“LA STAMPA”

 

22 giugno 2002

 

 

 

L’intervento del Presidente della Commissione Europea Romano Prodi sul numero 17 della rivista “Nuntium”

Dopo la moneta, adesso dobbiamo cambiare i confini

 

 

di Romano Prodi

 

Quali traguardi, quali sfide si trova ad affrontare l’Unione Europea dopo l’Euro? Il primo gennaio 2002 – storico giorno del passaggio alla moneta unica, finalmente in circolazione in 12 Stati Membri dopo lungo lavoro – l’Unione Europea è improvvisamente “cresciuta” non solo in termini di stabilità economica ma a livello di credibilità e capacità di azione in ambito internazionale. Questo ruolo e questa dignità accresciuti, le impongono una seria e critica autoriflessione. Io stesso, in quanto presidente della Commissione Europea, mi sono trovato ripetutamente, in questi ultimi mesi, a commettere e a riflettere ad alta voce sul “dopo Euro”, sulle molteplici implicazioni di questo grande evento: dalla finanza alle discussioni sull’allargamento, dal progresso fatto nell’ambito della Strategia sociale di Lisbona alle prospettive che si sono aperte con la Convenzione. È infatti fondamentale reinvestire, in obiettivi interni ed esterni all’Unione, il successo e le potenzialità acquisite con l’Euro, al fine di continuare a mettere in pratica, con rinnovato entusiasmo, il principio fondante dell’integrazione tra i popoli  gli Stati dell’Europa.

Il lungo ed articolato lavoro macro-economico che ha condotto al successo – ben superiore ad ogni aspettativa – dell’Euro, deve ora essere accompagnato da una serie di riforme strutturali in campo economico e politico. Abbinare il governo dell’economia al governo della moneta è una priorità essenziale per raggiungere una stabilità duratura. Un codice di condotta per la politica economica potrebbe essere l’inizio di quelle riforme strutturali che rientrano nel piano di coordinamento delle politiche economiche dell’Unione Europea. Accanto a ciò sono necessarie politiche microeconomiche che promuovano la crescita e permettano di rispondere alle evoluzioni della congiuntura. Al fine di sviluppare risposte adeguate, occorre soprattutto mantenere presente che le problematiche vanno affrontate in quanto componenti correlate di un grande meccanismo. Ad esempio, se il codice di condotta dovrà servire a sviluppare la dimensione macroeconomia dell’Unione Monetaria Europea, la cosiddetta strategia di Lisbona ne rappresenta invece il risvolto microeconomico. Essa offre infatti delle valide linee guida per realizzare un’Europa economicamente dinamica e competitiva, dotata di solide basi nel sapere e nella tecnologia e altresì garante della coesione sociale tramite progetti di formazione continua e obiettivi di piena occupazione.

Alla luce delle incombenti responsabilità e degli effettivi mutamenti – anche solo geografici – che toccheranno l’Unione Europea, lo snellimento dei Trattati e la revisione delle competenze delle istituzioni comunitarie divengono condizioni necessarie per garantire un intervento efficace dell’Unione Europea, all’interno e fuori dei suoi confini. Si tratta di riforme da realizzare con spirito di responsabilità, con estrema coerenza di principi e attraverso un’attenta valutazione delle priorità nel complesso incastro di fattori e identità che costituiscono l’Unione Europea.

La Convenzione si occupa di tali riforme, di come dotare l’Unione degli strumenti necessari ad affrontare le nuove sfide. Sotto la direzione di Giscard, 105 parlamentari e rappresentanti dei governi e delle istituzioni europee discuteranno, nella Convenzione, le possibili opzioni per il nuovo assetto istituzionale dell’Unione, fornendo il materiale su cui lavorerà la prossima Conferenza Intergovernativa.

