“IL DENARO”

27 aprile 2002

 

INFERNO PALESTINA: MI VERGOGNO

Uomini irresponsabili annegano il processo di pace

 

di Michele Capasso

 

 

Gerusalemme, aprile 2002

Mi vergogno.

Di vivere in questo mondo, in questo momento storico. Inutili sono state le grida di chi, come noi, avevano allertato  sul baratro cui stavano dirigendosi i Palestinesi e gli Israeliani.

Mi vergogno.

Di non essere stato capace di comunicare meglio i rischi di questo conflitto: la globalizzazione e i suoi strumenti distorcono la verità che diventa solo uno spettacolo mediatico  su cui speculare.

La mancanza di dialogo fra culture ha favorito l’appiattimento del mondo intero sui valori “occidentali” e su quelli “commerciali”.

Mi vergogno.

Di essere stato costretto a subire passivamente gli eventi e di aver dovuto accettare un’uniformità culturale in cui i valori e la volontà del più forte s’impongono a tutti gli altri. L’Unione Europea, esempio unico di felice gestione democratica e di integrazione fra culture diverse, è la prova che esiste un’alternativa all’uniformità o al dominio culturale: ma l’Europa è inerme ed impotente di fronte a tali tragedie, perché non è politicamente in grado di esprimersi come federazione di Stati con una politica estera comune. Troppe voci diverse hanno condotto in un vicolo cieco.

Mi vergogno.

Dei finti dialoghi che non rispettano le diverse culture e coloro che le rappresentano; in questo modo non rispettano i valori fondamentali dell’uomo: globalizzazione, diversità culturale, solidarietà e valori comuni non sono concetti antitetici ma possono e devono coesistere. Il vero dialogo fra culture è uno strumento insostituibile per stringere rapporti di vicinato armoniosi, fondati sulla tolleranza, sul rispetto reciproco e sull’equità e per organizzare la coesistenza delle diversità all’interno delle società , attraverso una convergenza verso valori comuni e una comune umanità.

Mi vergogno.

Di dover ascoltare Nadem Nashef, responsabile palestinese dell’associazione ”Baladna for Arab Youth”, che dice:

“Siamo disperati: qui a  Jenin è un massacro. Stanno nascondendo centinaia di corpi. Adesso capisco perché i miei amici – un tempo pieni di entusiasmo – si fanno saltare in aria. Quando sei giovane, uomo o donna, e non hai nessuna prospettiva; quando sei in una città e non puoi uscire o andare all’Università; quando non hai i soldi per vivere e non puoi lavorare – i disoccupati sono il 70%; quando non ricevi più educazione e perdi la dignità di essere umano; quando in un check point possono fare di te quello che vogliono: ferirti, ucciderti, spogliarti, umiliarti, svestirti, massacrarti le palle; quando la tua vita diventa peggio di un animale raggiungi un punto in cui non hai più il senso e l’unica cosa che ti rimane è farti saltare in aria: così, almeno, qualcosa resta alla Palestina. Caro Michele, non sono tutti estremisti quelli che voi chiamate kamikaze; io li conosco: sono ragazzi normali, ai quali magari hanno solo ucciso il padre, la madre, il fidanzato e il fratello. Come tante donne kamikaze, hanno perso ogni speranza: solo facendosi esplodere possono riacquistare un briciolo di dignità”.

Mi vergogno.

Di dover ascoltare Shimon Rabinovic a Tel Aviv che dice:

“Avevo una figlia che era tutto per me. E’ saltata in aria pochi giorni fa a Gerusalemme. Era sull’autobus. Di lei non è rimasto nulla. Si è carbonizzata come un mucchietto di legna. Che senso ha per me sopravvivere?”

Mi vergogno.

Di dover leggere – anziché le loro poesie e i loro gli scritti -  questo appello di tanti intellettuali palestinesi:

“ Cari amici, domandiamo a voi intellettuali e scrittori arabi, europei e del mondo intero di agire affinché le forze militari israeliane cessino le invasioni infami, con la distruzione di scuole, teatri, luoghi di culto, centri culturali. Sevizie, torture, migliaia di giovani rinchiusi in campi di concentramento: affamati, umiliati, derisi. Neanche i morti possono essere onorati, e i feriti restano agonizzanti per le strade. Siamo sull’orlo della tragedia e del disastro.

Noi - intellettuali, artisti, scrittori e poeti della Palestina – vi indirizziamo questo appello per denunciare queste pratiche assurde. Lo indirizziamo al mondo intero: viviamo sotto minaccia costante, senza acqua e senza elettricità. Senza speranze e senza futuro Senza un domani. Aiutateci”. 

Mi vergogno, a questo punto, di essere uomo.