"Il Denaro"

8 aprile 2000

Gerusalemme: il Papa indica la via

di Michele Capasso

Domenica 26 marzo. Gerusalemme. L’unica reliquia del Tempio di Gerusalemme distrutto nel 70 dopo Cristo dai Romani è il Muro occidentale, detto anche "Muro del Pianto".

In questo luogo inizia una giornata storica: Giovanni Paolo II, da solo, ricurvo su se stesso, appoggia una mano su una pietra del Muro e l’altra sul bastone e recita in latino il salmo che esprime la felicità del credente israelita nel salire al Tempio del Signore. Prima di andare via, come fanno tutti gli ebrei, lascia in una fessura, tra le pietre, un foglio ed una busta con il logo dorato del Vaticano: al centro di quel foglio, come una poesia, è scritta una preghiera nella quale si domanda perdono a Dio per le sofferenze inflitte lungo i secoli agli ebrei, al "popolo dell’Alleanza".

Mercoledì 29 marzo. Madrid. Con Shmuel Hadas ci rechiamo all’università Alcalà de Henares per definire le attività di questa sede dell’Accademia del Mediterraneo. Solitamente freddo e razionale, questa volta Shmuel è veramente emozionato. Dice che il viaggio del Papa in Israele può essere definito "il pellegrinaggio della grande riconciliazione tra le tre fedi monoteistiche".

Hadas è stato il primo ambasciatore d’Israele presso la Santa sede ed oggi, quale membro della nostra Fondazione, coordina le attività della sede di Gerusalemme dedicata al tema della "pace". È rimasto colpito, Hadas, dalla natura trascendentale di questo novantunesimo viaggio del Papa: "L’ho visto arrivare — dice Hadas — stanco e provato dal viaggio. Nonostante le fatiche e gli impegni di una settimana trascorsa in Terra santa, alla fine l’ho visto ricaricato, ringiovanito. La sua immagine, da solo, con la mano poggiata al Muro del Pianto resterà impressa nella storia. È un grande atto di riconciliazione tra le tre religioni". Giovanni Paolo II percorre i luoghi — simbolo della storia del Cristianesimo, dell’Islam e dell’Ebraismo: il monte Nebo e il Sinai (sulle tracce di Mosè); Betlemme (la basilica della Natività); Korazin, in Galilea (dove ha celebrato la Messa sul monte delle Beatitudini); la casa di Pietro a Cafarnao; Nazareth (la grotta dell’Annunciazione); la Moschea "Al-Aqsa" di Gerusalemme (dopo la Mecca e la Medina è il luogo più sacro per i musulmani); il mausoleo di Yad Vashem, (monumento alla memoria dell’Olocausto); la Chiesa del Santo Sepolcro.

Oltre che pellegrinaggio ai luoghi santi e visita pastorale, questo viaggio è stato una prova di dialogo tra le tre religioni. L’Islam, l’Ebraismo e il Cristianesimo sono le tre religioni del Dio unico: in questo senso il Mediterraneo è il mare di un solo Dio. Eppure mai, come nel Mare nostrum, esistono frontiere proprio tra cristiani, ebrei e musulmani. Queste frontiere hanno condizionato il destino di questi popoli e le religioni hanno assunto un ruolo essenziale nella costruzione delle identità nazionali.

Il Papa ha incontrato ebrei e musulmani, definendo i primi "fratelli maggiori", in occasione della visita ai due Rabbini capi d’Israele: l’askenazita Meir Lau e il sefardita Mordekai Baksi-Daron.

Gerusalemme, Yad Vashem. Nell’aria si ode il lamento straziante per gli scomparsi: "El Maleh Rachamin", che significa "Dio è pieno di misericordia". Ehud Barak pronuncia un discorso fiero, Shimon Peres lo osserva e si commuove. Il Papa ravviva la "fiamma eterna", depone una corona di fiori davanti all’urna con le ceneri di sei campi di sterminio nazisti e dice: "In questo luogo occorre fare silenzio, perché non vi sono parole abbastanza forti per deplorare la terribile tragedia della Shoah. Qui, come ad Auschwitz e in molti altri luoghi d’Europa, siamo sopraffatti dall’eco dei lamenti strazianti di tante persone. Uomini, donne e bambini gridano a noi dall’abisso dell’orrore che hanno conosciuto. Come possiamo non prestare attenzione al loro grido? Nessuno può dimenticare o ignorare quanto è accaduto".

Gerusalemme, Moschea Al-Aqsa. Davanti alla Cupola della roccia il Papa incontra lo sceicco Akram Sabri, gran Mufti di Gerusalemme e Terra Santa. Tre giorni prima lo Sceicco Sabri non aveva voluto partecipare all’incontro interreligioso con il Papa e il Rabbino capo Meir Lau, delegando lo Sceicco Tatzir Tamini. Quest’ultimo, seduto accanto al Papa sotto un affresco con le scritte "Pax, shalom, salam", rivendica uno Stato palestinese indipendente e Gerusalemme capitale.

Campo di Deheishe. Il Papa incontra i profughi palestinesi, accompagnato da un Arafat raggiante che parla di "Gerusalemme, nostra eterna capitale". Giovanni Paolo II ribadisce il "diritto naturale" dei palestinesi ad avere una patria e dice: "Solo un impegno risoluto da parte dei Capi in Medio Oriente e di tutta la comunità internazionale, ispirato da una visione superiore della politica come servizio al bene comune, potrà rimuovere le cause della situazione palestinese attuale".

Gerusalemme, 26 marzo 2000. chiesa del Santo Sepolcro. In questo affascinante e caotico edificio dove è custodito il Golgota e il sepolcro di Cristo, il Papa si recherà due volte, mettendo in crisi il servizio di sicurezza. "Questa tomba — dice — è una testimone silenziosa dell’evento centrale della storia umana".

Più volte ho percorso gli stessi luoghi del pellegrinaggio papale ed ho rivissuto il fascino di quelle emozioni. A Shmuel Hadas, Shimon Peres, Wijdan Ali e ad altri membri della nostra Fondazione ho chiesto le impressioni di questo viaggio.

André Chouraqui è lo scrittore ebreo che ha dedicato la propria vita e le proprie opere al dialogo tra ebrei, musulmani e cristiani. È l’unico che abbia mai tradotto i rispettivi Testi sacri, la Bibbia, il Corano, il Vangelo: per questo è definito "l’uomo dei tre mondi".

La casa di Chouraqui è vicina al monte degli Ulivi e, a chi gli fa visita, indica le sorgenti di luce e i colori: verso oriente, il rosso del deserto fino al Mar morto; verso occidente, l’azzurro del Mediterraneo, il Mare delle tre fedi. Oggi Andrè Chouraqui è anziano e malato, tuttavia sul futuro della regione non ha dubbi: "Prevedo una federazione degli Stati del Vicino oriente, con capitale Gerusalemme. Utopia? Parliamone tra due o tre anni e vedrai se non è vero".

Una federazione tra Giordania, Palestina e Israele converrebbe a tutti: è un’ipotesi realistica alla quale il Pontefice e, con lui, l’abile diplomazia vaticana, ha portato un contributo sostanziale con questo storico viaggio.