18 ottobre 2001
L’idea di un Mediterraneo costituito da molteplici rotte marittime e terrestri, presuppone scali diversi: punti di partenza e di arrivo, approdi e porti, “una rete di città che si tengono per mano”, come dice lo storico Fernand Braudel. Io credo che bisogna sapere distinguere, meglio di quanto non si faccia abitualmente, le città costiere nel senso comune del termine dalle città portuali vere e proprie. Nelle prime, i porti sono stati spesso costruiti per necessità, mentre nelle altre sono comparsi in modo assolutamente naturale. Gli uni restano quasi sempre pontili di imbarco e di sbarco o ancoraggi, gli altri diventano spazi particolari, talvolta dei mondi. Non è possibile immaginare il Mediterraneo senza quei porti.
Sono città che “ci seguono dappertutto”, a quanto dice il poeta di Alessandria: ci inseguono persino nei sogni. “la città non possiede per sua natura quell’unità assoluta che alcuni le attribuiscono”. Questa considerazione, così premonitrice, ci proviene dall’antichità, formulata dallo “Stagirita”. Tre giorni dopo la presa di Babilonia, ricorda ancora Aristotele nella “Politica”, “un intero quartiere della città ignorava l’avvenimento”. Le città che hanno componenti troppo eterogenee o ripiegate su se stesse, sono votate alla perdizione. Secondo un altro avvertimento, che figura nella “Repubblica” di Platone, “la città non dovrebbe mai estendersi oltre il limite in cui, pur essendosi ingrandita, conserva la sua unità”.
Questi saggi consigli sono
stati seguiti raramente. Le città mediterranee hanno avuto la loro evoluzione
perdendo o ritrovando unità o coerenza nel passato o nel presente. Il loro
splendore e in modo altrettanto evidente, le loro eclissi ne portano cicatrici.
Oggi esse condividono numerosi problemi con le città continentali, distanti
dalle coste. Si tratta di questioni di conservazione o di gestione, di esiguità
di spazio o di estensione eccessiva, di pianificazione del territorio e di
salvaguardia ambientale, di costruzioni abusive o selvagge, di immigrazione e
di rigetto, di comunicazione tra i cittadini, tra “vecchi abitanti” e “nuovi
venuti”, dei mutati “diritti della città”.
Alcuni di questi problemi, che
dipendono da un ordine di cose più generale, si presentano in tutta l’area
mediterranea anche se di volta in volta in modo specifico. Le città più antiche
sono caratterizzate da una complessa stratificazione: una certa verticalità
piuttosto difficile da proteggere e da gestire. In esse le connessioni con uno
o più centri storici si combinano con le relazioni tradizionali o nuove che
legano la città al suo porto. In questo modo, una identità dell’essere (architetture,
costumi, linguaggi) non riesce più a incontrare una identità del fare adeguata,
indispensabile.
In questo gioco di “forme” e
“contenuti” male assortiti, la città si rifugia spesso nella sua memoria, per
non tradire sé stessa. La maggior parte dei vecchi porti del Mediterraneo non
ha più la stessa importanza che aveva una volta sui mappamondi.