"IL MATTINO"

4 maggio 1995

( N.45 )

LA MIA GENTE LA MIA CASA

Di Predrag Matvejevic’

Mentre scrivo, vengo a sapere di una bomba caduta a Zagabria, accanto alla casa dove vive il figlio di mia moglie. Ancora una bomba - un'altra - tra le tante che piovono sulla mia terra, sulla mia gente. E mi chiedo il perché di tanto terrorismo contro i civili. E' uno degli aspetti spaventosi di una guerra spaventosa, che adesso rischia di diventare totale. Nelle guerre precedenti, la maggior parte delle vittime trovata la morte sul campo di battaglia. Anche durante l'ultima guerra mondiale, quando molte città' vennero crudelmente bombardate, accadeva cosi'. Adesso in questa guerra, tutto sembra essersi ribaltato. In Bosnia e Croazia i civili sono diventati i bersagli principali, il numero di vittime tra essi è dieci volte più' elevato di quanto lo sia quello dei ranghi dei militari. E il terrorismo, il banditismo seguito dalla mafia del racket stanno diventando caratteristiche dominanti in Europa, e non solo nella guerra e nell'ex Jugoslavia. A proposito di questo conflitto, spesso si sente usare un linguaggio ambivalente da parte di numerosi osservatori stranieri e jugoslavi. Accade di frequente che vengano disinvoltamente confusi aggressori ad aggrediti, assedianti ed assediati, carnefici e vittime. Ed esattamente allo stesso modo assimilato sanzioni ed intervento, negoziato e dialogo. Si confondono delitto e castigo. Quello che adesso sta accadendo a Zagabria e Karjina, e suscita l'ipocrita stupore dell'Europa, si poteva prevedere. Abbiamo già' visto Vukovar, Dubrovnik e Sarajevo bombardate dall'autoproclamata repubblica serba. D'altra parte Mostar, la città ' dove sono nato, di cui una sponda assomiglia all'Hiroshima d'Europa, è stata ugualmente bombardata dai croati dell'autoproclamata Erze-Bosnia. Dunque, questa continuazione del conflitto era prevedibile. Voglio comunque sottolineare alcune altre ambiguità' del linguaggio già' menzionato. Per quanto riguarda la Croazia, c'è da una parte il diritto di riprendere le zone occupate dai serbi e dalla cosiddetta armata jugoslava; d'altra parte si tratta di un'impresa avventurosa opposta all’esigenza internazionali nei confronti di questa guerra. Per quanto riguarda i serbi di Krajina da un lato pretendono di difendersi, dall'altro stanno compiendo una brutale aggressione terrorista.

Ci sono ambiguità' anche per quanto riguarda i bosniaci, le maggior vittime di questa guerra. Per loro non accettare la tregua vuol dire anche non riconoscere aggressione che ha amputato il 70% del loro territorio. Questa non accettazione non va identificata con la posizione aggressiva di Karadzic. Tanti commentatori si chiedono se c'è rapporto tra l'aggressione da parte della Russia di Yeltsin contro la Cecina e quella della Serbia di Milosevic contro la Bosnia e la Croazia. Queste perplessità' non è informata. Gli ex staliniani si collegano nell'uno e nell'altro caso con i neo-nazionalisti ed i neo-nazisti. Entrambi approfittano nell'inerzia e dell'immobilismo colpevoli tanto dell'Europa che delle Istituzioni Mondiali. Quali scenari futuri ci presentano? Tutti mi sembrano più' o meno pessimistici. Nel primo la Bosnia e Karjina ci appaiono come il Libano, e Sarajevo come una nuova Beirut. Il secondo scenario è ancora più' nero. Possiamo descriverlo come una metafora: quella di una macchia d'olio, diciamo meglio di sangue - che si allarga. Dopo la Croazia e la Bosnia, questa macchia può' spostarsi verso il Kossovo, dove tutto è già' pronto, può' estendersi verso la Macedonia, l'Albania, la Grecia. E' noto quanto siano fragili i rapporti tra Grecia e Turchia: e qui siamo già' nella zona che lambisce l'Unione Europea e la Nato. Se la macchia sale verso il nord, raggiungiamo facilmente la Moldavia piena di problemi, e poi l'Ucraina dove già' esistono armi atomiche tanto terrificanti quanto mal controllate. Nessuno credeva che potesse scoppiare una guerra di tale violenza nell'ex Jugoslavia, a due passi dall'Italia. Dopo che questo è accaduto tutto diventa possibile. Compreso il pericolo che quella macchia d'olio - o di sangue- si allarghi, raggiungendo l'Europa con le sue diplomazie impotenti e le sue responsabilità' gravissime, e coinvolgendola nel disastro al quale non ha saputo opporsi.