Premessa

Si è svolta il 18 e 19 marzo 2002 a Bruxelles una Conferenza sul dialogo tra le culture e civiltà..

Nella prolusione il prof. Romano Prodi, Presidente della Commissione europea, preannuncia la costituzione di una “FONDAZIONE EUROMEDITERRANEA” i cui intenti coincidono con le attività e gli obiettivi già perseguiti dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo – Onlus.

Per questo motivo è stata indirizzata al prof. Prodi una lettera affinché vengano evitate duplicazioni inutili e riconosciuto il lavoro svolto dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo e dalle sue Sezioni autonome.

 

 

 

 

“AVVENIRE”

20 marzo 2002

 

 

Il Mediterraneo, spazio per un dialogo innovativo

 

di Romano Prodi

 

In questo momento, l’Europa sta vivendo processi storici di enorme importanza: sia per il continente europeo sia per il futuro assetto mondiale. Il processo di riunificazione continentale in corso ci offre un’occasione forse unica per ripensare i nostri rapporti con tutta la regione vicina all’Unione, dalla Russia al Mediterraneo, e per approfondire l’attuale politica di vicinato.

I flussi migratori ci impongono di trovare nuovi equilibri e nuove strutture all’interno delle nostre società. La globalizzazione, oltre ad essere una grande opportunità di sviluppo, costituisce anche una difficile sfida, soprattutto per i più deboli.

Il dialogo tra culture deve quindi accompagnare lo scambio politico ed economico, diventando così un fondamentale strumento per orientare i grandi processi in corso.

Dopo l’11 settembre, numerosissime sono state le voci in favore del confronto tra culture e civiltà. In realtà, l’Unione Europea – ed in modo particolare la Commissione – avevano riconosciuto l’importanza del dialogo fra culture ben prima dell’11 settembre 2001.

Ma oggi diventa ancora più urgente agire concretamente.

Il dialogo non va visto unicamente come un’azione esterna, al di là dei confini dell’Unione: esso deve cominciare, in Europa, nei quartieri delle nostre città dove troppo spesso si cede all’intolleranza e al rifiuto reciproco. Dobbiamo riscoprire e valorizzare l’eredità culturale comune, in una prospettiva di rispetto e comprensione reciproca. È infatti sempre più evidente il rischio di rottura ideologica e culturale non solo tra Europa e mondo arabo e musulmano, ma anche all’interno della società europea delle e stesse società arabe e musulmane.

Per questo motivo il nostro obiettivo è di creare una relazione speciale tra Europa e Mediterraneo, nell’ambito della nostra politica di vicinato, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione per rafforzare in maniera sostanziale il partenariato nel Mediterraneo. La Commissione europea si sta impegnando con una serie di iniziative e di programmi che, sia all’interno che all’esterno dell’Unione, in particolare  nel Mediterraneo, mirano a promuovere la conoscenza reciproca. Di recente, ad esempio, abbiamo deciso di estendere ai partner mediterranei il nostro programma “Tempus” di scambi universitari e valuteremo la possibilità di fare lo stesso con i programmi per la formazione permanente e professionale.

Peraltro, il nostro impegno è andato ovviamente al di là del comparto culturale. Il Consiglio Europeo di Barcellona ha, ad esempio, approvato la costituzione di un fondo per una presenza più attiva dell’Europa negli investimenti privati e pubblici del Mediterraneo del Sud. La Commissione e la presidenza spagnola si erano impegnati per un risultato di più ampia portata; ciò non è stato possibile oggi, ma l’obiettivo rimane nella nostra strategia futura.

Altri progetti sono in cantiere, come ad esempio la proposta di creare una fondazione euro-mediterranea per il dialogo tra culture – che dovrà collaborare con istituzioni pubbliche e private di carattere affine e assicurare più coerenza e continuità ad iniziative come la conferenza sul dialogo di culture che abbiamo organizzato in questi giorni a Bruxelles – o quella di istituire un programma di borse di studio di tipo “Fullbright”.

Non si tratta, dunque, semplicemente di organizzare una lunga serie di conferenze e colloqui ma di aprire un nuovo capitolo nella cooperazione mediterranea che può trarre beneficio anche da alcuni momenti d’incontro dove si può fare il punto di quanto è stato realizzato e si possono trarre importanti indicazioni su come andare avanti.

A tal fine, dobbiamo anche ragionare con chiarezze sui fondamenti delle nostre culture,  e in particolare, sulle tre grandi religioni nate nel Mediterraneo. Se pur in passato le religioni sono state all’origine anche di sanguinose guerre, esse sono e rimarranno fonte di speranza, di creatività e di senso profondo, e possono – anzi devono -  dare un contributo essenziale a definire i nostri obiettivi comuni avvicinando tutti i popoli che si affacciano sul Mediterraneo.

Ma sarebbe incompleto cercare di spiegare le caratteristiche di una civiltà ed i rapporti fra esse in termini esclusivamente religiosi. Le linee di divisione sono fatte anche di ingiustizia politica, di disparità economiche e di povertà.

Ed a questi problemi possiamo e dobbiamo dare una risposta concreta.

D’altra parte, il dialogo fra culture non è e non deve essere né uno strumento di dialogo politico né un suo surrogato. Sarebbe controproducente sia per il dialogo politico sia per lo stesso dialogo tra culture. È vero invece che se il dialogo di culture si iscrive profondamente in seno alle società civili, esso può preparare il terreno per un dialogo politico pacato e fecondo.

Di fronte a situazioni come quelle del Medio Oriente, l’Europa deve impegnare tutte le sue risorse politiche, economiche e di immaginazione per creare uno spazio di dialogo. E non si tratta solo di arrivare al cessate il fuoco o di portare gli aiuti umanitari. L’obiettivo vero è di proporsi come mediatori attivi, nel rispetto di tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite, e di offrire una lettura originale dei fatti che le parti in causa interpretano in modo opposto e conflittuale. È chiaro infatti che una soluzione duratura del conflitto potrà avvenire solo attraverso un impegno congiunto dell’Unione Europea, della Russia, degli Stati Uniti, del mondo arabo e di Israele e non in modo unilaterale.

Né il dialogo fra culture deve favorire l’appiattimento del mondo intero sui valori occidentali o su quelli del commercio. Non si tratta di subire passivamente gli eventi né di accettare un’uniformità culturale in cui i valori e la volontà del più forte s’impongono a tutti gli altri. L’Unione Europea, esempio unico di felice gestione democratica e di integrazione fra culture diverse, è la prova che esiste un’alternativa all’uniformità o al dominio culturale. È un dialogo che rispetta le diverse culture e coloro che le rappresentano dal momento in cui le diverse culture rispettano i valori fondamentali dell’uomo.

Ora è giunto il momento di assumerci nuove responsabilità: globalizzazione, diversità culturale, solidarietà e valori comuni non sono concetti antitetici ma possono e devono coesistere. Il dialogo fra culture è uno strumento insostituibile per stringere rapporti di vicinato armoniosi, fondati sulla tolleranza, sul rispetto reciproco e sull’equità e per organizzare la coesistenza delle diversità all’interno delle società europee, attraverso una convergenza verso valori comuni e una comune umanità.