La Convenzione per la prima volta riunisce i rappresentanti di Commissione, Consiglio e Parlamento, i Parlamenti nazionali, il Comitato economico e sociale, il Comitato delle regioni, i Paesi candidati e coinvolge, infine, i cittadini stessi, tramite il Forum delle organizzazioni che rappresentano la società civile. Grazie alla sua composizione aperta e pluralista, costituisce un metodo molto più democratico di riformare i trattati rispetto al passato e non si esaurisce in una versione amministrativa. Consapevole del costruttivo giovamento che l’intera comunità delle Nazioni europee può trarre da una riflessione etica e intellettuale sul significato dell’Unione Europea, e convinto che lo spazio del dialogo, del rispetto e della cooperazione coincida con quello della democrazia, come Presidente della Commissione desidero vivamente proseguire la linea del sostegno e della promozione del dialogo interculturale e interreligioso.

Sono aspetti di estrema importanza, da portare avanti di pari passo accanto alla cooperazione economica e commerciale, non solo all’interno dell’Unione e in particolare nei riguardi di chi ci è più prossimo, e cioè nell’arco che va dal Mediterraneo ai Balcani. Risposte concrete come l’estensione del programma Tempus ai Paesi del partenariato euromediterranei rientrano in tale volontà di favorire i contatti, le conoscenze e tutti quegli strumenti culturali e politici che sono fondamentali per una convivenza pacifica e mutuamente produttiva.

Nell’epoca della globalizzazione, l’Unione Europea rappresenta il miglior esempio d’integrazione regionale democratica e costituisce un modello per altre aree del mondo. Europa non significa solamente integrazione dei mercati, significa Unione dei diritti, proclamati solennemente nella Carta dei Diritti Fondamentali. Unione di Stati e di popoli, forte delle sue radici storiche e delle sue diversità, l’Europa è oggi chiamata ad assumere nuove responsabilità per contribuire alla pace e alla stabilità non più solamente sul continente europeo, ma a livello globale. Solo da un’Europa decisa, che parli “con una voce unica” a favore di uno sviluppo sostenibile e democratico può e devono provenire un forte messaggio politico e la volontà di risolvere problemi che si presentano su scala internazionale.

Con il superamento della crisi seguita all’11 settembre e il riuscito lancio dell’Euro, l’Unione Europea ha dato prova al mondo intero della forza della sua compattezza ma si è anche resa conto della necessità reali di impegnarsi a completare lo spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia. Questo primo obiettivo dell’Unione, che equivale per funzione ed impatto al progetto del mercato unico, vive attualmente un rilancio necessario e inevitabile per il completamento del processo di integrazione europea. Le priorità contemplate nell’ambito della libertà, della sicurezza e della giustizia sono il controllo delle frontiere, della cooperazione giudiziaria e delle reti di criminalità organizzata che gestiscono il traffico di droga e di esseri umani verso e all’interno dell’Unione Europea, della gestione dei flussi migratori e dei richiedenti asilo. In tale contesto, spetta all’unione Europea il delicatissimo compito di fornire risposte efficaci e immediate che, lungi dall’idea di “Europa fortezza”, non cadano in un eccesso di polizia ma anzi garantiscano continuità con la tradizione libertaria e democratica del nostro continente e delle nostre istituzioni. In particolar modo, la Commissione Europea, nell’ambito delle sue competenze specifiche, si è finora seriamente adoperata, con proposte concrete una vera politica comune di asilo e immigrazione che corrisponda a una volontà politica, già espressa degli Stati Membri nel Consiglio Europeo straordinario di Tampere del 1999 e ribadita nel Consiglio di Laeken. Garantire la coerenza tra tali dichiarazioni politiche e i cambiamenti di legislazione necessari – che hanno ovviamente un effetto immediato sui cittadini – è uno dei contributi più importanti che la Commissione può dare. Questo è il “modello europeo” che indica, tramite il dialogo, la strada per passare dalla tolleranza alla convivenza. Per realizzarlo non occorrono altro che impegno, perseveranza e senso di responsabilità da parte di tutti: governi, istituzioni, cittadini.

 

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