“IL MATTINO”

4 maggio 2002

 

Sharon vola da Bush. Ma a Nablus è guerra

STEFANO POSCIA
Tel Aviv. Con un occhio rivolto all'imminente viaggio a Washington e l'altro alla prossima riunione del comitato centrale del Likud - la coalizione di destra di cui l'ex premier Benyamin Nethanyau continua a contendergli la guida - Ariel Sharon ha illustrato ieri al gabinetto ristretto del suo governo il nuovo piano di pace che intende presentare al presidente Usa George W.Bush. Nel corso della consultazione, il premier israeliano - hanno riferito i suoi collaboratori - si sarebbe espresso a favore della nascita di uno stato palestinese indipendente «in futuro», ma il ministro degli esteri Shimon Peres ha subito raffreddato gli entusiasmi. Definito da Sharon «forse il più serio finora presentato», il nuovo piano - ha dichiarato Peres alla radio militare - conterrebbe in realtà «concetti in gran parte già espressi in passato».
All'indomani della fine del lungo assedio israeliano al suo quartier generale, il presidente palestinese Yasser Arafat ha intanto fatto sapere da Ramallah di accogliere con favore la proposta di una conferenza internazionale per il Medio Oriente, preannunciata al termine della riunione di Washington del cosiddetto «quartetto» (Usa, Unione europea, Russia e Onu). Per Arafat, la conferenza - che potrebbe svolgersi all'inizio dell'estate in Europa - dovrebbe tuttavia servire a «porre fine all'occupazione israeliana con i suoi insediamenti e creare lo stato palestinese indipendente con Gerusalemme est come sua capitale».
Ma tra lo stato palestinese indipendente prospettato «in futuro» da Sharon e la «fine dell'occupazione con i suoi insediamenti» richiesta da Arafat, la distanza rimane profonda. E a ridurla non contribuirà la mozione «contro ogni stato palestinese tra il Giordano e il Mediterraneo» che i seguaci di Nethanyau minacciano di mettere in votazione tra otto giorni alla riunione del comitato centrale del Likud. Il ministro della cooperazione internazionale palestinese Nabil Shaat ha dal canto suo dichiarato oggi che - prima del completo ritiro dell'esercito israeliano dalle zone autonome rioccupate in Cisgiordania - non sarà possibile convocare alcuna conferenza internazionale di pace per il Medio Oriente.
In partenza domani per Washington, Sharon si è limitato ad annunciare che il ritiro «dovrà essere discusso» nei colloqui con il presidente Bush, ma in un'intervista a una rete televisiva Usa ha comunque confermato il suo piano per la creazione di «zone cuscinetto» a ridosso della «linea verde» di demarcazione con la Cisgiordania per impedire - ha detto - la «penetrazione di terroristi nel cuore» di Israele. In base al piano, truppe israeliane verranno stazionate «in parte» della Cisgiordania, dove verranno costruite recinzioni, fossati e varchi di sicurezza dotati di sofisticati sistemi di controllo. Il piano riguarderà anche Gerusalemme e, per il suo finanziamento, il premier israeliano conta sul sostegno Usa.
Nel frattempo, l'esercito israeliano continuerà a compiere incursioni nelle zone autonome palestinesi della Cisgiordania. L'ultima ha avuto per teatro ieri Nablus nord, dove con due palestinesi - un poliziotto e un civile - è stato ucciso anche un ufficiale israeliano. Alla ricerca di laboratori per la fabbricazione di ordigni esplosivi, i soldati - due dei quali sono rimasti feriti - hanno distrutto un edificio di tre piani.