«’O sole mio», canto per
Wojtyla
Ottomila
giovani salutano il Santo Padre: appuntamento a Toronto
di
Elio Scribani
Raccontano i pescatori che in un solo posto
dell'isola d'Ischia, che è un braccio estremo di terra immersa nel mare, si
veda un raggio verde all'ora del tramonto. Qui si confondono da sempre speranza
e orizzonte. Qui, sei secoli fa, il mare affidò agli scogli il dono di un
Cristo in croce. Quel posto si chiama piazzale del Soccorso. C'è una chiesa
antichissima, le suggestioni della natura, una leggenda di fede. C'è quella
croce dietro le spalle del Papa, anch'egli la testa reclinata sulla croce dei
suoi mali, ma ora improvvisamente più giovane, ora straordinariamente forte,
ora miracolosamente allegro dell'allegria di una folla di giovani che lo
chiamano per nome, lo incorraggiano, riempiono l'aria di un amore che si fa
universale. Lo aspettano da un giorno intero. È il giorno del padre. Hanno
cantato per lui, per lui hanno ballato, hanno trasformato l'isola in un coro di
emozioni. Mille e mille. Diecimila giovani in piazza. Incarnano brividi e
sentimenti. Ancora lo acclamano. E gridano Gio-va-nni Pa-o-lo. I loro
striscioni, i cappellini colorati, le facce pulite che avrà la resurrezione
delle anime dalla vita prima che dalla morte. L'immagine è irresistibile. Lui
sofferente e stanco, anche più caro per questo, lui ancora testimone, lui
pellegrino, lui difensore invincibile della pace attraverso le briciole di
umanità che raccoglieremo per costruire il futuro dell'uomo. Non servirebbero
parole, ma le sue, appena sussurrate dopo i canti e gli applausi, vanno dritte
al cuore di chi oggi ha portato in piazza soprattutto il cuore. Noi ti vogliamo
bene, padre. Gridano. Il Papa li definisce sale e luce della terra, perchè toccherà
a loro conservare il cibo dello spirito e rompere il muro delle tenebre, si
faranno essi stessi portatori di un messaggio vecchio di millenni, ma che oggi
insieme rievochiamo, e che i giovani, specie dopo il grande incontro che si
terrà a Toronto, diffonderanno anche dove Cristo non arriva o, peggio, viene
rifiutato. È un padre tenero e fragile. Vorresti sostenerlo con le tue stesse
braccia mentre fatica a raggiungere il sagrato della chiesa, regalargli la tua
forza, ma è lui, ribaltando le apparenze, a infondere, invece, coraggio e
speranza in chi ne ha più bisogno. I ragazzi lo chiamano amico, perché non si
stanca di indicare ideali ancora altissimi e li mostra alla portata di
ciascuno, vicini all'uomo, sono la via di salvezza possibile e concreta in un
mondo che si lascia avvelenare dalle guerre e dall'odio. La pace è qui, anche
in questa piccola isola delle meraviglie, che il Papa esalta, felice d'essere
venuto a portare la parola di Dio, annunciando che ciascuno sarà chiamato per
nome a dare e a fare ogni giorno nella vita di ogni giorno, testimoniando, come
fanno qui i ragazzi, i sentimenti della purezza e dell'amore che avvicinano
senza fatica l'uomo ai traguardi della fede. Loro, giovani meravigliosi,
rispondono al Papa con entusiasmo e fantasia, gli mostrano le danze che hanno
imparato, gli regalano, applaudendo, le pause preziose che gli ridaranno fiato
durante la lettura del suo messaggio. Gli portano una grande torta. Il 18
maggio sarà il suo compleanno. Gli augurano le cose più belle che sanno
immaginare. Una torta così, risponde il Papa, ha bisogno di appetiti veramente
giovanili. Li ringrazia, e li benedice, affidandoli a Maria, stella di mare che
li guiderà come marinai della vita in un porto sicuro e che per loro
risplenderà anche nelle ore più buie. Ce ne saranno. Ora, però, il giorno del
padre è un grande evento di gioia e di commozione. E di speranza. Quando lascia
il sagrato della chiesa, e lentamente risale sull'auto scoperta, nessun
servizio d'ordine potrebbe fermare la processione di fede che gli si accalca
intorno.
Chi può, gli offre bambini da benedire. Lui ne
trattiene in braccio uno piccolissimo, ma un altro più grandicello gli si
aggrappa al collo come farebbe con un nonno stanco e ammalato. Il Papa lo
stringe, lo accarezza, lo bacia. È una benedizione all'incontrario, quell'anima
innocente gli darà più forza per continuare la sua missione nel mondo. Nelle
mani di un padre resta affidato il futuro dei piccoli. Il Papa se ne và. E
diecimila voci tornano a intonare inni e cori. Lui cerca gli occhi degli
ammalati e degli invalidi, agita le mani all'indirizzo dei più sofferenti,
risponde con entusiasmo alle migliaia di uomini e donne che premono sulle
transenne lungo il percorso che lo riporterà all'elicottero. È un'isola felice.
E canta vai Papa vai.