“IL MATTINO”

 

15 novembre 2002

 

«Un segno di clemenza per i detenuti»

La giornata del 14 novembre 2002 resta memorabile non soltanto perché, per la prima volta nella storia d'Italia, un Papa ha parlato ai deputati e senatori italiani e alle più alte cariche dello Stato tra cui il Presidente della Repubblica dall'alto scranno del Palazzo di Montecitorio. Ma, soprattutto, perché Giovanni Paolo II, nel quadro della ritrovata concordia tra Stato e Chiesa rispetto alle tensioni del passato, ha saputo trovare l'approccio giusto per stimolare le forze politiche a superare le differenze, che possono essere ricchezza di idee, per conseguire il bene comune e contribuire ad affermare nel mondo la pace.La Santa Sede e l'Italia. Per sgomberare il campo da antiche fratture e spingere in avanti il discorso, Giovanni Paolo II ha ricordato che «l'annuncio evangelico, qui giunto fin dai tempi apostolici, ha suscitato una civiltà ricca di valori universali ed una fioritura di mirabili opere d'arte, nelle quali i misteri della fede hanno trovato espressioni in immagini di bellezza in comparabile». Un patrimonio comune dunque. Certo non sono mancate «vicissitudini e contraddizioni della storia» nei rapporti tra lo Stato pontificio ed il resto d'Italia, prima e dopo la sua unità nazionale. Ma bisogna ripartire dal «rispetto dell'uomo, della sua dignità e dai suoi inalienabili diritti», come denominatore comune, per costruire il domani. Solidarietà e coesione interna. «È decisiva, per una politica che sia al servizio dei cittadini, la presenza nell'animo di ciascuno di una viva sensibilità per il bene comune». Perché, aggiunge Wojtyla, «le sfide che stanno davanti ad uno Stato democratico esigono da tutti, indipendentemente dall'opzione politica di ciascuno, una cooperazione solidale e generosa all'edificazione del bene comune della Nazione». Una collaborazione che, in quanto ancorata a «valori etici iscritti nella natura stessa dell'essere umano», può evitare «il rischio dell'alleanza tra democrazia e relativismo etico» e lo scivolamento «in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia». Clemenza per i carcerati. Intervenendo sulla dibattuta «situazione delle carceri, nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento», il Papa ha sollecitato «un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena» in quanto sarebbe «una chiara manifestazione di sensibilità per l'impegno di un personale recupero e di un positivo reinserimento nella società».
Famiglia, scuola, accoglienza. «La crisi delle nascite, il declino demografico e l'invecchiamento della popolazione sono una grave minaccia che pesa sul futuro di questo Paese». Ma per «invertire una netta tendenza» vanno utilizzati «gli spazi per un'iniziativa politica che, mantenendo fermo il riconoscimento dei diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, secondo il dettato della Costituzione della Repubblica italiana (art. 29), renda socialmente ed economicamente meno onerose la generazione e l'educazione dei figli». Si impone, perciò, una politica organica per la famiglia che comprenda «lo sviluppo della scuola in un sano clima di libertà, e non lesina gli sforzi per migliorarne la qualità, in stretta connessione con le famiglie e con tutte le componenti sociali, come avviene nella maggior parte dei Paesi europei». E, contestualmente, ha esortato le pubbliche istituzioni a farsi carico della «grave crisi dell'occupazione, soprattutto giovanile, delle miserie ed emarginazioni, antiche e nuove, in cui sono coinvolte le famiglie italiane e quelle immigrate in questo Paese». Europa e pace nel mondo. Nel compiacersi per la costruzione dell'Unione europea e per la sua apertura ad altri Paesi del centro-est del continente, il Papa ha auspicato che «alle nuove fondamenta della casa comune non manchi il cemento di quella straordinaria eredità religiosa, culturale e civile che ha reso grande l'Europa nei secoli». Ha chiesto in sostanza che la nuova Costituzione europea rifletta questa esigenza. Volgendo lo sguardo al mondo, ha manifestato preoccupazione per il fatto che «le speranze di pace sono brutalmente contraddette dall'inasprirsi di cronici conflitti, a cominciare da quello che insanguina la Terra Santa». Ed a ciò si aggiunge «il terrorismo internazionale». Nel riaffermare che il ruolo delle religioni, in primo luogo il cristianesimo, è di favorire «la reciproca comprensione delle culture e delle civiltà», Giovanni Paolo II ha invitato «l'Italia e le altre nazioni che hanno la loro matrice storica nella fede cristiana ad aprire all'umanità nuovi cammini di pace, non ignorando la pericolosità delle minacce attuali, ma nemmeno lasciandosi imprigionare da una logica di scontro che sarebbe senza soluzioni».