Accademia del Mediterraneo nelle Eolie: per questo è già attiva la grande banca dati "Isolamed". Sarà un osservatorio sulle Isole mediterranee, capofila sui temi legati alle isole attraverso una grande banca dati. Michele Giacomantonio è il Sindaco di queste isole. Con lui c’è Riccardo Gullo, Sindaco di S. Marina Salina, che mi racconta la storia della sua prima vacanza ad Alicudi. Un racconto affascinante dove il protagonista è un fantasma dalla voce calda. Ma questa è un'altra storia. Questi due amministratori, intelligenti e capaci, sapranno sostenere un onere notevole grazie all’attuazione di progetti concreti nell’ambito delle politiche di internazionalizzazione culturale previste dall’Agenda 2000 con appositi fondi.

In tale contesto un ruolo importante sarà assunto dalle isole dell’ "Arcipelago Campano". Questa iniziativa è stata promossa e poi è diventata legge grazie all’impegno del senatore di Forza Italia Salvatore Lauro. Ischia sarà capofila per il "turismo termale", Procida per l’"archeologia" e l’"architettura", Capri per l’"immagine" e le "culture immateriali".

Un grande impegno per un nuovo futuro delle isole mediterranee.

Ma gli isolani non ce la faranno da soli. L’isola manca di mezzi, la terra ferma di comprensione.