"IL MESSAGGERO"

27 Novembre 1995

MEDITERRANEO, MARE E MURO

Europa. Africa e Medio Oriente provano a superare antiche divisioni

Il Vecchio Continente mette sul tavolo della trattativa poco meno di undicimila miliardi di lire.

Il ruolo-chiave spettante a Italia, Francia e Germania

di Josto Maffeo

Barcellona – "Mediterraneo: mare o muro?". Era indubbiamente lo slogan più efficace, certamente quello dello striscione più lungo e più commentato fra i tanti che aprivano ieri la manifestazione degli immigrati del Terzo Mondo contro le leggi della Spagna e dell’intera Unione europea. Maghrebini, soprattutto sahariani del Polisario; cameriere filippine capeggiate da due suore col cappello di paglia; pakistani, indiani, africani del Tropico. Poco più di cinquemila, in silenzio e in perfetto ordine lungo l’elegante e borghese Paseo de Gratia. Poi qualche slogan, con il volume degli altoparlanti non troppo alto, sotto le finestre dell’honorable Pujol, il presidente catalano anfitrione di una Conferenza euromediterranea che per la prima volta, nella quarantotto ore che comincerà oggi, vedrà riuniti i dirimpettai del Mare Nostrum: i quindici ministri degli Esteri della Ue e i dodici dirimpettai dei cosiddetti Ptm, Paesi terzi mediterranei.

L’appuntamento di Barcellona costituisce un primo importante tentativo di guardarsi in faccia più che un’elemosina. L’obiettivo, lo hanno già detto a chiare lettere nelle riunioni parallele e nei diversi fori già aperti a margine della Conferenza è ben altro: abbattere le frontiere che l’Europa – sostengono – alza sempre più con il beneplacito della maggior parte dei suoi cittadini. A Barcellona si parlerà di diritti umani, della non proliferazione nucleare nell’area degli spinosi problemi della definizione di ciò che è terrorismo e del principio dell’autodeterminazione. Ma se da una parte, quella europea, si cerca di arginare in qualche modo, indubbiamente con enorme ritardo, il preoccupante fenomeno dell’immigrazione clandestina, da Sud si chiede meno rigore e maggiore apertura quanto a comprensione delle diverse situazioni di Paesi che tutto hanno in comune meno l’omogeneità.

L’Europa chiede la riammissione dei clandestini espulsi e risponde con aiuti economici, con l’impegno di aiutare questi Paesi a crescere grazie alla decisione di dirottare a Sud sette Ecu ogni dieci Ecu che prendono la rotta dell’Est. All’orizzonte c’è il varo di un sistema di cooperazione politica, programmi e investimenti, perfino l’estensione del Mercato unico all’Africa del Nord non più tardi del 2010, che è dopodomani. Ma mentre duecento milioni di dirimpettai premono contro le nostre frontiere e l’esplosione demografica africana ha già la miccia accesa, c’è già chi fa i conti. Dice il commissario europeo Marin che qualche prezzo lo dovremo pagare, per esempio a causa della liberalizzazione dei prodotti agricoli e degli accordi sulla pesca sempre più restrittivi. E c’è pure chi i conti li fa all’interno dell’Europa mediterranea. "La Germania, la Francia e l’Italia sono i soci-chiave di questi accordi di buon vicinato" sostengono i tecnici dell’Eurostat, l’ufficio statistico della Commissione europea. "I tre Paesi controllano infatti il 65 per cento del flusso di import-export con la conca mediterranea. Solo nell’esportazione la Germania ha avuto lo scorso anno il 23 per cento seguita dalla Francia con il 22 e dall’Italia con il 20 per cento". Al di là della solidarietà e della necessità di arginare l’immigrazione, il Sud è dunque anche un grande affare.