IL MATTINO

22.06.02

 

La diplomazia della pazienza
nella vicenda dei 13 palestinesi

La voglia d’Europa ha spinto il governo cipriota a mostrare grande pazienza quando c’è stata da gestire la vicenda, molto spinosa, dei tredici palestinesi rimasti asserragliati per oltre un mese nella chiesa della Natività di Betlemme e «trasferiti» nella prima decade di maggio all’hotel «Flamingo Beach» di Larnaca. Stando ai patti, Cipro avrebbe dovuto rappresentare poco più di uno «scalo tecnico» per i tredici, classificati come terroristi da Israele e «condannati» all’esilio secondo faticosissimi accordi raggiunti tra israeliani e palestinesi con la mediazione degli Stati Uniti e del Vaticano. Ma non tutto è andato liscio tra i Paesi europei destinatari, quasi loro malgrado, degli esuli. L’Italia - che su sollecitazioni di Washington - sembrava dovere accogliere l’intero gruppo di combattenti palestinesi, ha trovato che fosse il caso di investire della questione l’Unione europea allo scopo di ottenere una equa distribuzione degli «indesiderati». Ma il principio della «spartizione» per quanto accettato con tempestività ha comportato complesse trattative ed anche il superamento di vincoli di natura giuridica. Al governo di Nicosia, che aveva creato una insuperabile cortina di sicurezza intorno agli esuli - pur evitando di trattarli da «prigionieri» - non è restato che attendere per più di una settimana che l’UE trovasse al suo interno una intesa. Decidendo poi di pagare un piccolo prezzo per dare il proprio contributo alla soluzione della crisi. Uno dei palestinesi, forse il più «indesiderabile» di tutti, è stato accolto, sia pure temporaneamente, proprio da Cipro.