“IL MATTINO”

6 Maggio 2002

 

 

«’O sole mio», canto per Wojtyla
Ottomila giovani salutano il Santo Padre: appuntamento a Toronto

 

di Elio Scribani

Raccontano i pescatori che in un solo posto dell'isola d'Ischia, che è un braccio estremo di terra immersa nel mare, si veda un raggio verde all'ora del tramonto. Qui si confondono da sempre speranza e orizzonte. Qui, sei secoli fa, il mare affidò agli scogli il dono di un Cristo in croce. Quel posto si chiama piazzale del Soccorso. C'è una chiesa antichissima, le suggestioni della natura, una leggenda di fede. C'è quella croce dietro le spalle del Papa, anch'egli la testa reclinata sulla croce dei suoi mali, ma ora improvvisamente più giovane, ora straordinariamente forte, ora miracolosamente allegro dell'allegria di una folla di giovani che lo chiamano per nome, lo incorraggiano, riempiono l'aria di un amore che si fa universale. Lo aspettano da un giorno intero. È il giorno del padre. Hanno cantato per lui, per lui hanno ballato, hanno trasformato l'isola in un coro di emozioni. Mille e mille. Diecimila giovani in piazza. Incarnano brividi e sentimenti. Ancora lo acclamano. E gridano Gio-va-nni Pa-o-lo. I loro striscioni, i cappellini colorati, le facce pulite che avrà la resurrezione delle anime dalla vita prima che dalla morte. L'immagine è irresistibile. Lui sofferente e stanco, anche più caro per questo, lui ancora testimone, lui pellegrino, lui difensore invincibile della pace attraverso le briciole di umanità che raccoglieremo per costruire il futuro dell'uomo. Non servirebbero parole, ma le sue, appena sussurrate dopo i canti e gli applausi, vanno dritte al cuore di chi oggi ha portato in piazza soprattutto il cuore. Noi ti vogliamo bene, padre. Gridano. Il Papa li definisce sale e luce della terra, perchè toccherà a loro conservare il cibo dello spirito e rompere il muro delle tenebre, si faranno essi stessi portatori di un messaggio vecchio di millenni, ma che oggi insieme rievochiamo, e che i giovani, specie dopo il grande incontro che si terrà a Toronto, diffonderanno anche dove Cristo non arriva o, peggio, viene rifiutato. È un padre tenero e fragile. Vorresti sostenerlo con le tue stesse braccia mentre fatica a raggiungere il sagrato della chiesa, regalargli la tua forza, ma è lui, ribaltando le apparenze, a infondere, invece, coraggio e speranza in chi ne ha più bisogno. I ragazzi lo chiamano amico, perché non si stanca di indicare ideali ancora altissimi e li mostra alla portata di ciascuno, vicini all'uomo, sono la via di salvezza possibile e concreta in un mondo che si lascia avvelenare dalle guerre e dall'odio. La pace è qui, anche in questa piccola isola delle meraviglie, che il Papa esalta, felice d'essere venuto a portare la parola di Dio, annunciando che ciascuno sarà chiamato per nome a dare e a fare ogni giorno nella vita di ogni giorno, testimoniando, come fanno qui i ragazzi, i sentimenti della purezza e dell'amore che avvicinano senza fatica l'uomo ai traguardi della fede. Loro, giovani meravigliosi, rispondono al Papa con entusiasmo e fantasia, gli mostrano le danze che hanno imparato, gli regalano, applaudendo, le pause preziose che gli ridaranno fiato durante la lettura del suo messaggio. Gli portano una grande torta. Il 18 maggio sarà il suo compleanno. Gli augurano le cose più belle che sanno immaginare. Una torta così, risponde il Papa, ha bisogno di appetiti veramente giovanili. Li ringrazia, e li benedice, affidandoli a Maria, stella di mare che li guiderà come marinai della vita in un porto sicuro e che per loro risplenderà anche nelle ore più buie. Ce ne saranno. Ora, però, il giorno del padre è un grande evento di gioia e di commozione. E di speranza. Quando lascia il sagrato della chiesa, e lentamente risale sull'auto scoperta, nessun servizio d'ordine potrebbe fermare la processione di fede che gli si accalca intorno.

Chi può, gli offre bambini da benedire. Lui ne trattiene in braccio uno piccolissimo, ma un altro più grandicello gli si aggrappa al collo come farebbe con un nonno stanco e ammalato. Il Papa lo stringe, lo accarezza, lo bacia. È una benedizione all'incontrario, quell'anima innocente gli darà più forza per continuare la sua missione nel mondo. Nelle mani di un padre resta affidato il futuro dei piccoli. Il Papa se ne và. E diecimila voci tornano a intonare inni e cori. Lui cerca gli occhi degli ammalati e degli invalidi, agita le mani all'indirizzo dei più sofferenti, risponde con entusiasmo alle migliaia di uomini e donne che premono sulle transenne lungo il percorso che lo riporterà all'elicottero. È un'isola felice. E canta vai Papa vai.